Sicilia, edili in piazza. Dal 2008 persi 90 mila posti di lavoro, chiuse 6 mila imprese

Gli edili siciliani sfileranno, insieme a Cgil, Cisl e Uil e ai sindacati di categoria, il 24 giugno, a Palermo. Il corteo partirà alle 9,30 da Porta Nuova, per arrivare sino a palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione. “Dal 2008 ad oggi sono andati perduti 90.000 posti di lavoro, 6.000 imprese hanno chiuso i battenti e il 36% dei lavoratori, ovvero 31.000, risulta essere in nero”, hanno denunciato Francesco De Martino e Salvatore Pasqualetto, segretari di Feneal Uil e Uil Sicilia, Santino Barbera e Mimmo Milazzo segretari di Filca Cisl e Cisl Sicilia, Franco Tarantino, segretario di Fillea Sicilia, nel corso della conferenza stampa di stamattina. Dati alla mano, sono 400 i milioni di evasione annui, derivati dal lavoro nero, mentre mancano 300 ispettori in pianta organica e sono diminuite le risorse per la convenzione con il nucleo ispettivo dei carabinieri, fondamentali per effettuare i controlli nei cantieri.

I sindacati sottolineano la scarsa capacità competitiva del sistema delle imprese, che per la maggior parte sono costituite da pochissimi addetti: 15.924 imprese contano un solo lavoratore e solo 65 superano i 50. A peggiorare il quadro, è l’incidenza di mafia e corruzione, come dimostrano il caso Tecnis, Ricciardello e Sics che hanno messo in luce un sistema di corruttela e compromissione tale da condizionare la crescita e la ripresa del settore. “Da tempo – proseguono i dirigenti sindacali –, chiediamo che venga incentivata la white list dei lavori pubblici, prevedendo che partecipino ai bandi di gara solo le imprese iscritte. Altra misura necessaria, è l’impiego degli operai che denunciano il lavoro nero negli appalti pubblici. E non mancano i dati economici relativi al settore: disponibili 8 miliardi per l’edilizia, molti dei quali destinati a opere con progetti esecutivi, ma di cui ancora non sono partiti i cantieri. Un esempio è l’accordo di programma quadro fra Regione e Anas, ancora non firmato, che riguarda la Licodia-Eubea, la Nord- Sud, l’Adrano-Bronte, e altri programmi, fra cui la Birgi-Mazara, per un importo complessivo di 550 milioni.

“I fondi ci sono – ribadiscono le organizzazioni sindacali –, ma non vengono spesi e restano chiusi nei cassetti. Ulteriori risorse arriveranno dai Patti per Palermo, Catania, Messina e quello per la Sicilia, ma, ad oggi, su questo non c’è stato alcun confronto con le parti sociali. Ciò rischia di produrre cattedrali nel deserto, o addirittura di non far partire i lavori, dato che alcune delle opere inserite non sono cantierabili, e quindi c’è il concreto pericolo che non possano essere completate entro il 2020, come imposto dalle intese”. Il sistema infrastrutturale – lo evidenziano i sindacati -, è al collasso e allontana gli investimenti, in una Sicilia sempre più isolata e tagliata fuori dai mercati internazionali. “Il trasporto ferroviario è lo stesso dai tempi dei Borboni, e non è del tutto chiara la pianificazione per il suo riammodernamento. È in dubbio, ad esempio, il raddoppio della Palermo-Catania”, aggiungono i sindacalisti, che rilanciano l’esigenza d’investire anche sulla portualità. “Per i lavori nel settore dei porti – continuano – sono previsti 229 milioni, e per alcune di queste opere sono già note difficoltà di carattere burocratico. Non vorremmo che si ripetesse quanto accaduto con l’Interporto di Termini Imerese, che, a causa di ritardi nella realizzazione, ha subito una prima cancellazione dei fondi”.

Cgil, Cisl e Uil siciliane insieme alle sigle di categoria, nel corso della manifestazione del 24 giugno a Palermo, chiederanno al presidente della Regione, Rosario Crocetta, di essere ricevuti. “Il 7 maggio – affermano i sindacati – oltre 12.000 persone sono scese in piazza per dare una scossa all’esecutivo regionale, che deve smetterla di parlare per slogan, ma deve passare ai fatti. Il governatore non ha raccolto il grido di allarme dei lavoratori e noi continuiamo a far sentire la nostra voce, partendo da uno dei settori, quello dell’edilizia, che è fra i più danneggiati dalla crisi. Far ripartire il comparto è uno dei presupposti per rilanciare l’economia nell’isola: per ogni lavoratore diretto nell’edilizia si creano cinque posti nell’indotto. Occorre un’efficace programmazione delle opere pubbliche, anche con l’istituzione di una task force per la progettazione, l’avvio di un serio confronto con le forze sociali e che il governo regionale s’impegni a creare occasioni di lavoro vero, produttivo e duraturo, senza il quale anche solo ipotizzare lo sviluppo della Sicilia diventa impossibile”.

Investimenti che si riducono di anno in anno, mentre le imprese continuano a perdere terreno: il settore delle costruzioni va sempre peggio . È un quadro allarmante di “emergenza sociale”, quello fatto dall’Anci Sicilia su settore edile.
“Secondo dati recenti anche nel 2016 in Sicilia prosegue la contrazione degli investimenti in edilizia, che sta provocando enormi perdite per le imprese e una allarmante flessione di occupati. Per questi motivi condividiamo le preoccupazioni dei sindacati che rappresentano congiuntamente alle istituzioni l’estrema gravità dell’emergenza sociale che ha investito il settore”, hanno detto Leoluca Orlando e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente presidente e segretario dell’Anci Sicilia , che aggiungono: “Non solo condividiamo le preoccupazioni evidenziate dai sindacati, ma sottolineiamo anche che da mesi la nostra Associazione si batte contro uno “stato di calamità istituzionale” che non solo penalizza finanziariamente i comuni, ma blocca oltre misura qualunque ripresa economica. Per questi motivi, continueremo a chiedere al governo regionale rassicurazioni circa le principali problematiche che gravano sugli enti locali in un quadro che , dal punto di vista finanziario e normativo, appare caratterizzato da profonde e non più accettabili incertezze”.

“Non è più un mistero per nessun amministratore locale – conclude il presidente Orlando- che la miscela del Nuovo Codice degli Appalti, con le norme di armonizzazione contabile e di pareggio di bilancio ha già purtroppo comportato una caduta verticale delle capacità di dar corso agli investimenti nel settore delle opere pubbliche”.