Operazione antimafia a Palermo. In carcere il Sindaco di Montelepre

C’e’ anche il sindaco di Montelepre, Giacomo Tinervia, tra i 37 arrestati all’alba di oggi nel palermitano dai Carabinieri che hanno condotto una maxi operazione antimafia scoprendo la nuova mafia della provincia.

Il primo cittadino del paese del bandito Salvatore Giuliano, secondo i magistrati avrebbe intascato una mazzetta da 7.000 euro, come poi confermato dal capomafia del paese, Giuseppe Lombardo durante una intercettazione. Lombardo, come ricostruiscono gli investigatori, avrebbe redarguito duramente Tinervia di avere intascato la tangente per i lavori della palestra del paese e gli dice: “Quanto ti sei fottuto?”, rivolgendosi a Tinervia, che chiamava “Giacomino”. Giacomo Tinervia, ex Grande Sud, alle ultime regionali siciliane e’ stato candidato con Fli.

E’ solo uno degli episodi di un’operazione che  azzera i clan mafiosi e svela i piani di Cosa nostra in una grossa fetta della provincia di Palermo.

I mandamenti di San Giuseppe Jato e Partinico avevano stretto un’alleanza in nome degli affari e del controllo del territorio. Il centro del potere del super mandamento era Camporeale. I carabinieri del Gruppo di Monreale e del Nucleo operativo di Palermo hanno eseguito una 37 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti affiliati a Cosa nostra. Le accuse sono associazione mafiosa ed estorsione.Ecco l’elenco completo degli arrestati: Antonino Sciortino, Salvatore Mulè, Giuseppe Speciale, Giuseppe Libranti, Francesco Lo Cascio, Giuseppe Lombardo, Giuseppe Marfia, Francesco Matranga, Giuseppe Micalizzi, Francesco Vassallo, Giuseppe Antonio Vassallo, Salvatore Tocco, Vincenzo Madonia, Christian Madonia, Antonio Badagliacca, Davide Buffa, Francesco Sorrentino, Salvatore Romano, Santo Porpora, Domenico Billeci, Carmelo La Ciura, Onofrio Buzzatta, Vincenzo La Corte, Ignazio Grimaudo, Giovanni Rusticano, Salvatore Lombardo classe 1922, Giuseppe Abbate, Antonino Giambrone, Angelo Cangialosi, Giacomo Tinervia, Sergio Damiani, Calogero Caruso, Valica Buzila, Giovanni Longo e Sebastiano Bussa, Salvatore Prestigiacomo, Giuseppe Lo Voi.

Dalle indagini è venuto fuori che i clan mafiosi avevano creato un organismo gerarchicamente superiore con l’obiettivo di coordinare le attività dei due mandamenti. Il ruolo chiave di supervisore sarebbe stato affidato ad Antonino Sciortino, originario di Camporeale. Ufficialmente fa l’allevatore. Si tratta di un personaggio già noto alle forze dell’ordine – e’ stato scarcerato nel 2011 dopo avere scontato una condanna a dodici anni – che non avrebbe perso tempo a rientrare nel giro con i gradi di capo. In passato il nome di Sciortino saltò fuori anche nella vicenda del pizzo imposto al titolare di una ditta del suo paese che si era aggiudicata i lavori per la ristrutturazione della scuola don Pino Puglisi di Brancaccio.

Sarebbe stato lui a raccogliere le istanze che arrivavano dal territorio. E in particolare da Giuseppe Speciale e Salvatore Mulè che, secondo gli investigatori, reggevano le sorti rispettivamente dei mandamenti di San Giuseppe Jato e Partinico. Anche i loro sono nomi ricorrenti nelle indagini della procura distrettuale antimafia di Palermo.

A Partinico e San Giuseppe Jato vigono ancora le regole dell’affiliazione con tanto di giuramento, punciuta e immagine sacra che brucia nelle mani del nuovo uomo d’onore. I boss non hanno mai smesso di controllare la gestione e i confini della terra. Una mafia rurale, dunque, ma capace anche di imporre il pizzo. In particolare, si fa riferimento alle estorsioni, captate dalle microspie, ai danni di quattro commercianti e imprenditori. Nessuno di loro ha denunciato di essere finito nella morsa del racket.

C’è poi un inquietante capitolo del lavoro dei pubblici ministeri Francesco Del Bene, Sergio Demontis e Daniele Paci e riguarda un omicidio. Uno dei 37 arrestati è stato intercettato mentre parlava di “lacci” da prendere per strangolare qualcuno.