Messina, Accorinti e il pasticcio di Feluca Spa

La Giunta del sindaco Renato Accorinti, scivolata sulla “buccia di banana” Feluca? Sembrerebbe di si, vista la corposa documentazione che l’Ufficio Territoriale del lavoro ha messo insieme per la Procura della Repubblica presso il tribunale di Messina. L’istruttoria dell’organismo regionale dimostrerebbe che il passaggio diretto degli ex 16 dipendenti di Feluca Spa, alle partecipate Amam e Atm, è stato fatto in violazione di tutta una serie di disposizioni, tra queste quella che vincola gli Enti che vogliono assumere, ad indire un concorso pubblico. Si profilerebbero una serie di reati tra cui il danno erariale ma anche l’abuso d’ufficio. L’attenzione dell’Ispettorato sulla vicenda scaturisce dalla denuncia fatta da una dipendente ex Feluca transitata all’Amam a cui non sarebbe stato riconosciuto nel passaggio il livello che gli spettava. Ad occuparsi della vicenda con una serie di atti ispettivi è stato anche il consigliere comunale del Megafono Angelo Burrascano.

La delibera, che ha fatto da impalcatura alla firma dei contratti di mobilità, è la 760 del 9 ottobre 2014, approvata all’unanimità da tutto l’esecutivo di Palazzo Zanca. I vertici delle due partecipate pare non fossero così entusiasti di questo passaggio tanto che per l’Amam non ha firmato il direttore del tempo Luigi La Rosa ma solo il Presidente, Alessandro Anastasi. Il proponente dell’atto di Giunta fu l’allora assessore alle Politiche finanziarie Guido Signorino,passato poi allo Sviluppo economico, supportato dalla consulenza tecnica del direttore/segretario generale Antonio Le Donne, ma non dal parere di regolarità contabile del Ragioniere generale. In questo provvedimento si stabiliscono i criteri per la mobilità tra le partecipate, criteri che dovevano rispondere all’esigenza delle aziende controllate di acquisire professionalità mancanti in organico e questo senza ulteriori spese per il Comune che ricordiamo era ed è in una situazione di pre-dissesto. Si parla in quella delibera dei dipendenti di Feluca, ma anche di quelli di Ato3 e della cooperativa Agrinova che avrebbero potuto occuparsi della cura del verde pubblico e dei cimiteri, (passando magari a MessinAmbiente e Amam). A dicembre del 2014 però sono solo gli ex Feluca, società di gestione dei servizi informatici, a passare ad Amam e Atm. Fortuna? Ma Feluca Spa è una controllata del Comune, condizione questa fondamentale per legittimare la mobilità? No ne avrebbe i requisiti secondo gli ispettori dell’Ufficio Territoriale del lavoro che fanno riferimento all’art. 2359 cod. civ. e alla sentenza del Consiglio di Stato 594 del 2014, perché il Comune non era un socio di maggioranza e perché non aveva su Feluca “l’influenza dominante” che scaturisce dall’esistenza di vincoli contrattuali.

