Nino Di Matteo rifiuta il trasferimento e resta a Palermo

Nino Di Matteo, il più noto pm antimafia italiano, ha rifiutato il trasferimento alla direzione nazionale antimafia per motivi di sicurezza. Il Consiglio superiore della magistratura gli aveva proposto questa soluzione in quanto il magistrato è stato direttamente o indirettamente (si pensi alle intercettazioni ambientali di Totò Riina) ripetutamente minacciato dai boss. Ma lo stesso Csm nel giugno scorso aveva respinto la domanda di Di Matteo preferendogli altri due colleghi – Giovanni Russo e Maurizio Romanelli – come vice del presidente della Dda Franco Roberti.

Il no di Di Matteo sarebbe dunque una sorta di diniego a una promozione che aveva il sapore di una sorta di premio di consolazione: «Non sono disponibile al trasferimento d’ufficio per motivi di sicurezza», ha spiegato il sostituto procuratore di Palermo Di Matteo, oggi a Roma per sciogliere la sua riserva rispetto alla proposta formulata dal Csm nelle settimane scorse per ragioni di sicurezza. Lo ha confermato lo stesso magistrato contattato al termine dell’incontro che si è protratto per oltre un’ora nella Capitale.

«Accettare una procedura straordinaria di trasferimento – ha detto il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, obiettivo di minacce e piani di morte – connessa a ragioni di sicurezza, costituirebbe un segnale di resa personale e istituzionale che non intendo dare. La mia aspirazione professionale – ha aggiunto il magistrato palermitano- di andare alla Direzione nazionale antimafia si realizzerà solo se e quando venissi nominato a seguito di una normale procedura concorsuale».

Il pm Nino Di Matteo avrebbe, qualche settimana fa, presentato una nuova domanda per partecipare al concorso ordinario per sostituto della Direzione Nazionale Antimafia e, secondo quanto si apprende, il Csm si pronuncerà in merito all’inizio del nuovo anno.

La procedura di trasferimento d’urgenza era stata avviata a seguito della comunicazione del procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi, relativamente ai nuovi rischi di attentato. L’ultimo allarme è stato intercettato poco più di un mese fa, quando un mafioso, parlando in auto con la moglie, non sapendo delle microspie piazzate dagli investigatori, le raccomandava di non andare al circolo frequentato dal pm Nino Di Matteo. «Perché – le diceva – lo devono ammazzare». Un episodio che ha indotto il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi a scrivere al Consiglio Superiore della Magistratura che ha riaperto la pratica per il trasferimento d’ufficio per motivi di sicurezza già avviato un anno fa.