Maxi confisca da 1,3 miliardi a Vito Nicastri, il re del vento

Società e partecipazioni societarie (43), 98 beni immobili (palazzine, ville, magazzini e terreni), 7 beni mobili registrati (autovetture, motocicli ed imbarcazioni), 66 disponibilità finanziarie (rapporti di conto corrente, polizze ramo vita, depositi titoli, carte di credito, carte prepagate e fondi di investimento).
Per un valore complessivo di oltre 1 miliardo e 300 milioni di euro. E’ questo il valore dei beni che la Direzione investigativa antimafia ha confiscato a Vito Nicastri, 57enne alcamese, affermato imprenditore nel settore della produzione alternativa dell’energia elettrica, segnatamente fotovoltaico ed eolico. La Dia ha eseguito un provvedimento della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Trapani presieduta da Piero Grillo .
La misura di prevenzione patrimoniale e personale scaturisce dalla proposta d’iniziativa del direttore della Dia che, attraverso articolate indagini economico-patrimoniali nei confronti dell’imprenditore alcamese, ha consentito di ricostruire il fitto reticolo patrimoniale degli ultimi trent’anni e di rilevare, altresì, l’esistenza di una consistente sperequazione tra i beni posseduti ed i redditi dichiarati.
L’attività imprenditoriale del Nicastri, che era stato ribattezzatop il “re del vento”, è quella di imprenditore specializzato nello “sviluppo” di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, che consiste nella realizzazione e nella successiva vendita, chiavi in mano, di parchi eolici/fotovoltaici, con ricavi milionari.
Le indagini si sono sviluppate anche attraverso una approfondita ricognizione dei procedimenti penali e dei numerosi eventi ritenuti rilevanti che hanno interessato il Nicastri, i quali confermano relazioni con numerosi esponenti mafiosi, con elementi legati a cosa nostra, ovvero con personaggi che a loro volta sono entrati in contatto con pregiudicati, anche della criminalità organizzata.
E’ stata rilevata, infatti, in tutte le vicende nelle quali è stato coinvolto, una “vicinanza” del Nicastri a noti esponenti mafiosi, che qualifica secondo i magistrati la condotta dello stesso, anche alla luce di numerosi pronunciamenti giurisprudenziali della Corte di cassazione, sintomatica di una contiguità consapevole e costante agli interessi della associazione mafiosa, o di una disponibilità a rendersi all’occorrenza partecipe di condotte agevolatrici della predetta organizzazione.
La valenza assunta dall’imprenditore trapanese nell’ambito di “cosa nostra”, sostengono i giudici, trova riscontro anche nell’interessamento alle vicende imprenditoriali del Nicastri dei noti boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, come rilevano i “pizzini” rinvenuti in occasione del loro arresto. Grazie alla vicinanza a esponenti di Cosa nostra, sostengono i giudici, Nicastri era riuscito a trasformarsi da semplice elettricista a imprenditore specializzato nello “sviluppo” di impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili, facendogli assumere una posizione leader nelle regioni del Meridione d’Italia nello specifico settore.
Il Nicastri, nei cui confronti sono stati riscontrati, in passato, interessi anche all’estero, è stato pure coinvolto in alcune operazioni di polizia fra cui quella denominata “Eolo”, che ha svelato il coinvolgimento di cosa nostra nel lucroso affare della realizzazione delle centrali eoliche nella provincia di Trapani.
Ha intrattenuto rapporti con soggetti della consorteria mafiosa del trapanese, molti dei quali ritenuti vicini a Matteo Messina Denaro.
Nel corso delle indagini sono state rilevate, altresì, relazioni con le consorterie criminali operanti nel messinese, nel catanese ed anche con la ‘ndrangheta calabrese, in particolare con le ‘ndrine di Platì, San Luca ed Africo del reggino, aspetti questi che caratterizzano in modo significativo il contesto in cui l’aggressione patrimoniale odierna si inserisce.
Il provvedimento di confisca, in assoluto il più consistente mai operato in Italia in applicazione della normativa antimafia come novellata dalle note leggi inserite nel “codice antimafia”, segue l’aggressione ad altri milionari patrimoni, sequestrati e confiscati a noti imprenditori nel campo della grande distribuzione, del ciclo del cemento e della sanità e, di fatto, sottrae smisurati capitali e credibilità a cosa nostra, incidendo in modo significativo anche nella gestione economica del Matteo Messina Denaro, che di quel territorio è considerato il dominus.
La confisca record dei beni a Nicastri si aggiunge agli ultimi sequestri operati dalla Dia nel territorio trapanese, che mirano costantemente all’erosione del potere economico mafioso nell’area di influenza del noto latitante Matteo Messina Denaro.
Questo provvedimento contiene anche l’applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti di Vito Nicastri , ai sensi dell’art.1 e segg. Della Legge 575/1965, la sorveglianza speciale con obbligo di dimora nel comune di residenza (Alcamo), per la durata di anni tre, sostenuta, altresì, anche dalla Procura della Repubblica di Trapani e dalla Dda di Palermo.
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