Nel 2013 persi in Sicilia 67mila posti di lavoro

Prosegue l’emorragia di posti di lavoro: 2013 ancora negativo per la Sicilia con 67 mila occupati persi. Nel 2014 piccoli segnali di ripresa a livello nazionale ma il dramma lavoro non accennerà a fermarsi e la disoccupazione nell’Isola toccherà quota 22%. Ecco i dati del 40mo Report Sicilia presentato alla Fondazione Curella a Palermo – Nel 2013, considerando i freschi dati del secondo semestre, il PIL della Sicilia chiude con un calo del 3.2% e la perdita di altri 67 mila occupati. La disoccupazione sale al 20.9% (-2% rispetto al 2012), tra i giovani ormai il 50% è in cerca di lavoro.
Dal consuntivo alle previsioni per 2014: alcuni indicatori fanno sperare in una attenuazione della fase recessiva ma in Sicilia il risveglio di domanda e produzione arriverà con forte ritardo. Infatti in Italia è prevista per l’anno in corso una crescita del PIL di quasi un punto, in Sicilia invece il Prodotto Interno Lordo dovrebbe scendere di un punto e si perderanno per strada altri 25/30 mila posti di lavoro con la disoccupazione che toccherà quota addirittura quota 22%.
Questi in sintesi i dati emersi questa mattina a Palermo durante la presentazione del Report Sud n.40, l’analisi previsionale sull’economia siciliana relativa al secondo semestre 2013 e alle previsioni 2014, realizzato da Di.S.Te Consulting per Fondazione Curella, a cui hanno partecipato il presidente della Fondazione Curella Pietro Busetta, il presidente del Di.S.Te Consulting Alessandro La Monica e i professori Gaetano Armao e Vincenzo Lo Jacono.
“Subito un nuovo patto per la Sicilia che affonda oppure commissariamo la Regione – ha affermato il presidente della Fondazione Curella Pietro Busetta – . L’Italia non si salva senza la Sicilia ma è possibile che affondi tutto il Paese! Bisogna riscrivere un patto con la politica per ricominciare. Invece la sensazione è quella di chi scappa con il bottino. Ma vogliamo essere propositivi: occorre un programma con tempi obiettivi e risorse altrimenti chiediamo di essere commissariati. Non ci si rende conto che non siamo di fronte alla Corsica o alla Sardegna, la Sicilia ha una popolazione di dimensioni simili alla Croazia, la Danimarca, serve un piano di sviluppo per la Sicilia. L’unico progetto dello Stato per la Sicilia è ad oggi l’emigrazione! Parlo di Stato perché oggi non riconosco più nella Regione un interlocutore. Il Welfare di Renzi? Credo che valorizzerebbe il Sud perché tiene in considerazione chi è fuori dal mercato del lavoro, fino ad ora sono stati protetti quelli fuoriusciti dal mercato, vale a dire quelli del Nord. Il problema è che in Sicilia la maggior parte non vi è mai entrata. Ecco perché qui in Sicilia sono stati creati PIP, Forestali e precari per creare, sottobanco, un reddito di cittadinanza. Era l’unico modo per sopravvivere”.
Il professore Armao si è detto d’accordo su diversi punti e ha aggiunto: “La riduzione dei costi della politica approvata in Sicilia è l’ennesima presa in giro, il tetto massimo fissato a livello nazionale per il compenso dei consiglieri regionali è di 9 mila euro, qui hanno sforato a 11. Oltre ad essere immorale, ciò peserà sui siciliani perché la Sicilia riceverà delle sanzioni”. “Io – ha proseguito – non sono per il commissariamento. Sono per ricominciare dalle imprese e dalle infrastrutture. Lo deve fare sia lo Stato che la Regione. Invece entrambi gli attori sono fermi. La Regione ha aggravato la situazione con dei documenti finanziari che non hanno retto nell’impianto. Non si sono accorti che i tempi sono cambiati, questa è l’era del fiscal compact”.
“Esistono – ha detto il presidente del Di.S.Te Consulting Alessandro La Monica – anche in una realtà depressa come la Sicilia, casi di successo, testimonianza ne è, ad esempio, l’incremento del 12% dell’export del non oil. Allora dopo che questa terribile recessione, ha stravolto il già debole tessuto produttivo isolano, ma ha al contempo tagliato tante diseconomie e sovrapposizioni, mandando fuori mercato realtà che faticavano a tenere la strada o che vivevano di assistenza, – dice Alessandro La Monica Presidente del Diste Consulting-, individuiamo cosa è rimasto. Ci sono realtà di successo, eccellenze, che vanno attenzionate e supportate. Questa può essere la strada per il riscatto dell’economia dell’Isola, piuttosto che concentrarsi su politiche economiche, che lavorano sulla somma o sulla media delle singole realtà”.
