Messina: la nuova mappa delle cosche, i rapporti tra mafia e politica

“Un sistema che esiste da sempre.. Elezioni falsate e allora le altre? Ma dov’è il reato?” Reazioni, frammenti di conversazione che fanno pensare se non si sia definitivamente dissolta quella linea d’ombra che divide ciò che è considerato lecito da quello che non lo è, il tollerabile dall’intollerabile, senza che debba essere l’autorità giudiziaria a certificarlo. Porre la questione etica in politica non è più da tempo un imperativo categorico, anzi è diventato un esercizio retorico di cui si arricchisce qualche riflessione ma senza che necessariamente debba produrre effetti. Ad una settimana dagli arresti dell’operazione “Matassa” la vicenda si arricchisce di nuovi particolari, soprattutto dopo le indiscrezioni sugli interrogatori e, a Palazzo Zanca, sede del Comune, dopo lo stordimento iniziale, si tentano strategie di assestamento per uscire indenni dall’ennesimo colpo subito dopo “gettonopoli” e i suoi 23 indagati. Certo, si può dire tutto di questo Consiglio meno che sia statico. Vogliamo infatti parlare delle continue trasmigrazioni da una componente politica all’altra con l’ultimo grande esodo che ha svuotato il Pd e rafforzato le truppe di Fi? E’ più facile oggi fare la conta di chi è rimasto lì dove era stato eletto che di quelli che hanno cambiato gruppo. Consiglio delegittimato? Il problema se lo pongono in pochi nel Civico Consesso. In due oggi si sono dimessi, Nina Lo Presti e Luigi Sturniolo ex Cambiamo Messina dal basso poi andati nel gruppo misto ritenendo che il sindaco Renato Accorinti avesse tradito il progetto politico per il quale si erano spesi. “Non rivendichiamo nessuna superiorità etica;- Dice Nina Lo Presti- siamo davanti ad uno spaccato di degrado morale e culturale dentro un tessuto sociale che ha una propensione naturale verso atti corruttivi. E’ necessario avviare una riflessione sulla classe dirigente e sulla città. La nostra opposizione ormai non ha più senso in questo contesto. Il consiglio è delegittimato quanto tutte le altre istituzioni in questa città perché sentiamo che si è rotto quel patto di fiducia con chi ci ha eletto.  Non è un gesto simbolico ma concreto che speriamo abbia un effetto moltiplicatore sugli altri”. Non vince il voto libero in questo spaccato sociale, non prevale la politica che ha idee, che tutela i diritti ma ancora quella dei favori che resiste a tutte le rivoluzioni. E Luigi Sturniolo: “ci stanno dicendo che il voto è clientelare e forse anche mafioso, non possiamo fare finta di niente. Sono state condizionate le elezioni del 2013, non sappiamo quanto quel voto abbia inciso sugli equilibri d’Aula falsando così ogni atto. Un Consiglio delegittimato e una Giunta di fatto commissariata. Si dovrebbe dimettere anche Renato Accorinti che politicamente non rappresenta nulla, ostaggio com’è di forze che prima o poi lo porteranno a sbattere. Il Sindaco non può additare il Consiglio comunale se poi è costretto a cercare in questo Consiglio le intese per fare passare le delibere” I colleghi di consiglio non hanno condiviso la loro scelta e neppure pare siano intenzionati a seguirli. Si dicono garantisti, umanamente solidali con il collega Paolo David, ancora in carcere e sospeso dalle funzioni, ma marcando anche qualche distanza. Sono disposti a lasciare se a farlo sono in 21. Un analogo balletto lo avevano fatto con la sfiducia, annunciata e mai concretizzata, al sindaco Renato Accorinti: ogni gruppo nei mesi scorsi ha presentato la sua mozione con tanto di conferenza stampa, ma nessuno l’ha mai portata in Aula. E adesso sussurrano: perché dobbiamo lasciare? Cosa diciamo ai nostri elettori. A cosa servirebbe? In fondo c’è solo un consigliere arrestato con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata a reati di corruzione elettorale, Paolo David ex Pd, transitato nelle truppe di Fi al seguito del suo leader e da sempre punto di riferimento, Francantonio Genovese. Per Giuseppe Capurro ex consigliere Pdl, ora vicino all’Ncd, è diverso, per lui c’è l’ipotesi di concorso esterno in associazione mafiosa ma alle ultime amministrative non è stato eletto e quindi si dice fuori dai giochi di interesse. Se il sistema ha quelle dinamiche ipotizzate dalle indagini è difficile pensare che David e Capurro, con meccanismi diversi, siano dei casi isolati.