Feluca Spa nel 2000, nasce come società mista con il 51% detenuto dal partner privato, Intermedia Scrl, ed il 49% dal soggetto pubblico (20% Provincia 29% Comune). Il Comune quindi non ha la maggioranza e ben presto (dal 2010) non sarà più neppure “committente” con la società che comincia a produrre debiti anche per le inadempienze dell’Ente e va in liquidazione. Nel luglio 2001 la Giunta Leonardi vara il piano servizi di circa un mln di euro, spropositato forse a fronte di solo sette lavoratori assunti, che però nel giro di un anno sono saliti a 18. La Intermedia è composta da dieci ex Lsu, Editoriale 109srl, cooperativa Kimono, tutte con la stessa sede sociale. Per lo svolgimento della attività d’impresa la Feluca Spa necessitava di una struttura operativa e quindi sottoscrive un accordo con Intermedia con il quale le veniva riconosciuto un canone di circa 31 mila euro mensili. Come in un sistema di scatole cinesi Intermedia per fornire i servizi a Feluca si rivolgeva a sua volta alla Editoriale 109 srl, stipulando un contratto d’affitto di ramo d’azienda di circa 29 mila euro. I problemi per Feluca cominciano nel 2003 quando il Comune decide di portare il piano servizi da 1 milione di euro a 530 mila euro. La società vince un ricorso al Tar che alza la cifra a 750 mila euro ma il piano servizi dal 2004 al 2007 resta quello deciso dall’amministrazione Buzzanca. Nel 2004 nasce anche un contenzioso tra Intermedia ed Editoriale 109. Nel 2006 la situazione è disastrosa, con il Comune che diserta tutte le riunioni di Cda, ed un socio di maggioranza, Intermedia, sottoposto a procedura fallimentare. Il bilancio 2005 viene chiuso con una posizione debitoria di 180 mila euro destinata ad aumentare fino alla messa in liquidazione, che arriva nel 2008, mentre con poco più di 470 mila euro si copriva solo il costo del personale.

Su questa vicenda le irregolarità partirebbero già dal rapporto contrattuale tra Comune e Feluca SpA; la convenzione stipulata infatti nel 2001 ai sensi dell’articolo 30 della legge regionale n. 30 del 1997 e dell’articolo 112 del Testo unico degli Enti locali, non avrebbe potuto sussistere per un periodo superiore a 60 mesi quindi fino al 2006 e non per 20 anni come invece venne stabilito. Pertanto potrebbe configurarsi anche un danno erariale relativo alle somme spese dopo il 2006 con quattro delibere Comunali che potrebbero essere illegittime (Giunta Genovese 11 gennaio del 2007, 576mila 330 euro; Giunta Buzzanca 22 luglio 2008 – 03 dicembre 2008 – 17 settembre 2010, oltre un mln 100 mila euro). Si era fatta strada anche l’idea di costituire dalle ceneri di Feluca una NewCo, nel frattempo il Comune dava ad esterni i servizi che poteva coprire con le professionalità interne alla società e nel 2010 non viene considerato il piano di risanamento di circa 981 mila euro presentato dal liquidatore Domenico Santamaura. Si potrebbe supporre che dal 2003 Feluca Spa non interessasse più a nessuno “politicamente”, fino al 2014 quando si decide il salvataggio dei dipendenti.

Il segretario /Direttore generale Antonio Le Donne su questo passaggio ha sempre detto che non si trattava di nuove assunzioni, perché gli ex Feluca sarebbero stati inquadrati a tempo indeterminato da una società pubblica a un’altra pubblica o comunque controllata come da legge, non configurandosi nessuna commistione tra pubblico e privato, ribadendo, nel parere allegato alla delibera, che il controllo della società in capo al committente Comune è determinato dal fatto che l’Ente stesso è l’impresa dominante. Ci sono dei fatti però, come abbiamo visto, che indicano tutt’altro, il fallimento della cooperativa Intermedia cui faceva capo il 51% delle quote e la riduzione del capitale sociale sotto i limiti consentiti dalla legge (art. 2447 c.c.) e nessuna operazione del Comune per acquisirne le azioni; la messa in liquidazione della Feluca mai revocata. L’operazione non doveva comportare spese aggiuntive per l’Ente e invece dal 2015 si registra una maggiore spesa indiretta per l’Ente locale, di 450 mila euro l’anno, in rapporto al maggiore costo determinato dal personale a carico delle partecipate. Dal 2011, invece, con i dipendenti in cassa integrazione, non vi era, alcun aggravio per il bilancio comunale. Ci sono poi i forti dubbi espressi dalla Corte dei Conti nella delibera 202/2015/Prsp oltre che dai revisori dei Conti del Comune. Più di una perplessità sulla legittimità dell’operazione venne allora espressa, in modo ovviamente ufficioso, da alcuni rappresentanti sindacali, che per “mestiere” però non possono ostacolare delle assunzioni.