Rifiuti in Sicilia, per uscire dall'emergenza Crocetta punta su nuove discariche e…le parrocchie

Dopo la pausa di Ferragosto il governo regionale ha ripreso a lavorare a pieno ritmo sul dossier più scottante dell’estate in Sicilia: l’emergenza rifiuti.  Si lavora soprattutto per aprire due discariche, a Sciacca (l’impianto di tritovagliatura e biostabilizzazione è stato già autorizzato) e ad Enna mentre Siculiana dovrebbe a breve raddoppiare la capacità di biostabilizzare i rifiuti, passando dalle attuali 140 tonnellate a circa 300. A  Siculiana (la discarica dell’Agrigentino è  gestita, lo ricordiamo, dalla Catanzaro Costruzioni) sarà inoltre realizzato un impianto fisso.

Per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, per snellire gli iter burocratici l’ultima giunta ha deliberato di affidare al Dipartimento rifiuti il potere di rilasciare le autorizzazioni ambientali. Il potere è di tipo sostitutivo, ossia il Dipartimento interverrà solo dopo che trascorsi i termini di legge l’assessorato al Territorio e Ambiente non si sia ancora pronunciato.

Poi rimane sempre sullo sfondo il grande obiettivo di portare la raccolta differenziata a livelli non tanto europei, quando decenti, rispetto allo zero virgola qualcosa. Il Presidente Rosario Crocetta è intenzionato a provare tutte le strade, e pensa anche ad un accordo con le parrocchie. «Ho incontrato l’arcivescovo di Monreale – dichiara oggi sul Giornale di Sicilia – , penso a un progetto pilota: nelle parrocchie si può fare opera di sensibilizzazione ed educazione, ma anche dove possibile raccogliere materiali da riciclare»

TERMOVALORIZZATORI. Resta sempre non risolto il dubbio sull’opportunità di costruire o meno dei termovalorizzatori. La fama è pessima, ma in realtà inquinano meno delle discariche e risolvono molti problemi. A sostenerlo è la massima autorità in materia d’igiene pubblica, la Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SIU).

““Le evidenze scientifiche non devono essere strumentalizzate”, avverte  un nota. “La Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI) – di cui fanno parte docenti universitari, tecnici, epidemiologi e operatori delle ASL – ritiene di intervenire sulla questione per evitare che i falsi miti prevalgano sulle vere realtà scientifiche e per fare un appello di responsabilità alle istituzioni nazionali e locali affinché programmazioni razionali di lungo termine evitino situazioni come quelle di questi giorni che purtroppo sono ricorrenti”:

1  Le discariche inquinano l’ambiente più degli inceneritori, con bilanci energetici molto negativi. Soltanto Roma e Atene, tra le grandi capitali europee, non dispongono di un termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti urbani;

2 La gestione del complesso ciclo dei rifiuti solidi urbani, per le grandi metropoli europee, prevede azioni integrate con raccolte differenziate, contenimento nella produzione dei rifiuti e attività educative; ma non si può prescindere dalla disponibilità di termovalorizzatori di ultima generazione che possono portare a un bilancio energetico complessivo positivo, con produzione di energia e sistemi di teleriscaldamento come accade virtuosamente da anni in città come Brescia. Lecco e Bolzano;

3 Lo studio epidemiologico MONITER, condotto dalla Regione Emilia Romagna con l’apporto di scienziati internazionali, è una delle più sofisticate ricerche al mondo sul rischio connesso alle emissioni di inceneritori; esso evidenzia chiaramente la assenza di rilevanti rischi sanitari acuti e cronici per chi vive in prossimità degli impianti;

4  Il trasporto a lunga distanza dei rifiuti (o anche all’estero, come accaduto a Napoli) ha costi maggiori e un impatto ambientale negativo legato alle emissioni dei mezzi di trasporto, fatto quasi mai considerato;

5  E’ fondamentale una strategia di lungo periodo, logicamente su base regionale o interregionale, per evitare emergenze come quella attuale o come quelle multiple viste in Campania; tali azioni devono essere accompagnate da corrette informazioni ai cittadini a cominciare dalle scuole, educazione della popolazione alla raccolta differenziata, controlli e misure repressive dove necessarie e un impegno delle istituzioni per evitare inutili strumentalizzazioni;

6  I rifiuti accumulati per strada sono uno spettacolo indecente e un segnale di degrado urbano che non vorremmo mai vedere; non sono però documentate emergenze sanitarie particolari, come epidemie o rischi infettivi, come qualcuno ha paventato in questi giorni;

7 La teoria dei rifiuti zero è illusionistica ma è un falso mito, non solo perché di fatto inattuabile ma per la dimostrazione che le raccolte differenziate oltre una certa soglia (attorno al    60%) rischiano di non essere efficaci; in tanti predicano la raccolta differenziata ma in pochi dicono che non si sa cosa fare di buona parte del compost prodotto o che la contaminazione di alcune raccolte differenziate con altri materiali (di fatto uno “sport nazionale” come documentano alcuni dati) raddoppia i costi della raccolta e costringe comunque allo smaltimento indifferenziato.

CORTE DEI CONTI. Ma il sistema dei rifiuti in Sicilia non solo è inefficace: produce un grandissimo debito. Lo rivela ancora una volta la Corte dei Conti nella sua relazione sullo stato della finanza locale.  Comuni e Ato sono sommersi dai debiti, i costi per garantire la gestione dei rifiuti sono lievitati a dismisura e non riescono a essere coperti attraverso la riscossione della tassa sui rifiuti.  Il sistema nel suo complesso ha oggi debiti per un miliardo e 789 milioni. Sono le società d’ambito ad avere la fetta più grande di esposizione nei confronti di banche e fornitori: la certificazione aggiornata al 20 aprile di quest’anno è di un miliardo e 176 milioni. La Corte dei conti sottolinea poi che le gestioni commissariali «hanno accumulato un’esposizione debitoria, al 31 marzo 2016, pari a circa 49,13 milioni (cifra che, a dati completi, potrebbe lievitare ad almeno 71 milioni). A tutti questi debiti però, c’è da dire, corrispondono importanti crediti vantati dagli Ato, un miliardo e 127 milioni quelli certificati, spesso riconducibili alle somme che i Comuni devono versare alle società.  Le amministrazioni comunali hanno usufruito, negli anni, di diverse anticipazioni da parte della Regione che ad oggi deve recuperare 544,7 milioni. Quattordici commissari liquidatori sono stati nominati un anno fa per accompagnare il passaggio dagli Ato alle Srr, previsto dalla legge. Negli Ato si sono trovati insieme commissari straordinarie commissari liquidatori, una «convivenza» che secondo la Corte «non sembra aver garantito adeguatamente la transizione» anzi ci sarebbero stati «rapporti spesso conflittuali». Questo si aggiunge a norme e regole «non sempre lineari e di facile attuazione» che hanno generato contenziosi. Per i magistrati tutte le incongruenze del sistema hanno determinato il protrarsi dell’emergenza con «una lievitazione smisurata dei costi che, se ha portato a lucrosi introiti a pochi gestori privati dei siti di discarica, ha al contempo incrementato a dismisura l’esborso pubblico e il debito connesso».