Storia di Nicolò Marino, l’assessore alla demagogia

PALERMO. «Sono già al lavoro, in via informale, da giorni, perché ci sono delle scadenze impellenti entro il prossimo 31 dicembre. Ma da oggi sono ufficialmente assessore all’Energia della Regione siciliana”. Lo ha detto il neo assessore regionale Nicolò Marino, fino a poche ore fa pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta e titolare delle nuove indagini sulle stragi di Capaci e di Via D’Amelio in cui furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino insieme con otto agenti di scorta. Non ama molto parlare, l’assessore regionale all’Energia e annuncia che anche alla Regione “avrà la stessa riservatezza che avevo fino a ieri alla Procura di Caltanissetta”, Però, ha tenuto a sottolineare sono “moltissime le cose da fare, e presto. Anzi subito”. Annuncia anche trasparenza “per tutti gli atti che saranno compiuti dall’assessorato». La nota è dell’agenzia di stampa AdnKronos ed è del 6 dicembre dell’anno scorso. Marino, chiamato da Rosario Crocetta a ricoprire il delicato incarico di assessore all’Energia, sembra animato da buone intenzioni e prova a mettere un punto fermo anzi tre: riservatezza, trasparenza, pragmatismo.

LE PROMESSE E I FATTI
Per prima cosa prende come riferimenti per guidare il suo assessorato due dei principali dirigenti del governo Lombardo. Si tratta dell’ex dirigente del ministero dell’Ambiente quando era guidato da Stefania Prestigiacomo, Marco Lupo (che viene confermato), e chiama in assessorato Maurizio Pirillo (oggi direttore generale) dell’uomo di fiducia del ex assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, ovvero l’ex capo di gabinetto dell’avvocato amministrativista palermitano nonché ex assessore alla provincia della giunta guidata da Francesco Musotto, ex presidente di Sicilia Multiservizi, una delle società partecipate dalla Regione siciliana. I settori assegnati a Marino sono certamente tra i più delicati e non a caso Crocetta ha pensato a una figura tecnica che poteva dare un taglio con il passato. Ma da subito, a gennaio di quest’anno, il Pm nel frattempo ovviamente andato in aspettativa, dimostra che la figura di tecnico gli va stretta: vuole un ruolo politico e ottiene una candidatura di prestigio nella lista del Megafono in corsa per il Senato piazzato al terzo posto in lista dopo Giuseppe Lumia e il mecenate Antonio Presti. Le beghe sono tante, gli interessi in gioco titanici, ma Marino è coriaceo e le difficoltà non lo spaventano nonostante avesse inizialmente dichiarato, con un bel po’ di retorica, che il nuovo incarico gli «faceva paura». Da subito decide di dare attuazione a quanto stabilito con la legge voluta dal precedente governo presieduto da Raffaele Lombardo: fare cessare gli Ato (Ambiti territoriali ottimali). Ma con un suo personale tocco: saranno direttamente i comuni a gestire la raccolta dei rifiuti e poco importa, come viene sottolineato da più parti, se ciò significa moltiplicare le stazioni appaltanti e frazionare gli appalti con tutti i rischi sottesi. Altri, come il prefetto Giosuè Marino e l’assessore Pier Carmelo Russo con la legge regionale 9/2010, avevano fatto l’esatto contrario: sottrarre ai comuni le competenze sulle gare facendo tesoro di esperienze del passato in cui i comuni o i loro rappresentanti sono finiti in inchieste giudiziarie su possibili infiltrazioni della criminalità organizzata.

