Sicilia, la depurazione resta un’emergenza irrisolta

Oltre il 60 per cento dei punti analizzati lungo le coste siciliane non superano l’esame: 16 i prelievi che hanno restituito un giudizio di “fortemente inquinato” e “inquinato” rispetto ai 26 realizzati in totale. E oltre il danno c’è anche la beffa: perché non solo persistono evidenti problemi nel sistema depurativo siciliano, ma i soldi da tempo disponibili e messi a disposizione dal Fondo di Sviluppo e Coesione per adeguare rete fognaria e gli impianti di depurazione (circa un miliardo di euro) rischiano di andare perduti a causa della mancata progettazione da parte degli enti preposti. Una sfida, quella della depurazione, che la Sicilia non risulta ancora essere pronta ad affrontare nel modo giusto.
Tutto questo mentre anche l’Unione Europea ci chiede di fare presto: la nuova procedura di infrazione arrivata nei mesi scorsi coinvolge addirittura 175 agglomerati urbani siciliani, classificando la Sicilia tra le regioni peggiori e con il maggior numero di “anomalie” circa il trattamento dei reflui. Legambiente, così come già fatto lo scorso anno, chiede, dunque, alla Regione e alle amministrazioni locali di adoperarsi subito alla programmazione economica degli investimenti, sfruttando l’occasione offerta dai finanziamenti Cipe tutelando così uno dei più importanti patrimoni di questa terra: il mare e il sistema fluviale. Ma la mancata depurazione è soltanto uno dei problemi che affligge le coste siciliane. Proprio per questo Goletta Verde ha assegnato oggi la “bandiera nera” alla Regione Siciliana per la mancata redazione dei piani di utilizzo del demanio marittimo e per la mancata tutela del patrimonio naturale presente sulle nostre spiagge.

È questa la fotografia scattata dalla celebre campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio ed all’informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, realizzata anche grazie al contributo del COOU, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che in questi giorni ha fatto tappa in Sicilia. L’istantanea regionale sulle acque costiere dell’equipe tecnica della Goletta Verde è stata presentata questa mattina, in conferenza stampa a Palermo, presso il Circolo Canottieri, da Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde e Gianfranco Zanna, direttore di Legambiente Sicilia.

L’obiettivo del monitoraggio di Goletta Verde è quello di individuare i punti critici di una regione, analizzando il carico batterico che arriva in mare. Anche nel caso della Sicilia, dunque, l’attenzione è stata focalizzata soprattutto alle foci e in tratti “sospetti” segnalati dai cittadini, attraverso il servizio SOS Goletta (www.legambiente.it/sosgoletta). Legambiente, è bene ribadirlo effettua un’istantanea che non vuole sostituirsi ai monitoraggi ufficiali e non assegna patenti di balneabilità. È evidente, però, che i diversi punti critici evidenziati dai nostri monitoraggi in Sicilia – alcuni dei quali denunciati ormai da diversi anni – meritano finalmente un approfondimento da parte degli enti competenti.

Proprio alla vigilia della stagione balneare, inoltre, l’Unione Europea ha nuovamente avviato una procedura di infrazione ai danni dell’Italia per il mancato rispetto della direttiva comunitaria sul trattamento delle acque reflue urbane – dopo già due condanne a carico del nostro Paese – che coinvolge addirittura 175 agglomerati urbani siciliani, praticamente la regione italiana con il maggior numero di “anomalie” riscontrate dalla Ue. Questi agglomerati risultano non conformi all’art.4 in quanto non è stato dimostrato che tutto il carico generato riceve un adeguato trattamento secondario. Criticità già sottolineate non solo nell’ultimo rapporto dell’Istat (anno 2008) che fece meritare alla regione il primo posto in Italia per l’insufficienza depurativa, con solo il 47,3% di adeguata copertura, ma anche dalla Corte di Giustizia Europea che due anni fa chiamò in causa ben 57 comuni della regione siciliana, il 52% del totale di comuni italiani, nella condanna per inadempienza sulla Direttiva n.271 del 1991 relativa all’adeguamento del trattamento reflui urbani. Di questi sono ben 27 gli agglomerati siciliani che ricevettero la condanna più grave, in quanto manchevoli di rete fognarie.

