Repubblica: "Montante indagato per mafia". La replica: "Subdola diffamazione"

Una nuova tempesta si abbatte sul già travagliato movimento antimafia siciliano.  La Repubblica oggi ha riportato la notizia che il Presidente degli industriali siciliani Antonello Montante, 52 anni, responsabile Legalità di Confindustria nazionale sarebbe finito sotto inchiesta per reati di mafia. Montante, sarebbe iscritto nel registro degli indagati da due Procure, quella di Catania e quella di Caltanissetta. Montante, con un ruolo anche nell’Agenzia dei beni confiscati, viene tirato in ballo da alcuni collaboratori di giustizia. Insieme con Ivan Lo Bello, è tra i fautori del Codice etico di Confindustria e della svolta anti racket di Confindustria.

Scrive Repubblica:

A Caltanissetta ci sono tre pentiti  –  “vecchi e nuovi”, si apprende da ambienti investigativi  –  che fanno il nome di Antonello Montante e lo trascinano nel gorgo. Uno è Salvatore Dario Di Francesco, mafioso di Serradifalco, lo stesso paese di Montante. Questo Di Francesco, arrestato un anno fa dalla squadra mobile, ha iniziato a raccontare di appalti pilotati nella zona  –  e in particolare al Consorzio Asi, l’Area di sviluppo industriale  –  dal 1999 al 2004. Di Francesco, che all’Asi lavorava e ogni pratica di gara passava per le sue mani, è stato definito “il collante fra esponenti di Cosa Nostra e i colletti bianchi della provincia “. Dopo la sua cattura ha cominciato a fare nomi. Salvatore Dario Di Francesco è compare del mafioso di Serradifalco Vincenzo Arnone, un figlio di famiglia (suo padre, boss di Cosa Nostra, si chiamava Paolino e, nell’autunno del 1992 dopo una retata si suicidò nel carcere Malaspina di Caltanissetta), che a sua volta è compare di nozze proprio di Antonello Montante. Legami di paese.

Antonello Montante, originario di Serradifalco (Caltanissetta), è titolare dell’omonima fabbrica di biciclette fondata negli anni ‘20 del secolo scorso. Insieme al suo predecessore Ivan Lo Bello, è stato tra gli artefici del codice etico e della svolta anti racket di Confindustria. Montante, che è anche presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta, il 20 gennaio scorso è stato infine designato – su proposta del ministero dell’Interno – componente dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati. La nomina di Montante all’Agenzia dei Beni Confiscati era stata accolta con soddisfazione dalla politica siciliana, in primo luogo da Giovanni Ardizzone, presidente dell’ARS (Assemblea Regionale Siciliana): “E’ un importante e giusto riconoscimento , nei confronti del leader degli industriali siciliani per l’impegno sul fronte della lotta all’illegalità e alla corruzione. Sono certo che nel nuovo Consiglio il presidente Montante, unico componente siciliano, rappresenterà un valore aggiunto per l’esperienza maturata in tanti anni di attività imprenditoriale sempre ad altissimi livelli”.

Così replica Montante circa l’articolo di Repubblica, firmato da Bolzoni e Viviano:

“Ho letto su un quotidiano nazionale notizie che mi riguarderebbero. Mi tornano in mente le parole profetiche pronunciate appena qualche giorno fa dal presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. L’alto magistrato, ribadendo quanto già denunciato in più occasioni solenni anche da altri alti magistrati, ha parlato di ‘attacchi contro i nuovi vertici confindustriali siciliani e nisseni, spesso aggrediti attraverso il metodo subdolo della diffamazione e del discredito mediatico, e l’accentuata campagna di delegittimazione condotta a tutto campo contro vari protagonisti dell’antimafia operativa, mirati a riprodurre una strategia della tensione che potrebbe tradursi in azioni eclatanti’.
E non è la prima volta. Non è un caso che nel 2013 il Comitato nazionale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica abbia deciso di riunirsi proprio a Caltanissetta, mettendo attorno allo stesso tavolo i vertici delle forze dell’Ordine e della magistratura, insieme con i rappresentanti di Confindustria Montante e Lo Bello. Anche in quella circostanza, il messaggio unanime fu quello di alzare il livello di guardia attorno a chi, con azioni concrete, ha segnato una inversione di rotta nella lotta alla criminalità, e i procuratori presenti espressero preoccupazioni sulla delegittimazione in atto da parte della mafia contro i vertici di Confindustria.
Detto questo, posso assicurare che il mio impegno contro il malaffare per liberare le imprese dal sopruso delle mafie continuerà con maggiore forza e determinazione di prima, in continuo contatto, così come ho sempre fatto, con forze dell’ordine, istituzioni e magistratura, cui va la mia più assoluta fiducia”.