IL PASTICCIO DELLA RIFORMA
Come si vedrà poi nei mesi successivi l’ex pm non brillerà certo per riservatezza e soprattutto per equilibrio. Gestisce la delicata partita della riforma del settore rifiuti in Sicilia e vorrebbe farlo con piglio totalitario, utilizzando gli ampi poteri commissariali che l’ennesimo provvedimento che decreta l’emergenza attribuisce al presidente della Regione. E a chi si permette di dissentire lancia strali “a mezza parola” come si dice a Palermo: tra le vittime anche gli esponenti di Legambiente che da anni denunciano il ricorso all’emergenza per continuare a fare affari.
Ma, in barba a qualsiasi principio di garanzia e di riservatezza, l’assessore ha fatto molto di più aprendo un conflitto permanente con alcuni esponenti dell’imprenditoria privata della regione: l’obiettivo sembra essere quello di sviare l’attenzione della pubblica opinione esasperata per l’inefficienza del sistema di gestione dei rifiuti in Sicilia.
Un esempio? Era stato lo stesso assessore all’Energia a dichiarare: «Purtroppo abbiamo registrato, e registriamo, paurosi ritardi, che ci fanno pensare che ci siano amministrazioni evidentemente incapaci, visto che abbiamo cercato di accompagnarle letteralmente per mano a chiudere gli iter e adottare le delibere per le Srr, ma anche di fronte ad amministrazioni che hanno evidentemente altri interessi da preservare». E poi aveva aggiunto: «Perché è evidente che gli Ato sono serviti come centri di potere, per assunzioni che non potevano nemmeno essere fatte. Eppure, per salvaguardare i lavoratori, abbiamo fatto un accordo quadro che prevede che questi lavoratori finiscano in un bacino da cui attingere nel momento in cui si crea la richiesta di manodopera. Ma sono contro una certa politica, questo sì: quella del non fare. O quella che fa fare solo azioni finalizzate a interessi privati, quella che spesso parla di legalità, ma poi non applica le leggi, gioca a rinviare tutto, paralizza ogni riforma». Alle dichiarazioni però non sono seguiti i fatti, né le spiegazioni, né ha mai fatto nomi e cognomi: più che alla riservatezza del magistrato (ormai politico a tutti gli effetti) viene da pensare ai messaggi obbligui di certi politicanti.
I fatti, così come sono stati raccontati dai giornali, dicono ben altro: a proposito di assunzioni clientelari, per esempio, l’assessore si è fatto notare per aver impedito che andassero a scadenza senza rinnovo i contratti di alcuni lavoratori a tempo dei Coinres, il Consorzio di alcuni comuni del bagherese al centro di indagini (e di arresti) da parte della procura antimafia. Cosa è accaduto lo racconta bene il quotidiano online Bagherianews: «A dare il via alle ostilità una determina, presa su carta intestata della Regione Sicilia, dalla dr.ssa Silvia Coscienza che informava che a partire dal 15 marzo andavano a scadenza i contratti prorogati, su decisione dell’Assemblea dei sindaci, dei lavoratori a tempo. Insomma la Coscienza ha fatto quello che tutti pensavano dovesse essere fatto, anche da tempo, e che nessuno aveva avuto il coraggio di fare: e non per il gusto di mandare la gente in mezzo ad una strada ma perché prima o poi questo conto degli ex Temporary, la Corte dei conti chiamerà qualcuno a pagarlo, per l’elevato profilo di illegittimità che presentano i provvedimenti assunti nel tempo dai sindaci consortili. Al di là delle legittime reazioni dei lavoratori e dei loro sindacati arriva però stavolta un altolà da parte dell’assessore Marino, che non entra assolutamente nel merito del problema, ma rimprovera alla Coscienza che il suo incarico era cessato il 31 dicembre 2012 e che da lui non era stato rinnovato, e che pertanto non ha alcun titolo per prendere, e per giunta su carta intestata della Regione, provvedimenti attinenti il Coinres. Non solo ma segnala anche eventuali profili di responsabilità che potrebbero competere alla dr.ssa Coscienza per essersi in qualche modo fatta schermo del nome della Regione, per prendere provvedimenti che non aveva alcun titolo per assumere «posto che – si dice testualmente nella nota – la questione gestionale del Coinres attiene alla organizzazione interna del Consorzio in ragione alle attività consentite ed autorizzate dai comuni soci, titolari sia di rapporti corrispettivi che di indirizzo e di controllo dello stesso Ente». Il risultato? Marino ha isolato Silvia Coscienza come ha fatto rilevare il deputato regionale del Pd Fabrizio Ferrandelli: «Sono preoccupato – ha detto – perché si rischia di esporre, isolare e rendere vulnerabile la dottoressa Coscienza». A questo forse il pm antimafia non aveva pensato.

