Paolo Borsellino, i figli: "Il giorno della strage aveva la sua agenda rossa"

Paolo Borsellino fu ucciso il 19 Luglio, 24 ore prima di parlare dell’omicidio di Giovanni Falcone con la procura di Caltanissetta Il giudice stava per rivelare al procuratore Tinebra le confidenze dell’amico fraterno ucciso dalla mafia. E’ una delle notizie emerse ieri dalla deposizione al processo della figlia Lucia, che ha confermato l’esistenza dell’agenda rossa del padre mai ritrovata dopo l’attentato di via d’Amelio.

Dell’agenda, sempre durante il processo, ha parlato anche l’altro figlio di Borsellino, Manfredi, ricordando che «dopo la strage di Capaci  mio padre usava l’agenda rossa in modo compulsivo. Scriveva costantemente. E si trattava sicuramente di appunti di lavoro e dell’attività frenetica di quei giorni».

Il figlio del giudice si è detto certo che nell’agenda, scomparsa dopo la strage dalla borsa in cui il magistrato la custodiva (e forse presa da un uomo vicino ai servizi segreti, foto ), ci fossero cose importanti: «Mio padre dopo la morte di Falcone era consapevole che sarebbe toccato a lui, e di essere costantemente in pericolo. Aveva l’esigenza di lasciare tracce scritte. Non poteva metterci in pericolo rivelandoci cose».

Secondo Manfredi Borsellino, se l’agenda rossa fosse stata trovata le indagini sulla morte del padre avrebbero avuto una piega diversa, invece, «nessuno ci chiese perché attribuivamo tanta importanza all’agenda rossa, invece credo che investigativamente fosse importante fare accertamenti: quando l’allora capo della Mobile, Arnaldo La Barbera, ci ridiede la borsa (del padre, ndr) e vedemmo che l’agenda non c’era e chiedemmo conto della cosa, si irritò molto. Sembrava che gli interessasse solo sbrigarsi e che gli stessimo facendo perdere tempo. Praticamente disse a mia sorella Lucia che l’agenda non era mai esistita e che farneticava. Usò modi a dir poco discutibili».

Manfredi Borsellino ha detto anche che «dopo Capaci mio padre aveva fretta di essere sentito dai colleghi di Caltanissetta, che indagavano sull’eccidio, e non si spiegava perché non lo convocassero. Tanto che in un’occasione pubblica fece un intervento con cui tentò, secondo me, di sollecitare una convocazione».