Sicilia, un primo maggio di ingiustizie in una regione ormai a secco di denaro

In questi giorni, giustamente, la politica si arrovella su come trovare una soluzione per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici, su come trovare le risorse per stabilizzare i 18 mila precari degli enti locali. Sono lavoratori in cerca di dignità. Perché il lavoro è prima di tutto dignità. Ne sanno qualcosa i 300mila disoccupati (dato 2012) che un lavoro non lo hanno. C’è un problema chiaro di cui in pochi sembrano volersi occupare: il sistema economico siciliano fondato sul predominio del pubblico, sull’elefantiasi della burocrazia, è imploso. Non ci sono più risorse pubbliche, non ci sono più soldi e dunque non è più possibile continuare. la recente denuncia dei Comuni siciliani a proposito dei loro bilanci e della possibilità di stabilizzare i precari dimostra che a tutti i livelli, pur in presenza di una pressione fiscale insostenibile, non c’è più possibilità di trovare nuovi soldi spremendo ancora i cittadini.

Ma in tutto questo dibattito c’è un mondo di cui nessuno parla e di cui nessuno si occupa, nemmeno chi dovrebbe farlo perché ha una responsabilità di rappresentanza. Ci sono, per esempio, migliaia di studi professionali che si occupano di progettazione che stanno chiudendo, ci sono migliaia di avvocati e liberi professionisti che stanno al di sotto, come reddito, di un precario della regione. E’ questa la nuova frontiera della povertà: quella intellettuale e di una classe media e borghese che non c’è più. E ancora una volta a proposito di ingegneri, architetti, geometri è il sistema pubblico di questo paese che è liberale solo a parole ad aver affossato un sistema e sta creando nuove sacche di fallimenti e povertà: le progettazioni affidate all’interno agli uffici tecnici stanno facendo crescere nuovi sistemi di corruzione e non hanno affatto migliorato la qualità. Mentre hanno tolto quel po’ di lavoro che ancora c’era. E poi la discrezionalità degli apparati pubblici esercitata nonostante vi siano regole che stabiliscono il contrario, la strafottenza di chi (si pensi ai dirigenti dei comuni chiamati a certificare i debiti nei confronti delle imprese) dovrebbe fare poco per ottenere tanto anche in termini di ritorno economico per il suo ente. La dignità del lavoro passa attraverso una rivoluzione vera che nel rispetto di un principio saldo di equità e di rispetto del merito.