Pesca, l’assessore Cartabellotta attacca il ministro Catania

pescaL’assessore regionale alle risorse Agricole, Dario Cartabellotta, contro il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania in difesa dei pescatori siciliani. Con questi ultimi che rischiano di ritrovarsi la beffa oltre il danno. Il motivo del contendere è la rimodulazione delle quote di pesca che secondo l’assessore, ma anche secondo i rappresentanti di categoria, penalizza soprattutto i siciliani. «Il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Mario Catania – afferma Cartabellotta – continua a mortificare i pescatori di Sicilia e stavolta lo fa con le quote tonno. Nella bozza di decreto preparata, ma non firmata prima delle elezioni, la Sicilia aveva 300 tonnellate di quota tonno con il sistema palangaro: ciò sarebbe servito a compensare la perdita di quote subite dalla Sicilia dal 2000 in poi e che ha eliminato i piccoli pescatori a vantaggio di una gestione di grandi imprese nel nome di una moderna concentrazione monopolistica. In quella firmata e comunicata oggi dal direttore della pesca, per presa visione e senza confronto democratico in conferenza stato-regioni, la Sicilia ha 265 tonnellate contro 1450 del sistema circuizione adottato in Campania.
C’è spazio pure per 40 tonnellate di pesca sportiva. Questo è lo stile e il modo con cui vengono usati i poteri dello stato con arroganza e presunzione istituzionale, anche perché è stata pure soppressa la Commissione Consultiva della pesca».

In pratica questa riduzione da 300 a 265 tonnellate comporterà nell’immediato una riduzione dell’economia dei pescatori di circa 300 mila euro. Ma in realtà, dietro questa cifra si nasconde l’ennesimo ridimensionamento del comparto siciliano operata proprio attraverso la ripartizione delle quote di pesca. «Ormai da dieci anni – sostiene Pino Gullo, presidente Legacoop Pesca regionale – assistiamo a una graduale riduzione delle possibilità per i pescatori siciliani. Se la quota assegnata dall’Iccat (l’Onu del tonno rosso) nel 2000 era di circa il 22% adesso siamo scesi al 13% e molte regole vanno a danneggiare i piccoli pescatori. Poniamo l’esempio di una piccola imbarcazione che pesca accidentalmente un tonno ed ha già superato la quota dello 0,75 tonnellate di pesca accidentale. Che deve fare? Dovrebbe approdare in uno dei pochi porti autorizzati, comunicando almeno 5 ore prima che ha pescato questo tonno. Oppure per evitare problemi lo deve ributtare a mare, con grave danno per tutto il sistema. Insomma, pescare un tonno può diventare una iattura».

Sulla pesca al tonno l’intera quota indivisa assegnata all’Italia è passata dalle 1787,91  tonnellate dell’anno 2012  a 1950,42  tonnellate del 2013. «Conseguentemente – evidenzia Gullo – la Sicilia, in quanto maggior produttore e sede della principale e più importante per fatturato e numero di pescherecci, flotta italiana e del mediterraneo, dovrebbe esserne la maggior beneficiaria. Purtroppo, ahimè, ancora una volta ne complessivamente, ne come singoli sistemi di pesca, la Sicilia ne avrà i benefici». I numeri di un dossier preparato proprio da Legacoop parlano chiaro: delle 1042 tonnellate di prelievo autorizzate dall’Iccat all’Italia nell’anno 2000, la Sicilia ne ha usufruito complessivamente per le diverse tipologie di mestieri per il 22% del totale. Ma già con il Decreto di riparto della quota assegnata dall’Iccat nel 2001, a causa del cambio dei criteri stabiliti in sede ministeriale, l’incidenza della percentuale Della sicilia scendeva al 10% del totale. Inoltre, delle 238 imbarcazioni italiane autorizzate al prelievo nell’anno 2000 e quindi detentrici e titolari di quote tonno, 50 imbarcazioni erano tonniere a circuizione (di cui10 con sede in Sicilia), e 188 imbarcazioni erano autorizzate con l’attrezzo di pesca palangaro, di cui il 90% (pari a 170 barche) siciliane. Oggi, la situazione è rimasta percentualmente invariata: nel 2013, su 12 tonniere a circuizione esistenti in Italia, solo 3 sono siciliane, così come su 30 barche a palangaro solo 27 sono le sopravvissute e autorizzate con quota della Sicilia, ma è fortemente diminuita percentualmente la quota di cattura della flotta siciliana. Ma non solo «la notevole disparità  – dice Gullo – proposta nella ripartizione dell’aumento assegnato dall’Iccat  fra le diverse tipologie di pesca (Circuizione:1.431,24 t; Palangaro:300,00 t; Tonnara Fissa:150,00 t; Pesca sportiva/ricreativa:40,00t; Quota non divisa: 29,18 t.), che non tengono assolutamente conto ne dell’incidenza occupazionale dei singoli mestieri e tipologie di pesca ne della frequentazione della risorsa tonno rispetto agli areali di pesca. In altre parole, se la piccola pesca artigianale rappresenta il 75% della pesca siciliana e il 25 % di quella italiana,  non si capisce perché e con quale criterio vengono penalizzate le due categorie di quote alle quali può attingere la prevalenza della flotta siciliana; cioè, la quota non divisa e la quota per il palangaro. Infine, risalta molto evidente agli occhi una categoria non professionale, la pesca sportiva e ricreativa, riservataria di una non trascurabile quota di tonno che, non solo testimonia le azioni e i condizionamenti negativi che sono in grado di mettere in campo le lobby quando l’amministrazione pubblica si rende permeabile, ma, per concludere, è la palese evidenza che attraverso questa categoria,  si vuole continuare ad alimentare le attività non regolamentate e, con la scusa dello sport, di attività in nero del settore ed in definitiva l’evasione o l’elusione fiscale».