Sicilia, boom dei furti di alveari. Rubano le api, e non è la banda del miele…

I furti nelle campagne siciliane sono un classico. I furti di meloni gialli o di uva, sono purtroppo una costante, tuttavia hanno subito un picco negli ultimi tempi, a causa dell’aumento della criminalità nelle zone rurali, all’assenza di controlli (impossibile sorvegliare i terreni, anche se molti agricoltori si organizzano in turni notturni), e, ovviamente, alla crisi economica. La novità sta adesso nel fatto che, per la prima volta, si registra il furto di alveari. La denuncia viene dal Fai, la Federazione Apicoltori Italiani, che sottolinea come da alcune provincie siciliane, tra cui Trapani, giunge notizia di furti di alveari da qualche unità fino ad apiari completi.  L’ultima segnalazione giunge dalle campagne nei dintorni di Trapani, dove un giovane apicoltore ha subito il furto di una ventina di alveari in due riprese.  I furti sono stati regolarmente denunciati all’Arma dei Carabinieri. Qui pubblichiamo le foto degli alveari trafugati che si sospetta siano destinati alla vendita a serricoltori.

arnie-rubate-a-trapani “Il furto degli alveari oltre a provocare un grave danno economico rischia di alimentare attività illegali che mettono in pericolo l`agricoltura e la salute pubblica”. Questo l’appello lanciato dal Fai sulla problematica  che si fa sempre più evidente per gli apicoltori italiani che già stanno affrontando un periodo non dei migliori legato sia alla scarsa produzione di miele di quest’anno sia alla presenza del coleottero killer delle api, Aethina Tumida. 

Un’emergenza nazionale: api che vengono trasportate da una parte all’altra dell’Italia, migrazioni forzate a seconda delle richieste e persino del clima, che può modificare il mercato clandestino.  In mancanza di api l’impollinazione degli alberi da frutto è affidata al vento: ecco perché, come spiega un rapporto della Fao, la Food and agriculture organization, alle api è legato il destino del 71 per cento delle colture dei prodotti alimentari; inoltre, secondo stime della Coldiretti, il danno annuale in Italia provocato da mancata impollinazione (che ha effetti anche sulla carne visto che le api contribuiscono al fiorire di foraggio come erba medica e trifoglio) ha già toccato il tetto dei 250 milioni di euro.

Dopo una lunga serie di colpi, tra gli investigatori prende consistenza il sospetto che dietro il fenomeno si celi un affare tutt’altro che trascurabile: produzione, ricettazione e anche noleggio clandestino delle arnie che può fruttare 200 euro al giorno. Un business che alimenta un indotto criminale di cui fanno parte vedette, riciclatori, intermediari, basisti; non è escluso che tra loro possa aver trovato posto la ex manovalanza del contrabbando, così come è avvenuto per le bande di estorsori che hanno fato sprofondare nel terrore le campagne pugliesi, in particolare a Bitonto, dove la polizia ha avviato indagini sul pizzo degli ulivi e non si contano gli alberi secolari fatti a pezzi o ridotti in cenere. Al punto che il caso è finito al centro di diverse riunioni in prefettura ed è approdato all’esame del Viminale.

Ogni arnia può contenere da 15 a 90 mila api e ha un valore di mercato tra 250 e 300 euro. Ma bisogna tenere presente il danno del mancato raccolto perché ciascun alveare produce in media 40 chili di miele che viene venduto a circa 10 euro al chilo. La cifra quindi è destinata a lievitare. Senza contare pappa reale, propoli, cera. I controlli nelle campagne sono stati rafforzati.