Messina, quanti ostacoli per la "Birra dello Stretto"…

Ancora un ostacolo da superare, un intoppo burocratico, l’ennesimo, stavolta con le banche per il blocco di un bonifico destinato all’azienda che deve fornire le macchine che servono per dare il via alla produzione. Il Birrificio Messina nasce dalle ceneri della ex Triscele e dalla determinazione di 16 lavoratori della storica azienda che non si sono arresi al licenziamento, che non hanno voluto fare parte di quel 23% che è il tasso di disoccupazione della città di Messina e hanno deciso di utilizzare tutte le risorse a loro disposizione per fare una cooperativa e scommettere sui loro saperi e le loro competenze per mettere sul mercato la “Birra dello Stretto” “Non comprendiamo le difficoltà che ci vengono poste, il capitale sociale degli ultimi proprietari dell’azienda che ha chiuso era di 10 mila euro, il nostro ammonta a 750mila euro. Ci siamo rivolti al prefetto Stefano Trotta -dice Mimmo Sorrenti presidente della Cooperativa Birrificio Messina- e dopo le sue sollecitazioni ci è stato assicurato che entro una settimana la procedura sarà sbloccata e a quel punto speriamo, dopo i continui cambi nel nostro crono programma, si possa partire. Arrivate le macchine, contiamo di essere in produzione a fine maggio anche perché sono già pronte tutte le altre attrezzature complementari all’attività; procederemo all’inizio a piccoli passi ma il nostro obiettivo è di arrivare a 100 mila ettolitri l’anno”. In provincia di Messina sono sorti negli ultimi anni alcuni piccoli birrifici, e poi si è fatta strada la tendenza al consumo di birre artigianali, ma di fronte a questa concorrenza la nuova azienda vuole puntare sulla qualità. “C’è molta improvvisazione- dice Sorrenti- la birra artigianale non è altro che una birra non fermentata, non filtrata, noi vogliamo puntare su una birra a bassa fermentazione usando materie prime di qualità e un procedimento che ne valorizzi le caratteristiche e gli aromi naturali”. Il mercato locale, ma non solo, sembra avere grandi aspettative per questa nuova realtà imprenditoriale. “Abbiamo già molti ordinativi da bar e ristoranti messinesi ma anche richieste da altre parti d’Italia e del mondo. Siamo pronti a concludere un contratto con un’azienda albanese per 50 mila bottiglie al mese,- dice Sorrenti- e un accordo è stato chiuso anche con la Romania ma per firmare voglio aspettare l’arrivo delle macchine. Ci sono delle trattative anche con aziende in Austria e Australia ma prima di prendere ulteriori impegni vogliamo essere sicuri di essere in grado di fare fronte a tutte le richieste rispettando i tempi di consegna e mantenendo una qualità alta”. Per quest’anno le previsioni sono di una produzione di circa 30 mila ettolitri, se le macchine fossero entrate in funzione a gennaio si poteva raggiungere i 50 mila entro il 31 dicembre. “Vogliamo procedere in modo graduale anche se le prospettive sono buone- dice ancora Sorrenti,- eravamo partiti da un investimento di un milione 200mila euro e adesso siamo a tre milioni 200 mila euro”. Avviare una nuova attività imprenditoriale non è stata una passeggiata, e lo sapevano bene Mimmo Sorrenti ed i suoi 15 soci quando nel 2014, dopo l’assegnazione dei due capannoni nell’area di Larderia, hanno cominciato a sognare che potevano, per lavoro e per passione, continuare a fare birra. Si sono persi mesi preziosi per avere dall’Agenzia del territorio il certificato di stima dei due capannoni di Larderia che la regione Sicilia ha dato in concessione. E’ iniziata quindi la ristrutturazione dei due stabili, che versavano in condizioni di estremo degrado, ma, come ricorda Sorrenti, la difficoltà maggiore è stata quella di dovere liberare i tetti dall’amianto. Si è perso poi altro tempo nell’attesa che i lavoratori ricevessero il tfr che volevano investire in quest’impresa e anche la stipula del contratto con gli uffici regionali per regolamentare la concessione dei capannoni non è stato certo immediata. A sostenere il Birrificio Messina è stata fin dall’inizio la Fondazione di Comunità, la Onlus che ha aiutato i 16 soci nella redazione del piano industriale e nel coinvolgimento delle piattaforme della cooperazione nazionale ed internazionale per la costruzione del capitale da investire nella fase di start-up. Al budget iniziale previsto di un milione 200 mila euro, hanno contribuito anche i lavoratori-imprenditori con 300 mila euro, ma anche la Crias e con 100 mila euro la Fondazione di Comunità insieme ai tanti che hanno aderito ad una sottoscrizione lanciata dalla stessa Onlus. Si sono mossi i sindacati, i politici, i soggetti istituzionale o meglio nei tavoli pubblici c’erano tutti a lodare il coraggio dei 16 ex lavoratori Triscel. Il grande e unanime sostegno intorno a questa impresa, però, non è servito a Sorrenti e soci per ottenere sconti dalla burocrazia. La presenza del birrificio Messina nell’area artigianale ex Asi di Larderia rappresenta anche la speranza di una inversione di rotta in un sito della zona sud della città che doveva fare da motore per rilanciare l’economia cittadina ma divenuto in questi anni emblema di un progetto di sviluppo fallito. Dei circa 60 capannoni, che dovevano ospitare altrettante attività produttive, ne sono stati attivati una trentina che però sono andati spopolandosi e adesso sono forse una decina quelli utilizzati e alcuni solo come deposito. L’iniziativa imprenditoriale del Birrificio Messina non dovrebbe restare un eccezione, potrebbe piuttosto indicare un nuovo percorso da intraprendere.