Per le imprese una direttiva capestro

In Sicilia ogni anno il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti costa 850 milioni di euro, ma i comuni dell’Isola riescono a incassare con la Tarsu solo 350 milioni: è quanto si apprende da un articolo pubblicato oggi sul Sole 24 Ore che analizza la nuova direttiva sui rifiuti emanata dall’assessore regionale all’Energia, Nicolò Marino. Mancano così all’appello 500 milioni, ma rimane un “mistero” chi dovrà coprire la differenza. La direttiva, infatti, secondo quanto riportato nel quotidiano economico, nulla dice su cosa accadrà ai sindaci inadempienti, anzi a molti l’atto sembra una sorta di condono per quei primi cittadini che non hanno voglia di recuperare la tassa, soprattutto in periodi di campagna elettorale. Così il mistero, inizia a diventare un dubbio: se non saranno i comuni a pagare la quota non riscossa della Tarsu (che in media si attesta al 50%, ma che raggiunge anche picchi dell’80%), dovrà per forza essere la Regione a coprire l’ammanco per far funzionare il sistema. In sostanza le colpe di alcuni ricadranno su tutti i contribuenti siciliani.

Nel frattempo le imprese del settore vantano crediti per un miliardo di euro dagli Ato e soprattutto rischiano di non incassare nulla: un problema che a cascata si ripercuoterà sul pagamento degli stipendi degli operai e ovviamente sul servizio stesso che può bloccarsi in qualsiasi momento. E a trovarsi i cumuli di rifiuti (e gli immancabili cassonetti dati alle fiamme) saranno ancora una volta i cittadini.