Molestie sessuali e assoluzione di Domenico Lipari, ecco come stanno realmente le cose

Si fa un gran parlare, in queste ore, dell’assoluzione a Palermo di un uomo, Domenico Lipari, 65 anni, di Trapani, che è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale perché “scherzava”. Lipari è molto noto a Trapani perché in passato è stato dirigente della locale formazione calcistica. 

La sentenza è dello scorso 23 novembre ma le motivazioni sono state depositate martedì 2 febbraio. A quanto riportano diversi giornali, Domenico Lipari, ex direttore dell’agenzie delle entrate di Palermo, 65 anni, era stato accusato di violenza sessuale attenuata nei confronti di due colleghe che lavoravano con lui. Una delle due donne aveva raccontato che Lipari le aveva toccato il sedere, l’altra che aveva toccato un bottone della sua camicia all’altezza del seno e un’altra volta le aveva sfiorato la «zona vaginale». Il 23 novembre la seconda sezione del tribunale di Palermo – il collegio era presieduto da Bruno Fasciana; il giudice estensore, cioè quello che scrive la sentenza, era Annalisa Tesoriere – lo ha però assolto. Dopo il deposito delle motivazioni la storia è finita su diversi giornali nazionali e ora la procura di Palermo e gli avvocati delle due donne dovranno decidere se presentare appello contro la decisione di primo grado.

Nelle motivazioni si parla di un comportamento «inopportuno e prevaricatore» che testimonia «l’immaturità» dell’imputato. Secondo il tribunale, però, non è stato commesso un reato perché Lipari fece effettivamente quel che gli viene contestato ma senza trarne «appagamento sessuale» e senza «limitare la libertà sessuale delle due donne». I giudici avrebbero inoltre tenuto conto del contesto in cui si sono svolti i fatti, che era «scherzoso», e quegli atti erano di conseguenza «privi di connotato sessuale». La sentenza è stata criticata anche da diverse femministe, perché il giudice avrebbe giudicato l’accusato come fosse un minore: avrebbe sostanzialmente deciso che è il molestatore a decidere se un contesto è scherzoso, e non il molestato; e in questo caso quindi a decidere se, quando e come una donna deve sentirsi violata. Ecco uno stralcio delle motivazioni:

«Il comportamento del capufficio imputato era oggettivamente dettato da un immaturo e inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio».

«(…) non si deve però fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale».

Sono state scritte delle falsità su quotidiani e on line e a queste pubblicazioni sono seguiti anche commenti molto pesanti: ci sono stati alcuni che hanno invitato a commettere atti di stalking nei confronti dei giudici sui loro profili facebook e ciò già sta avvenendo“. Interviene così   Bruno Fasciana, giudice a Palermo e presidente del collegio che ha assolto un ex direttore dell’agenzia delle entrate del capoluogo siciliano dall’accusa di molestie dopo alcuni palpeggiamenti alle colleghe. “Sono state estratte solo alcune frasi senza inserirle in un contesto”, spiega Fasciana “Non è vero che le due signore abbiano fatto denuncia o querela. Il processo nasce nell’ambito di un’indagine a seguito di una denuncia fatta da una terza persona, sempre una donna, che lamentava di aver subito degli atti di mobbing da parte dell’imputato. Nell’indagine per mobbing si sentono tutti gli altri impiegati dell’ufficio. Queste due impiegate, nel contesto delle informazioni che stavano dando, hanno raccontato che il direttore aveva nei loro confronti comportamenti non ortodossi. L’aspetto paradossale di questa vicenda è che sono state le stesse persone offese a definire il comportamento dell’imputato come “scherzo pesante” o come “fatto non contenente una connotazione libidinosa o sessuale” e che loro stesse hanno qualificato i fatti come “scherzo di una persona immatura”. Ma non potrebbero averlo fatto perché avevano paura? chiede il conduttore “Il dirigente era in pensione, quindi non c’era alcun motivo di aver paura – spiega il giudice Fasciana – Dopodiché bisogna dire che non può considerarsi un buffetto sul sedere o toccare il bottoncino di una scollatura come fatto avente una connotazione sessuale. Pensi che la cassazione in una sentenza ha confermato l’assoluzione di un imputato che aveva penetrato con una chiave l’ano della compagna, perché ciò era avvenuto nell’ambito di una lite e quindi era ravvisabile un fine non sessuale, ma una finalità di umiliazione“. Fasciana spiega anche il criterio giuridico: “La valutazione di un fatto non è uguale a quella dell’opinione pubblica. Il giudice deve assolvere quando residua un dubbio ragionevole: vi possono essere tanti elementi a carico dell’accusa, ma se non viene risolto un dubbio ragionevole che potrebbe indicare l’innocenza dell’imputato il giudice deve assolvere. Certamente è una buona sentenza e mi sento tranquillissimo. Il mio dovere non è di corrispondere al consenso dell’opinione pubblica, ma di applicare la legge e la legge mi dice che se c’è un dubbio devo assolvere. In questo caso, poi, siamo al di là del dubbio perché le stesse persone hanno detto che non si tratta di atto sessuale“.