Sicilia, la pesca va a picco

Numeri sempre più preoccupanti dal nuovo rapporto sulla pesca in Sicilia. Nel 2003 gli occupati erano circa 18mila di cui 10.535 impegnati a mare; alla fine del 2013 si sono ridotti, complessivamente, a 7.500 lavoratori. Cifre, dati e tabelle sono contenuti nel Rapporto annuale sulla pesca e sull’acquacoltura relativo al 2013. Le uniche speranze di rilancio del comparto sono legate al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp) 2014-2020, con la sua dotazione di 6,5 miliardi euro da suddividere in quote per ogni Stato membro.

Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto produttivo della pesca di Mazara del Vallo dichiara: «La Regione è stata acefala rispetto alla pesca. Cambiare dirigenti ogni sei mesi quando ci sono funzionari che da 25 anni stanno in un dipartimento non serve al settore. La Regione ci ha strozzato. Siamo alla disperazione. Quest’anno mi sono rifiutato – aggiunge – di trarre le conclusioni del Rapporto perché non c’è niente di nuovo. I dati fotografano una situazione che evidenziamo dal 2011 e cioè un inesorabile declino. Abbiamo inventato la Blue economy, ma la Regione non è stata in grado di avvalersi di metodologie di analsi per arginare la crisi del sistema».
Una speranza – dicono gli operatori – viene dalla nomina di Dario Cartabellotta a dirigente generale del Dipartimento della Pesca.
Alla stesura della quinta edizione del “Rapporto Annuale” hanno collaborato ricercatori, giuristi ed economisti, tutti componenti dell’Osservatorio. Nella sua versione ufficiale e completa si ha una “fotografia” molto utile circa la conoscenza degli aspetti tecnico–biologici, ambientali e socio-economici della filiera della pesca mediterranea. Nel Rapporto 2013 vengono altresì proposte iniziative per la salvaguardia delle risorse ittiche, per l’ammodernamento e la ristrutturazione del settore; il nuovo Rapporto fissa la nuova strategia comune per la pesca nel Mediterraneo, basata sui principi della “Blue Economy” e cioè sulla responsabilità individuale e multilaterale per la salvaguardia delle risorse ittiche attraverso una pesca razionale ed eco-sostenibile.
“Il Rapporto 2013 sulla pesca e sull’acquacoltura in Sicilia è uno strumento che arriva al momento giusto per avviare la programmazione delle politiche della pesca in Sicilia. Dobbiamo cambiare prospettiva rispetto agli anni passati, bisogna riacquisire la cultura del mare e la pesca siciliana fa parte di questa cultura. Il Governo regionale ha riorganizzato il Dipartimento della Pesca. In questa nuova prospettiva ribadiamo l’importanza del Distretto della Pesca e dell’Osservatorio del Mediterraneo della Pesca, soltanto tutti insieme possiamo dare una svolta che i pescatori siciliani si aspettano da anni”. Questo è quanto dichiarato dall’avv. Ezechia Paolo Reale, Assessore regionale all’Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca.
Alcuni dati interessanti dal rapporto. In Sicilia sono cinque le aziende che allevano pesci marini in gabbie galleggianti e nel 2013 hanno prodotto circa 1.800 e 2.000 tonnellate di spigole e orate e rappresentano il 10 per cento della produzione nazionale. Di queste cinque aziende, una gestisce un impianto in vasche cemento a terra e un’avannotteria, un’altra un’avannotteria e due impianti di ingrasso di pesci in gabbie galleggianti. Le due strutture hanno incrementato la loro produzione, fino a circa 35 milioni di capi allevati nel 2013/2014, e rappresentano il 35 per cento della produzione nazionale di avannotti di spigole e orate.