Rifiuti, in Sicilia solo una impresa iscritta alle white list antimafia: il gruppo Catanzaro

PALERMO – E’ un settore ritenuto ad alto rischio infiltrazione della criminalità organizzata. Ci sono le norme, nazionali e regionali, che prevedono rigide misure di prevenzione. Ma in Sicilia il settore rifiuti continua a vivere nel paradosso. C’è solo un’azienda in regola con le previsioni normative in ambito di prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata e si tratta del gruppo Catanzaro costruzioni che gestisce la discarica di Siculiana in provincia di Agrigento.

 

White list antimafia: iscritto solo il Gruppo Catanzaro

Da una attenta analisi su chi abbia fin qui applicato la normativa nazionale in ambito di white list, su chi cioè abbia i requisiti per essere iscritto all’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa gestite dalle prefetture (in applicazione dell’art. 1, commi dal 52 al 57, della legge n.190/2012; D.P.C.M. 18 aprile 2013) si scopre che, a parte l’agrigentino gruppo Catanzaro che ha ottenuto l’iscrizione il 19 settembre, nessuno dei gestori delle venti discariche siciliane (sia pubbliche che private) ha ottenuto l’iscrizione a questo elenco speciale. E si tratta di una prima indicazione utile per la commissione regionale antimafia guidata da Nello Musumeci che proprio sul punto dei tentativi di infiltrazione criminale nel settore dei rifiuti ha deciso di ascoltare in commissione l’assessore regionale all’Energia Nicolò Marino. Indicazione utile soprattutto perché per essere ammessi agli elenchi delle cosiddette white list le imprese interessate vengono passate al setaccio e controllate punto per punto per verificare che le infiltrazioni non solo non siano in atto ma non siano mai avvenute. La norma prevede infatti che «L’iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l’impresa ha sede soddisfa i requisiti per l’informazione antimafia per l’esercizio della relativa attività. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell’impresa dall’elenco».

 

L’applicazione della normativa antimafia: quante imprese hanno presentato i documenti previsti?

L’iscrizione all’elenco della prefettura di Agrigento consente al Gruppo Catanzaro anche di essere in regola con la normativa regionale: la delibera regionale del 5 gennaio di quest’anno che reca il titolo “Disposizioni applicative connesse all’attuazione della normativa antimafia” prevede infatti che l’amministrazione regionale debba acquisire sempre le informative antimafia nei casi previsti dal decreto legislativo 159/2011 e che tale obbligo debba essere esteso anche alle società partecipate dalla Regione siciliana procedendo all’immediata revoca dei rapporti nel caso in cui siano acquisite informative atipiche. La domanda a questo punto è d’obbligo: quante volte la verifica antimafia è stata fatta e in quanti casi è stata acquista l’obbligatoria informativa antimafia? A questa domanda, di sicuro, dovrà rispondere l’assessore Marino in commissione antimafia.

L’estraneità del Gruppo Catanzaro alle indagini su Zummo e Civello

Ma c’è un’ulteriore questione che riguarda il Gruppo Catanzaro e che è emersa con chiarezza nell’ambito della ricerca sulle verifiche necessarie per ottenere l’iscrizione all’elenco della prefettura. Una questione che è emersa dagli archivi dell’azienda e che ci è stata dettagliatamente spiegata. Nell’ottobre del 1999 il Gruppo Catanzaro ha acquisito da un gruppo di professionisti (Alessandro La Marca, Giulio Panepinto, Vincenzo Eterno soci della Pem Consulting snc) la società Seconde iniziative srl. Un acquisto che rientrava in un piano di di sviluppo aziendale e che era finalizzato a godere dei benefici fiscali che, legittimamente, l’azienda acquisita aveva già maturato. Poco più di due anni dopo, il 26 novembre del 2001, nell’ambito di un procedimento penale antimafia nei confronti dell’imprenditore palermitano Francesco Zummo, ritenuto prestanome di Vito Ciancimino e vicino al boss Bernardo Provenzano, la società viene sequestrata: era stata creata dagli imprenditori Zummo e Francesco Civello (anche lui coinvolto in diverse indagini antimafia) e gestita da Francesco Rocca, commercialista con (allora) studio in Via Libertà 58 nella qualità di procuratore legale come da nomina avvenuta il 6 ottobre 1999. E’ Rocca a vendere alla Pem Consulting e quest’ultima a cedere poi la società alla famiglia Catanzaro che si ritrova coinvolta in una indagine antimafia senza averne alcuna responsabilità. Così come riconosce il sostituto procuratore Domenico Gozzo cui arriva l’immediata segnalazione dei rappresentanti del Gruppo Catanzaro e nel giro di otto giorni dispone il dissequestro delle quote della Seconde iniziative: la nota della Dia che accerta l’estraneità del Gruppo Catanzaro dagli affari di Zummo e Civello come rappresentato nell’istanza presentata dai legali dei Catanzaro il 6 dicembre 2001 mentre il provvedimento di dissequestro è del 20 dicembre del 2001.