Riscossione Sicilia, parla Antonio Fiumefreddo: "Mi hanno decapitato"

Lettera aperta di Antonio Fiumefreddo ai dipendenti di Riscossione Sicilia. L’ormai ex presidente dell’Equitalia siciliana, defenestrato lunedì scorso – un mese dopo aver denunciato l’elusione fiscale di numerosi parlamentari dell’Ars -, ha scritto una missiva al personale impiegato di Riscossione Sicilia. Agli ex colleghi di lavoro Fiumefreddo dice: «Vi scrivo dopo la mia decapitazione».

«Cari colleghi di lavoro, si, colleghi di lavoro, perché, nell’anno che ho avuto l’onore di trascorrere con voi, mi sono sentito come dipendente tra altri dipendenti, solo più precario degli altri – come i fatti hanno confermato – e solo preoccupato di assicurare serenità e futuro a 700 padri e madri di famiglia. Ho conosciuto, quindi, uomini e donne di altissimo valore professionale, di grande spessore morale, ai quali debbo i risultati di quest’anno e ai quali, come siciliano, debbo la sopravvivenza di un grande presidio della democrazia, qual è Riscossione Sicilia. Facile vituperare, parlar male quando si “scende giù da cavallo”, mentre addolora quanto sia raro parlar bene di chi ci ha sostenuto, ed invece voglio apprezzare proprio e parlar bene soprattutto di ogni singolo dipendente che, in solitudine, assicura ai cittadini un servizio essenziale, spesso appunto lasciato solo di fronte alla complessità delle leggi, alle procedure non sempre adeguate, solo davanti all’arroganza del potere. Quella stessa arroganza che, con consapevolezza del rischio che correvo, ho voluto sfidare, in difesa orgogliosa di chi lavora, di chi si dispera quando non riesce a far fronte alla fine del mese ai giusti bisogni dei figli, della moglie, del marito, dei genitori anziani, pur di garantite il proprio contributo allo Stato. In questi dodici mesi mi avete insegnato tante cose, e soprattutto mi avete gratificato con il lavoro quotidiano, cosicché ho ricevuto conferma che questa nostra terra ha il privilegio di avere grandi lavoratori e la disgrazia di una classe politica inadeguata, imbrogliona, totalmente disinteressata ai suoi cittadini ed intenta soltanto a tutelare privilegi inaccettabili ed odiosi».

Con il vostro aiuto li abbiamo fatti tremare, ma soprattutto abbiamo dimostrato che siamo tutti uguali davanti alla legge; con la loro protervia mi hanno fatto fuori, reo di averli sfidati e colpevole di aver perseguito, con voi, la giustizia e l’eguaglianza. La loro violenza mi onora, la vostra amicizia mi gratifica, l’arroganza degli “onorevoli” inquilini del Palazzo mi inquieta ed al contempo mi fa comprendere quanto siano fragili e perduti se, per fare fuori chi ha fatto solo il proprio dovere, hanno scelto di mettere in campo le fiere del Colosseo, con il truculento richiamo del sangue, il capriccio del pollice verso, l’ingiunzione delle dimissioni a chi si sapeva ubbidiente. La mia persona è poca cosa, ma ciò che conta è il vostro lavoro, ciò che rimane, e che vi prego di accettare come mia eredità – naturalmente vi è dato il beneficio dell’inventario – è la certezza che si può far pagare anche il furbo, che si può bussare anche alla porta del potente, che si può agire senza guardare in faccia nessuno. A ciascuno di voi voglio far pervenire la mia personale gratitudine, per la pazienza che avete opposto alla mia irruenza, per l’intelligenza con cui avete affrontato e colto immediatamente le nuove scelte, per lo spirito di sacrificio che avete dimostrato senza risparmiarvi mai».

«Quando mi sono insediato ho avuto presente il gesto di quell’operaio di Ragusa che poco prima si era tolta la vita per la impossibilità di pagare le tasse; il gesto di quell’uomo mi è stato sostegno e monito nei tanti momenti difficili affrontati alla guida di Riscossione, ed è a lui, ai suoi figli, alla moglie, che dedico i risultati di quest’anno finito. Ricordate! I cittadini ci sono e sono con voi, ci hanno guardato con fiducia e vi guardano con speranza. Vi abbraccio e saluto tutti, portando con me, come regalo, l’amicizia di tante intelligenze, l’affetto di tanti lavoratori onesti e generosi».