Montante: colpire le mafie ovunque siano e combattere la burocrazia malata

Antonello Montante
«L’approvazione della direttiva sulle confische è un passo avanti notevole, perché afferma in Europa un principio da noi consolidato e permette di colpire i criminali in quello che è il punto per loro più importante: il denaro, i profitti provenienti dalle attività illecite. Si colpiscono le mafie ma si colpiscono anche tutte le altre attività criminali, a partire dai proventi da attività di corruzione». Chiamato in causa sulla direttiva confische approvata dal parlamento europeo Antonello Montante, delegato di Confindustria alla legalità e presidente di Confindustria Sicilia, non si sottrae. Anzi. E’, con il comitato di presidenza di Confindustria Sicilia, a Catania per incontrare il sindaco Enzo Bianco e la giunta: all’ordine del giorno lo sviluppo in un’area ad alta concentrazione di imprese e di aziende ad alto contenuto tecnologico. Ma Catania è anche un’area di storica presenza criminale in cui il lavoro da fare resta parecchio.
Presidente, c’è qui il Capo dello Stato. Che tipo di città, di area, si trova di fronte secondo lei?
«Catania è una città che ha tutte le caratteristiche per candidarsi a diventare un vero e proprio laboratorio: c’è un tessuto imprenditoriale molto florido, c’è una classe dirigente di valore. Insomma ci sono tutte le condizioni perché riaffermi la sua vocazione storica di capitale operosa del Mezzogiorno».
Ma…
«Ma Catania, come del resto le grandi aree metropolitane siciliane e in generale del Sud, ha necessità di risorse, deve poter utilizzare al meglio i fondi che ci sono a disposizione. E come tutti sappiamo i fondi a disposizione sono quelli europei».
E qui le cose si mettono male.
«Si tratta di risorse che vanno spese e spese bene. La programmazione europea deve funzionare meglio, servono interventi strategici, una maggiore collaborazione con il territorio e con le associazione di impresa, scelte di lungo respiro pensando allo sviluppo di medio-lungo periodo. Va trovata una soluzione immediata per garantire il cofinanziamento come hanno fatto altri».
Spesso però tutto si ferma, la macchina burocratica cammina come un treno a vapore mentre il mondo corre a velocità della luce.
«La burocrazia è un problema serio. Io dico che è peggio della mafia».
Paragone un po’ forte.
«Forte ma fondato. Se l’apparato burocratico non dà risposte veloci affossa il sistema, rovina i territori ma rovina anche le imprese. E’ un nemico che non si riesce a sconfiggere: sembra che non vi siano strumenti adatti. E poi, diciamoci la verità, a certi livelli e in certe condizioni l’apparato burocratico è il migliore alleato delle mafie che fanno da mediatori, che lucrano sulla lentezza ponendosi come garanti di efficienza. E’ pazzesco ma l’intermediazione parassitaria delle mafie a volte sembra insormontabile. Ecco perché io dico: bisogna colpire le lentezze della burocrazia ma bisogna colpire soprattutto quella lentezza che diventa arma di ricatto».
Che fare?
«Contro la mafia ci siamo attrezzati. Noi abbiamo deciso di cacciare dalla nostra organizzazione quelle imprese che trovano conveniente fare affari con Cosa nostra, quelle aziende che stanno in mezzo al guado accettando le lusinghe dei mafiosi e che non fanno scelte definite schierandosi con la legalità. Lo Stato ha fatto e fa la sua parte: a Catania la procura guidata da Giovanni Salvi ha fatto un lavoro importantissimo sul fronte del contrasto. Sappiamo che è necessario perseverare e colpire sempre di più, come anche gli altri Paesi europei hanno capito, le mafie nei patrimoni. Ma è necessario anche fare in modo che vengano salvate quelle aziende che è possibile salvare, curare il male finché è possibile. E’ una strada che serve a tutelare l’economia sana e mi sembra che alcune proposte, come quella elaborata dalla commissione guidata dal professore Giovanni Fiandaca, vadano in questa direzione».

da www.ilsole24ore.com