Il sistema

Le indagini della squadra mobile, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno svelato intrecci tra cosche mafiose, ambienti politici e un certo spaccato del cooperativismo. Nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Maria Teresa Arena, si parla di un sistema ben strutturato che avrebbe ostacolato il libero esercizio di voto in occasione delle consultazioni regionali dell’ottobre 2012 delle politiche di febbraio 2013 e delle amministrative di giugno 2013. In questo sistema avrebbe avuto un ruolo preciso David che si sarebbe servito in particolare della collaborazione di Giuseppe Picarella, medico chirurgo e proprietario di diverse strutture sanitarie, e di Angelo Pernicone, che controllava, attraverso il figlio o direttamente, le cooperative Angel e il Consorzio sociale siciliano, personaggio che avrebbe fatto da congiunzione con la criminalità organizzata ed in particolare con il clan di Santa Lucia sopra Contesse e con quello di Camaro San Paolo. Dall’inchiesta emergerebbe una gestione del voto come merce di scambio a fronte di denaro, derrate alimentari, disbrigo di pratiche amministrative, promesse di posti di lavoro. Metodo questo che sarebbe stato utilizzato da Paolo David per procacciare voti per sé e  per i deputati Francantonio Genovese e Franco Rinaldi che secondo le dichiarazioni del consigliere sembra comunque sapessero di Pernicone e del suo attivismo che doveva essere ricambiato. Bisognava ad esempio rispondere al bisogno di lavoro ma non in maniera definitiva, così un’assunzione meglio farla a tre mesi o a sei così il voto era assicurato per un periodo anche illimitato. Questo il senso di alcune conversazioni telefoniche ma David si difende dicendo che questa è politica e la politica deve dare risposte alla gente. Disponibile ad aiutare tutti senza avere nulla in cambio è anche la risposta di Giuseppe Capurro alle accuse. L’ex consigliere comunale sottolinea di non essersi arricchito con la politica, anzi di avere due figli disoccupati e i contatti con il boss Carmelo Ventura erano legati all’apertura del panificio e all’aiuto dato per le procedure amministrative.

La nuova mappa delle cosche

L’operazione matassa, dove sono confluite le dichiarazioni inedite di alcuni collaboratori di giustizia, ha delineato un quadro delle organizzazioni mafiose aggiornato compresa, la spartizione territoriale. Il capo della Procura Guido Lo Forte ha sottolineato come a Messina non esista una sola organizzazione piramidale ma una gestione pacifica e coordinata delle attività. In questo contesto il ruolo di mediatore è riconosciuto a Carmelo Ventura, anche lui arrestato nell’operazione, personaggio di spicco di Camaro San Paolo, che non è il capo formale ma colui che garantisce gli interessi delle famiglie mafiose, lavorando in sinergia con il gruppo di S Lucia Sopra Contesse con a capo il boss detenuto al 41 bis Gaetano Spartà e i luogotenenti di Giuseppe Gatto anche lui in regime di carcere duro e capo storico del clan di Giostra. Queste consorterie mafiose sono dedite allo spaccio di droga, alle estorsioni a danno di imprenditori edili e commerciali, controllando e acquisendo attività economiche, appalti e servizi.