“L’adeguamento del sistema depurativo è una di quelle opere che necessiterebbero immediatamente una task force in grado di far fronte all’incapacità progettuale degli enti locali – dichiara Serena Carpentieri, portavoce di Goletta Verde –. La Sicilia rischia di far tornare a Bruxelles quasi per intero il miliardo e 161 milioni di euro messi a disposizione dal Fondo di Sviluppo e Coesione per realizzare fogne e depuratori nella nostra isola maggiore. Finora le risorse utilizzate ammontano ad appena 65 milioni, che stanno per essere assegnate con decreti della Regione, mentre il termine per l’utilizzo, già prorogato al 30 giugno 2014, sta per scadere nuovamente. Al momento, il numero di progetti cantierabili è di appena 14 su 94, un numero che non potrà evitarci le multe per l’infrazione UE e soprattutto l’inquinamento causato dallo sversamento di acque ancora non depurate. Per evitare il peggio bisogna subito mettere mano al risanamento di questa situazione, per cui chiediamo a gran voce che i fondi vengano immediatamente utilizzati e si trasformino in interventi concreti per contrastare questo triste primato sulla depurazione”.

“Alla Regione consegniamo oggi anche il poco ambito vessillo che Legambiente assegna a chi si è particolarmente distinto per azioni contro il mare e le coste italiane per ricordare ai nostri governanti che occorre fare presto e bene per difendere l’immenso patrimonio di questa terra che rischia di soccombere sotto il peso della maladepurazione e degli attacchi di speculatori senza scrupoli – spiega Gianfranco Zanna, direttore di Legambiente Sicilia – Una mancata tutela che parte soprattutto dall’assenza Piani di utilizzo del demanio marittimo, ma anche a causa dell’abusivismo edilizio, dalla mancata emanazione dell’ordinanza di regolamentazione dell’uso delle spiagge, dell’assenza di tutela delle emergenze naturalistiche, o ancora per l’assenza di standard di qualità ambientale per i servizi alla balneazione. I problemi da affrontare sono molteplici e imprescindibili se si vuole non solo difendere quanto di più prezioso abbiamo su quest’isola, ma anche per rilanciare la stessa economia turistica. Per questo chiediamo alla Regione Sicilia e all’assessore regionale al territorio e ambiente una urgente regolamentazione delle attività balneari con un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale, alla qualità dei servizi ed alla tutela delle emergenze naturalistiche”.

I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente nei giorni 5,6,8 e 9 luglio scorsi. I parametri indagati sono microbiologici (enterococchi intestinali, Escherichia coli) e vengono considerati come“inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.

Questa la situazione nel dettaglio per le province siciliane. In provincia di Palermo i tecnici di Goletta Verde hanno analizzato sette punti, cinque dei quali hanno consegnato un giudizio di “fortemente inquinato”. Si tratta delle acque prelevate a Bagheria (alla spiaggia Sarello, nei pressi dello sbocco scarico alla frazione di Aspra e alla foce del fiume Eleuterio nella frazione Aspra/Ficarazzi); a Carini (nei due monitoraggi allo sbocco scarico di fronte corso Mattarella in località Villagrazia sul lungomare Cristoforo Colombo e alla foce del torrente Ciachea in località Isola delle Femmine) e a Terrasini (allo sbocco scarico presso diga foranea del porto). Nella norma le analisi effettuate a Palermo (alla spiaggia Vergine Maria in località Tonnara Bordonaro) e a Termini Imerese (spiaggia nei pressi del vecchio oleificio al porto). In provincia di Messina sono stati quattro i punti monitorati, tutti risultati con una carica batterica contenuta entro i limiti di legge: a Messina città (spiaggia nei pressi del tubo di scarico in località San Saba); a Milazzo (spiaggia tra stabilimento Baia Tono e ass. Antica); a Barcellona Pozzo di Gotto /Milazzo (spiaggia fronte fiume Mela in località Bastione); a Capo d’Orlando (Lungomare Andrea Doria, altezza civico 128, in località Contrada Ligabue).

