Per i giovani siciliani la mafia è più forte dello Stato

Nutrono una forte sfiducia nella politica e ritengono che lo Stato non faccia abbastanza per combattere la mafia, fenomeno invincibile per oltre il 43% dei giovani. È l’opinione di oltre mille studenti di tutta Italia che hanno partecipato all’indagine sulla percezione mafiosa promossa per il nono anno dal centro studi Pio La Torre e che oggi sarà presentata al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da una delegazione del centro. È stato proprio il Capo dello Stato a indicare nel suo discorso di insediamento la lotta alle mafie e alla corruzione come “priorità assolute”.

Eppure, secondo il questionario del centro La Torre, oltre il 71% dei ragazzi ritiene che lo Stato non faccia abbastanza per sconfiggere le mafie e, alla domanda su chi sia più forte tra lo Stato e la mafia, il 52,69% dice la mafia, il 27,83% ritiene siano ugualmente forti, e appena il 10,46% assegna il primato allo Stato. Il 93% degli studenti interpellati considera “forte” il collegamento tra mafia e politica, e quasi il 70% del campione ritiene che la corruzione della classe politica locale sia causa della diffusione delle mafie nelle regioni centro-settentrionali.

Per quasi l’84% degli studenti le mafie si infiltrano nello Stato, e nel 41,46% dei casi ritiene addirittura che Stato e mafia coincidano. Prevale comunque la convinzione che la mafia sia un fenomeno da combattere per il 31% dei ragazzi, da evitare con attenzione (8,5%) da disprezzare (4,5%). Per quasi il 24% degli studenti, “bisogna colpire la mafia nei suoi interessi economici”, “combattere la corruzione e il clientelismo” (21,79%), “educare i giovani alla legalità” (17,79%), “potenziare il controllo del territorio” (15,16%).

Tra le figure professionali di riferimento, magistrati e forze dell’ordine superano il 45% dei gradimenti, mentre primi in classifica per gli studenti risultano gli insegnanti (nutre in loro “molta fiducia” il 34,74%, “abbastanza” il 50,86%). I giornalisti riscuotono “molta fiducia” per il 10,75%, “abbastanza” per il 44,43%; i parroci “molta fiducia” per il 12, 67%, “abbastanza” per il 36,47%.

Ultimi in classifica, invece, i sindacalisti e i politici nazionali, degni di “poca” o “nulla” fiducia per l’88,29% dei giovani e quelli locali, per i quali il sentimento di sfiducia riguarda quasi l’84% del campione. “Consola vedere che pochi (13,72%) considerano la mancanza di occupazione come la causa che spinge ad entrare nelle fila della mafia – ha detto l’economista Franco Garufi – mi pare un notevole passo in avanti rispetto ai tempi in cui il ricatto lavorativo era strumento tutt’altro che secondario della pressione mafiosa sulla società”.

“Gli studenti interpellati mostrano una grande carica etica – ha osservato il presidente del centro studi, Vito Lo Monaco – sono consapevoli che le mafie sono uno strumento di potere e accumulazione di ricchezze illecite e che vanno ripudiate. Conforta la loro fiducia nella scuola e negli insegnanti. Una buona politica dovrebbe cogliere il ripetuto allarme che la percezione dei giovani manifesta per il ruolo assunto dalle mafie”. Per il sostituto procuratore Nino Di Matteo, uno dei Pm del processo sulla trattativa Stato-mafia, “I ragazzi hanno bisogno di capire che i rappresentanti delle istituzioni credano veramente in quello che fanno e di interlocutori istituzionali che di pongano nei loro confronti con semplicità e chiarezza. Non sono pessimista per le percentuali di questo studio”.