Sicilia, l'Ance denuncia: "A ottobre si fermerà la giustizia amministrativa"

“Ben vengano riforme e spending review se semplificano la vita ai cittadini e riducono la spesa pubblica. Ma la soppressione della sezione di Catania del Tar non solo non farà risparmiare nulla, ma si tradurrà in un danno di decine di milioni di euro per l’erario, i cittadini e le imprese. Per questa ragione l’Ance Sicilia citerà per danni lo Stato e inviterà tutte le altre associazioni imprenditoriali a fare altrettanto”.

Lo dichiara Salvo Ferlito, presidente di Ance Sicilia, che spiega: “Il decreto legge 90 sulla ‘semplificazione e la trasparenza amministrativa e l’efficienza degli uffici giudiziari’, che in violazione dell’articolo 125 della Costituzione stabilisce la chiusura delle sezioni staccate dei Tar, prevede che il personale venga trasferito nel Capoluogo regionale. Ma la sede di Palermo, che è più piccola per dimensioni e organico, non può accogliere altri 20 magistrati e gli amministrativi di Catania, che per dimensioni è il terzo ufficio giudiziario amministrativo d’Italia, dopo le sedi di Roma e Napoli. Sarà dunque necessario cercare un altro locale più ampio, con aggravio di costi per lo Stato, cioè noi. Nel frattempo, trasferendo a Palermo le cause in corso, si rischia la paralisi della giustizia amministrativa in Sicilia, che vedeva pendenti al 31 dicembre scorso 54.445 ricorsi al Tar di Catania e 11.809 a quello di Palermo, per un totale di 66.254, che frattanto saranno arrivati a circa 70mila in questi mesi. Una situazione di arretrato unica in Italia, seconda solo al Tar di Roma con 84.451 ricorsi pendenti”.
“Ma il danno – aggiunge Ferlito – si verificherà in tutta Italia dove, a fronte di 104.409 ricorsi definiti, se ne registrano 298.221 ancora pendenti”.
“Quanto ai presunti risparmi – osserva ancora il presidente di Ance Sicilia – il trasloco, l’affitto di una sede più grande a Palermo, l’acquisto di arredi e attrezzature, i costi di trasferta che le pubbliche amministrazioni dovranno sostenere per consentire ai loro legali di partecipare ai giudizi nel Capoluogo regionale, il tardato incasso di spese e tributi per via del diluirsi negli anni dei giudizi di merito, l’aumento nel tempo degli interessi sugli indennizzi che le pubbliche amministrazioni dovranno pagare in caso di soccombenza: sono tutti fattori che vanificano il beneficio della chiusura della sede di Catania e anzi aumentano i costi pubblici. Per non parlare dei danni per cittadini e imprese, che dovranno sobbarcarsi l’onere di pesanti trasferimenti e vedranno negarsi il loro diritto a difendersi in tempi ragionevoli di fronte a procedure amministrative ritenute irregolari o compromesse che invece potranno andare avanti indisturbate”.
L’Ance Sicilia comunque fa appello al governo regionale e ai parlamentari nazionali e regionali perché si impegnino a contrastare in ogni modo la soppressione della sede di Catania del Tar, a esercitare pressioni sul Capo dello Stato e sul governo nazionale per sostenere il suo mantenimento, e ad opporsi alla norma in sede di conversione parlamentare del decreto legge.