Matteo Messina Denaro, spunta la pista Svizzera

Matteo Messina Denaro, spunta la pista Svizzera per il boss numero uno di Cosa nostra in Sicilia, ricercato dal 1993. Due i filoni di indagine: uno mira a capire, in base ai risultati dell’ultima operazione “Ermes”, cosa ci facessero in Svizzera i sodali di Messina Denaro (probabilmente prendevano da qualche conto o deposito i soldi per la latitanza del boss), l’altro filone, però, molto più intrigante, segue non i soldi di Messina Denaro, ma le sue orme: insomma, per alcuni investigatori, Matteo Messina Denaro sarebbe in Svizzera e non nel Belice, sua roccaforte. Attenzione, le carte dell’operazione Ermes non rivelano nulla di clamoroso, ma mettendo insieme i pezzi di questa operazione, di fonti investigative varie e di indagini precedenti la Svizzera diventa un posto dove bisognerebbe cercare meglio le tracce di Messina Denaro.

E così la Procura elvetica ha avviato “un proprio procedimento penale” nei confronti del capo mafioso trapanese, con l’ipotesi che abbia nascosto milioni di euro su conti di banche della Confederazione. La notizia, ripresa dall’agenzia di stampa svizzera Ats dalla “SonntagsZeitung”, è stata confermata dalla portavoce del Ministero pubblico della Confederazione, Walburga Bur. Il pubblico ministero della Confederazione lavora nell’ambito dell’assistenza giudiziaria con gli inquirenti antimafia di Palermo in un gruppo comune. La procura ha esaminato documenti bancari, proceduto a due perquisizioni domiciliari e compiuto un interrogatorio, ma non ha fornito ulteriori dettagli.

Gli inquirenti cercano di fare luce sui viaggi di  Domenico, Mimmo, Scimonelli, titolare di un supermercato a Partanna di Trapani e imprenditore del settore vinicolo.
Considerato uno stretto fiancheggiatore del superlatitante Matteo Messina Denaro, arrestato nell’operazione Ermes, polizia e carabinieri stanno cercando di capire che tipo di interessi avesse nel Nord Italia. Gli inquirenti ipotizzano che le continue trasferte a ridosso della Svizzera servissero come copertura per depositare o prelevare denaro.  A Scimonelli dunque farebbe capo un importante canale finanziario sul quale ci sono indagini in corso. Dei continui viaggi di Scimonellli parla anche Vito Gondola, l’anziano capomafia di Mazara del Vallo, che a proposito dell’imprenditore si lascia scappare un commento non proprio soddisfatto. «Senza che dice…domani devo partire..».

Non è la prima volta che le investigazioni sul boss 53enne toccano la Svizzera. Nel 2013 un sequestro da 38 milioni di euro ha colpito tra gli altri Filippo Greco, imprenditore edile originario di Campobello di Mazara ma da anni trasferitosi a Gallarate in provincia di Varese, risultato in contatto con Franco Luppino, braccio destro del boss. Secondo gli inquirenti, Greco aveva aperto conti cifrati nella Confederazione, tra cui uno dal nome “Barbarella”.  Luppino, incredulo, è stato sentito spiegare a Luppino come riusciva a non far capire niente agli “sbirri” a proposito dei movimenti bancari in Svizzera: “con la minchia… perché quando si va a fare versamenti … non esistono ricevute …niente… vai lì e dici Barbarella! Per esempio hai 100 mila euro…50 mila…5 mila glieli mettonella cassetta di sicurezza…e in qualsiasi momento va lì…puoi metterli o levarli…Non è che la Guardia di Finanza si presenta e vede i conti, deve passare l’autorizzazione per un giudice svizzero e poi vanno dal direttore della banca non è che possono andare direttamente da lui”.

Così il Corriere del Ticino spiega agli Svizzeri chi è Matteo Messina Denaro:

Matteo Messina Denaro, soprannominato “u siccu” (“il magro”) ma anche “Diabolik” come il suo fumetto preferito, è succeduto al padre Francesco quale “capomandamento” di Castelvetrano (Trapani). Oltre a controllare tutta la provincia di Trapani estende il suo potere anche a Palermo, tanto da essere considerato il successore di Totò Riina e Bernardo Provenzano a capo di Cosa Nostra. Le ultime sue foto conosciute risalgono ai primi anni Novanta. A Messina Denaro vengono addebitati oltre 50 omicidi. L’ultima condanna definitiva a suo carico è dell’ottobre 2013, a 27 anni e un mese di reclusione per associazione mafiosa.

Negli ultimi mesi gli inquirenti italiani hanno aumentato gli sforzi per mettere le mani su di lui e smantellare la sua rete e i flussi finanziari di cui si avvale, che gli inquirenti ritengono passino anche per la Svizzera. In diversi blitz sono stati sequestrati denaro e beni per milioni di euro. Sono stati inoltre arrestati diversi familiari e presunti complici.

Ai primi di agosto si è appreso che come già accadde per un altro padrino di peso, Bernardo Provenzano, i contatti del boss mafioso viaggiano attraverso la rete dei “pizzini”, bigliettini ripiegati tanto da diventare minuscoli, avvolti nello scotch perché nessuno ne legga il contenuto. I favoreggiatori li prendono, li nascondono sotto i sassi e li consegnavano ad altri postini in un giro tortuoso di cui non si conoscono ancora molti passaggi. Meno fortunato, però, è stato l’esito della caccia ai pizzini: in tre anni di indagine neppure un bigliettino scritto a mano dal solito fedelissimo del boss, mai identificato, è finito nelle mani degli investigatori.