Sicilia, province: in Italia riforma attuata, nell’isola un fallimento annunciato

di Giacomo di Girolamo
Se fossimo in Italia,  questa dovrebbe essere l’ultima settimana di Antonio Ingroia alla guida della ex Provincia di Trapani. Con la legge Delrio, sindaci e consiglieri comunali voteranno tra il 28 settembre e il 12 ottobre per eleggere i presidenti e i consigli di 64 province e 8 città metropolitane. Di sicuro ci sarà un risparmio: da 2.500 eletti si passerà a 986 e senza indennità. 

Ma siamo in Sicilia, la legge Delrio non si applica e Ingroia, come tutti i suoi colleghi commissari delle nove province regionali, resterà  ancora qualche mese. Oggi la Provincia regionale in Sicilia non c’è più, si chiama Libero Consorzio, e non si sa ancora, per rimanere a Trapani, quando  sindaci e consiglieri comunali della provincia dovrebbero riunirsi per votare il presidente del Consorzio.  E questo non è che uno degli elementi di incertezza che accompagnano quella che era stata presentata dal presidente della Regione Rosario Crocetta come una riforma epocale (l’abolizione delle province, il taglio dei costi dell’ente intermedio, e la creazione di liberi consorzi tra i COmuni) e che via via si è rivelata una corsa ad ostacoli.

Ad esempio, tecnicamente, non sono ancora definite le composizioni dei liberi consorzi. Anche lì, sulla carta si dava ai Comuni la possibilità di sfuggire alle vecchie province che mal sopportavano. E già si erano messi in moto alcuni Comuni: Castelvetrano voleva unirsi a Sciacca, Gela creare un bacino di Comuni intorno a sé. Non se n’è fatto nulla, fino ad ora. E in pratica i nuovi Consorzi coincideranno con le vecchie province. C’è tempo fino a venerdì 26 settembre per costituire nuovi Liberi consorzi. Ma sono pochissimi gli enti locali che hanno già deliberato. Qualche paesello:  Pettineo, Mistretta, Reitano ed altri paesi dei Nebrodi, finora legati alla Provincia di Messina, hanno deciso di aderire al Libero consorzio di comuni di Enna. Piazza Armerina vorrebbe andare con Catania. Tutto poi deve passare al vaglio di referendum confermativi da tenersi entro 60 giorni.

E le funzioni delle ex Provincie? Anche su quelle c’è molta incertezza. Il danno, tra l’altro, è stato fatto. A Trapani, per esempio, la cancellazione della Provincia sta mettendo a serio rischio la sopravvivenza di istituzioni culturali come il Polo Didattico universitario, la secolare Biblioteca Fardelliana, e l’Ente Luglio Musicale, teatro di tradizione, così come, dopo l’abolizione della provincia, manca una gestione di indirizzo dell’Airgest, la società che controlla l’Aeroporto “Vincenzo Florio”. Quasi dappertutto, poi, le ex Province non sono più in grado di garantire l’assistenza agli alunni disabili, la manutenzione delle scuole di loro competenza. Per sapere di cosa si occuperanno i nuovi Liberi Consorzi bisogna aspettare fine anno, perché è il termine previsto per l’approvazione del disegno di legge sulle funzioni dei nuovi enti, al quale sta lavorando l’assessore regionale alle Autonomie Locali, Patrizia Valenti. In ballo non ci sono solo le ex province, ma anche le “città metropolitane”, Palermo, Catania e Messina. Il disegno di legge sulle funzioni dovrebbe prevedere di trasferire ai Genio civile la manutenzione delle strade provinciali; le scuole andrebbero ai Comuni,  dando ai sindaci le risorse economiche necessarie. I Liberi consorzi di comuni avrebbero, tra l’altro, competenza sulla pianificazione territoriale, il coordinamento di servizi importanti come l’acqua e i rifiuti,  e il turismo.
Quindi, nelle more, i commissari verranno prorogati, c’è chi dice addirittura per un altro anno…La cosa paradossale è che la Sicilia, che era partita per prima nell’abolizione delle province, adesso è l’ultima ad attuare la riforma, perché nel resto d’Italia, nelle regioni a statuto ordinario, si applica la nuova legge Delrio, che abolisce le province, e prevede entro fine mese l’elezione  di secondo grado per  costituire gli organi di governo di Città metropolitane e nuove Province. L’assessore Valenti spiega perché si sta perdendo tempo:  “Abbiamo aperto un tavolo di confronto a livello nazionale dove ci hanno chiesto di aspettare che prima si definisse la questione delle Regioni a statuto ordinario. Perché bisogna risolvere alcune questioni, come quella dei tributi che venivano direttamente assegnate alle Province”.