La recessione che colpisce l’economia siciliana dal lontano 2008 non accenna quindi a finire. L’impatto continua a essere molto pesante sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle imprese, ma lo è ancora di più sul mercato del lavoro, penalizzato dal progressivo crollo dell’occupazione e da un aumento smisurato del tasso di disoccupazione.
Secondo i risultati dell’esercizio previsionale condotto dal DISTE, il prodotto interno lordo della Sicilia ha registrato nel 2013 una flessione attorno al 3,2%, mentre per l’Italia si stima un calo del 1,8%. Nel sessennio di crisi la caduta complessiva della ricchezza prodotta sfiora il 14% nell’Isola e l’8,6% a livello nazionale. Di riflesso alla forte erosione del potere d’acquisto, i consumi delle famiglie ripiegano di un ulteriore 3,7% a fronte del -2,5% nella media dell’Italia. Nei sei anni di recessione le famiglie siciliane hanno subito un taglio dei consumi di circa il 12%, e quelle italiane una flessione dell’8%. Per gli investimenti fissi i preconsuntivi del 2013 sono ancora più sfavorevoli, riportando un crollo del 6,2% cui fa riscontro in Italia un cedimento del 5,0%.
Per il mercato del lavoro l’anno ormai alle spalle presenta aspetti inquietanti. L’occupazione sprofonda letteralmente, con flessioni mai viste in passato: la Sicilia accusa una perdita di 67.000 posti di lavoro (-4,8%); sul territorio nazionale si contano circa 470 mila occupati in meno (-2,0% sul 2012). Dal 2006, in cui la Sicilia superò il fatidico record storico di un milione e mezzo di occupati, l’apparato produttivo ha eliminato circa 175.000 occupati, a fronte dei quasi 560 mila posti di lavoro depennati dal sistema di produzione italiano.
L’altra faccia ugualmente triste della medaglia, rappresentata da tasso di disoccupazione, mostra uno slancio senza pari nel decennio. Nel 2013 il numero delle persone in cerca di lavoro sul territorio regionale è di oltre 350.000 unità, 110.000 in più di due anni prima e circa 130.000 in più del 2007. Si rileva dunque un tasso di disoccupazione del 20,9%, superiore di 2,3 punti al dato del 2012 e di ben otto punti al tasso di sei anni prima (13,0%). La crisi ha avuto effetti devastanti sulla disoccupazione giovanile, che ormai dovrebbe aver superato abbondantemente il 50% delle ragazze e ragazzi che nella regione cercano lavoro. Per il 2014 c’è la speranza che le attuali forze recessive possano gradualmente attenuarsi, e cedere il campo a una fase meno travagliata dell’economia. Sembrano avallare quest’attesa i miglioramenti – ancorché modesti e discontinui – di alcuni indicatori anticipatori, e l’arresto della discesa del prodotto nel terzo trimestre 2013. Nell’Isola non sembrano però esservi ancora le condizioni per un recupero della domanda e della produzione che, secondo le previsioni del DISTE, dovrebbero ridestarsi con forte ritardo rispetto alle regioni centro settentrionali, maggiormente orientate all’esportazione.
Partendo dalle tendenze in atto, nell’anno in corso si stima per l’Italia un aumento del prodotto interno lordo (+0,8%), e per la Sicilia un calo del PIL di oltre l’1% rispetto al già bassissimo livello dell’anno passato. Nella ipotesi di moderato riassorbimento delle tensioni recessive, resta grave il problema dell’occupazione, che emerge sempre più come la questione centrale con cui dovrà confrontarsi la politica economica nei prossimi anni. In base alle stime formulate dal DISTE, nel 2014 l’occupazione continuerà a ridursi sia in Sicilia (-2,0% rispetto al 2013) che in Italia (-0,2%). L’Isola perderà in pratica altri 25/30 mila posti di lavoro e l’Italia ne cancellerà circa cinquantamila. In pari tempo, il tasso di disoccupazione salirà a livelli record dappertutto. In Sicilia è atteso schizzare in prossimità del 22,0%; nell’insieme nazionale è stimato intorno al 12,5%, il doppio del 2007.