Piero Grasso: "L'antimafia abbandoni la corsa ai soldi e il protagonismo"

È necessaria un’antimafia «che sappia guardare al proprio interno e abbandonare il sensazionalismo, il protagonismo, la pretesa primazia di ogni attore, la corsa al finanziamento pubblico e privato». Il presidente del Senato Pietro Grasso lo ha detto, intervenendo al 21/mo Vertice Nazionale Antimafia organizzato dalla Fondazione Antonino Caponnetto. E l’ha detto «con dolore», sottolinenando come, oltre a questo, «per superare il degrado, per liberare la politica e le amministrazioni dal malaffare, abbiamo bisogno di una classe dirigente credibile e trasparente». Sulla stessa lunghezza d’onda la presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi. «Dopo 20 anni nei quali il movimento per combattere la mafia in questo paese non ha visto in prima linea solo magistrati, legislatori, forze dell’ordine, ma anche cittadini comuni e associazioni, è giusto fare il tagliando, verificare se lo spirito dell’origine è ancora forte, è ancora vivo». «È giusto – ha aggiunto – verificare se il fine principale, cioè quello della lotta alla mafia, resta il fine principale o se magari il fine secondario di fare soldi e avere potere e finanziamenti è diventato più importante. Quindi, siccome ci sono stati casi di comportamenti opachi, noi come commissione nazionale vorremmo aiutare questo movimento a ripartire con nuove energie». Nel suo intervento, il presidente Grasso ha analizzato il quadro in cui si muove la mafia a livello globale e locale. «Credo – ha osservato – che un giudizio storico sereno ed obiettivo ci consenta di dire che la mafia ha avuto un ruolo decisivo nelle sorti del Paese e che gioca una parte primaria nella profonda crisi politica, economica, etica in cui l’Italia si dibatte in questi anni difficili». A questo proposito, Grasso ha ricordato gli scandali che hanno travolto la Capitale. «Il degrado etico e morale del sistema politico e amministrativo – ha detto – di cui inchieste, indagini e processi ci danno quotidiana testimonianza, evidenziano l’intreccio tra criminalità, politica, imprenditoria e amministrazioni pubbliche, trame sempre simili tra loro e accomunate dal disprezzo della cosa pubblica per fini privati. È all’interno di questo degrado che vicende come quelle di Mafia Capitale trovano terreno fertile. Una cappa criminale che ha attanagliato Roma, un sistema che ha speculato sul disagio e sui migranti, sugli appalti pubblici, sulle municipalizzate, che ha impoverito la Capitale e negato ai cittadini livelli di decenza dei servizi pubblici grazie a un uso sistematico di tangenti, sperpero di denaro pubblico, minacce e violenza». Per combattere questo degrado e la criminalità che ne deriva, Grasso ha quindi osservato che «serve un’antimafia unita, determinata ma anche umile, che collabori con le forze dell’ordine e la magistratura ma soprattutto che persegua il fine comune, che non è quello di essere l’associazione più visibile, o la più finanziata, o che meglio catalizza il consenso. L’obiettivo, non dimentichiamolo, è il cambiamento culturale diffuso, il rifiuto del compromesso, è fare terra bruciata intorno alle mafie per isolarle e poterle colpire meglio con gli strumenti dello stato di diritto».