Sciopero scuola, manifestazioni anche in Sicilia

Si mobilita anche in Sicilia il mondo della scuola. Scenderà in piazza oggi, venerdì  20 maggio, nel giorno dello sciopero nazionale, a partire dalle 9.30, in tutte le città dell’Isola per la protesta indetta da Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola e Snals-Confsal. A Palermo si terrà un corteo da piazza Verdi fino alla Prefettura, a Catania, invece, assemblea cittadina al Teatro Stabile, per Agrigento ed Enna sit-in davanti la Prefettura agrigentina in piazza Aldo Moro. Presidi davanti le Prefetture anche a Messina, Caltanissetta, Siracusa, Ragusa e Trapani. Il contratto da rinnovare, scaduto da oltre sette anni, la stabilità del personale scolastico, la valutazione dei docenti, il riconoscimento della professionalità Ata e le modifiche alla legge 107 sono i principali motivi che stanno alla base dello sciopero di tutto il mondo della scuola.

“Le nostre scuole oltre a soffrire delle difficoltà legate all’attuazione unilaterale della legge 107, che sta togliendo le condizioni di serenità indispensabili alla qualità del lavoro scolastico con pregiudizievoli ricadute sul versante del diritto allo studio degli studenti – spiegano i segretari regionali Flc Cgil, Grazia Maria Pistorino, Cisl Scuola, Francesca Bellia, Uil Scuola, Claudio Parasporo e Snals-Confsal, Michele Romeo -, sono ulteriormente appesantite dagli annosi e irrisolti problemi di edilizia, servizi e risorse, dovuti a una politica regionale totalmente assente e colpevole. Il personale Ata, docenti e dirigenti – concludono – contrastano ogni giorno questo nuovo modello di scuola qualitativamente impoverita ed autoritaria che è contraria al modello democratico disegnato dalla Costituzione: il 20 maggio lo diranno insieme in tutte le piazze siciliane”.

I sindacati chiedono lo sblocco delle assunzioni e la proroga dei contratti al 31 agosto. La Corte costituzionale e una successiva pronuncia del Tribunale di Roma hanno sentenziato l’illegittimità di ulteriori rinvii. Il nuovo contratto non arriva e i sindacati lamentano la mancanza di relazioni con il governo. Le organizzazioni dei lavoratori puntano poi alla completa e definitiva scomparsa del lavoro precario, attraverso il riconoscimento pieno di chi ha maturato diritti all’impiego per aver prestato servizio da supplente per almeno 36 mesi, limite imposto dalla Corte di Giustizia europea, e per aver acquisito titoli validi alla stabilizzazione. “La legge 107, cosiddetta ‘Buona Scuola’, non ha prodotto alcun miglioramento e sta contemporaneamente creando un clima ‘irrespirabile’, una legge che ha creato un precariato di serie A, uno di serie B ed uno di serie C”, afferma Domenico Pantaleo, segretario generale della Flc Cgil. Per una valorizzazione della professione docente, centrata – diversamente da quanto prevede la legge 107 – sulla valutazione del lavoro collegiale e sull’impegno individuale, alleggerito dagli attuali eccessi burocratici – attraverso l’introduzione di meccanismi oggettivi di progressione della carriera da definirsi in ambito contrattuale. “Libertà d’insegnamento e imparzialità della P.A., sono incompatibili – avvertono – con la ‘chiamata diretta’ dei docenti da parte del dirigente scolastico, dirigenti scolastici per i quali, inoltre, non è più accettabile la sperequazione con la dirigenza pubblica, ne il sovraccarico di incombenze e responsabilità cui fa riscontro un calo delle retribuzioni percepite”. “Le riforme sono efficaci se fatte con i lavoratori e non contro di essi – spiegano Alessandro Rapezzi (Flc Cgil Toscana), Giovanni Vannucci (Cisl Scuola Toscana), Patrizia Fabbroni (Uil Scuola Toscana), Fabio Mancini (Snals Toscana) – Chiediamo poi alla Regione di intervenire subito sugli organici del personale Ata, i bambini e gli studenti toscani hanno diritto ad un funzionamento normale e sicuro delle scuole”. “Bisogna tutelare congiuntamente l’insieme delle categorie”, afferma Achille Massenti, segretario Generale vicario Snals Confsal. Dal sindacato infine si sottolinea come gli investimenti nell’istruzione italiana si attestino al di sotto di un punto percentuale del Pil. “Non pensiamo a una scuola guerrigliera, siamo più vicini a Gandhi”, hanno assicurato i sindacati presentando le motivazioni della protesta, “la battaglia sarà lunga, non è questione di vincere o perdere ora, siamo sicuri che nel tempo le nostre ragioni verranno fuori”.