Tre i punti analizzati in provincia di Catania, di cui due giudicati “fortemente inquinati”: a Calatabiano (alla foce del fiume Alcantara, in località San Marco) e ad Aci Castello (Lungomare Galatea, nei pressi dello sbocco scarico fognario ad Aci Trezza). Nella norma le acque campionate a Catania, alla spiaggia libera in località Lidi Playa. Dei due punti analizzati a Siracusa uno è risultato “fortemente inquinato” (quello effettuato a Siracusa alla foce del canale Grimaldi in località Porto Grande – zona Pantanelli) e l’altro “inquinato” (a Priolo, alla spiaggia nei pressi della foce Mostringiano, nella zona industriale).

Due i prelievi effettuati anche nel ragusano, di cui uno “fortemente inquinato”: quello alla foce del fiume Fiumara di Modica, in località Arizza, nel comune di Scicli. Entro i limiti il prelievo effettuato, invece, a alla spiaggia di piazza Mediterraneo di Marina di Modica. Fortemente inquinati i due punti analizzati nell’agrigentino: a Licata (nei pressi dello sbocco del depuratore alla foce del fiume Salso) e a Sciacca (alla foce del torrente Canzalamone in località Stazzone). Per quest’ultimo punto c’è da specificare, inoltre, che l’impianto di depurazione è stato consegnato un anno fa alla gestione di Girgenti Acque ma evidentemente sussistono ancora dei problemi con la depurazione delle acque reflue.

Un solo punto analizzato in provincia di Caltanissetta, precisamente a Gela (alla foce del Gattano in località Macchitella) risultato “fortemente inquinato”. Infine, cinque i prelievi effettuati nel trapanese tre dei quali oltre i limiti e di questi uno fortemente inquinato. La situazione più critica è quella riscontrata a Castelvetrano (nei pressi dello sbocco del depuratore alla frazione Marinella di Selinunte). Nello stesso comune è risultato invece “inquinato” il prelievo alla foce del fiume Modione a Selinunte. “Inquinate” anche le acque prelevate a Valderice, alla spiaggia di fronte alla traccia del corso d’acqua in secca, in località Rio Forgia. Nella norma, invece, i prelievi effettuati a Trapani (spiaggia vicino pennello di fronte al civico 50 al lungomare Dante Alighieri) e a Mazara del Vallo (al lungomare San Vito/Lungomare di Levante).

Tra i fattori inquinanti, troppo spesso sottovalutati, c’è anche il corretto smaltimento degli olii esausti. Proprio per questo anche quest’anno il Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati, che da 30 anni si occupa della raccolta e del riciclo dell’olio lubrificante usato su tutto il territorio nazionale, è main partner della storica campagna estiva di Legambiente. “La difesa dell’ambiente, e del mare in particolare, rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione”, spiega Antonio Mastrostefano, direttore della Comunicazione del COOU. L’olio usato si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli di ciascun cittadino. “Se eliminato in modo scorretto questo rifiuto pericoloso può danneggiare l’ambiente in modo gravissimo: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in mare inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche”. A contatto con l’acqua, l’olio lubrificante usato crea una patina sottile che impedisce alla flora e alla fauna sottostante di respirare. Lo scorso anno in Sicilia il COOU ha raccolto 7.753 tonnellate di olio usato – un dato in aumento rispetto alle 7.227 recuperate l’anno precedente – evitandone così lo sversamento nell’ambiente