LO SCIVOLONE DEGLI IMPIANTI EOLICI
Fin qui dunque l’assessore si è messo in luce più per le sue esternazioni, soprattutto insinuazioni, che per fatti concreti. Su uno dei fatti concreti, la convocazione delle conferenze di servizio sugli impianti eolici, ha dovuto fare una precipitosa marcia indietro e invece di ammettere l’errore o di spiegare concretamente il perché di quella scelta (che ha già provocato il rilascio di autorizzazioni favorevoli: secondo quanto riferisce il deputato regionale del Pd Antonello Cracolici (mai smentito) «il 20 settembre, nei locali dell’assessorato all’Energia si è tenuta una conferenza di servizio per esaminare la richiesta di produzione di 30 megawatt nei comuni di Castellana Sicula e Petralia Sottana, e gli assessorati Territorio e Ambiente, Beni Culturali ed Energia hanno dato il via libera ad impianti per 27 megawatt». L’unica società che ha impianti in autorizzazione a Castellana Sicula è la Fonteolica srl di Prato. Ma ci sono due aspetti curiosi in questa vicenda: il calendario pubblicato Sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana il 30 agosto fissa la prima conferenza di servizi decisoria per il 2 ottobre e poi le conferenze di servizi della Fonteolica erano fissate tutte per l’anno prossimo: il 29 gennaio quella per l’impianto di Castellana Sicula, il 5 febbraio quelle per gli impianti di Geraci Siculo e Bompietro sempre nell’area delle Madonie con i numeri rispettivamente 48, 49 e 50 nell’elenco pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana. La questione è semplice: o non è stata autorizzata la Fonteolica oppure sono state scavalcate fuori dai tempi previsti dal decreto dirigenziale (in anticipo) tante altre imprese. Perché?
Resta da capire se la decisione della giunta regionale, ovvero la delibera di cui ha parlato il presidente della Regione, può intervenire per revocare un atto amministrativo che porta la firma del direttore generale. Secondo alcuni si tratterebbe di un atto provo di fondamento giuridico poiché solo il direttore generale può sospendere l’efficacia del decreto pubblicato sulla Gurs del 30 agosto poiché solo a lui la norma amministrativa riconosce il potere di farlo. La giunta può dare deliberare un atto di indirizzo e teoricamente il direttore generale è tenuto a rispettarlo ma finché non firma l’atto di sospensione quello precedente non perde efficacia. E l’atto di sospensione, per quel che se ne sa, non c’è ancora. Dunque il calendario delle Conferenze di servizio decisorie resta in piedi.
L’assessore, pur avendo a disposizione una grande competenza giuridica, si è precipitato a far discorsi in aria, con riferimenti a vicende che poco o nulla hanno a che fare con la bocciatura dei suoi atti da parte della giunta regionale. Ma poi, stimolato sull’argomento dell’eolico, ha precisato: «Nessun atto amministrativo né alcuna legge regionale può mai imporre ad un funzionario di non fissare le conferenze di servizio, come nel caso contesta da Cracolici, l’autorizzazione è un atto dovuto se tutti gli enti coinvolti danno parere favorevole». Dal canto suo l’assessore aveva proposto alla giunta regionale di bloccare tutte le autorizzazioni per 60 giorni in attesa di definire le zone nelle quali si potessero fare nuovi impianti rinnovabili, visto che in Sicilia fino ad oggi le strutture sono state autorizzate senza che vi fosse un quadro generale di cui tra l’altro aveva parlato lo stesso Cracolici qualche giorno fa citando una direttiva dell’Ue che impone alla regione di fare alcune cose e di cui evidentemente i tecnici dell’assessorato non si sono accorti. In giunta la proposta dell’assessore Marino è stata accantonata e si è preferito approvare un’altra delibera che sospende le conferenze di servizio. «Forse perché non si vogliono bloccare tutti gli iter» dice l’assessore a Repubblica.

IL DIVERSIVO: PROMESSE DI VERITA’ SU FATTI CHE TUTTI CONOSCONO
Finito nell’imbuto per i tanti errori nella gestione di questa vicenda, il pm-assessore ha annunciato che farà i nomi di imprese coinvolte nell’affare dei termovalorizzatori, ha annunciato che farà una verifica interna per capire se ci sono state complicità all’interno del suo assessorato, e così via. Dimenticando forse che mentre lui si occupava di cose importanti da magistrato i giornali hanno scritto tutto sui termovalorizzatori, sulle imprese che erano interessate e i suoi colleghi, costretti a occuparsi di “cose amene”, hanno fatto verifiche, sequestrato e letto carte: hanno fatto insomma il loro lavoro. Basta andare su Google per farsi un’idea di cosa è accaduto. Basterebbe, per esempio, andarsi a rileggere i testi delle audizioni della Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti i cui membri nel giugno del 2010 a Trapani hanno sentito i magistrati della Dda di Palermo i quali hanno riferito fatti precisi appresi grazie alle carte consegnate da Pier Carmelo Russo (che è stato ascoltato due volte dai magistrati di Palermo). E già a maggio del 2010 era emersa un’indagine della Guardia di finanza che “oltre a indagare su presunte infiltrazioni mafiose nell’affare, ha cercato «di far chiarezza sulla regolarità della gara e sull’eventuale esistenza di accordi di cartello tra le Ati aggiudicatarie che, con la compiacenza di funzionari pubblici a cui sarebbero andate tangenti, si sarebbero spartite a tavolino i lavori e poi, dopo la bocciatura europea, avrebbero fatto andare deserte le gare successive per indurre la Regione ad abbandonare la strada del bando pubblico».
Ci si aspetta ora che l’assessore, sempre per coerenza, acceleri l’indagine interna e provi a passare alla storia per aver realmente cambiato la macchina che guida un settore tra i più delicati della nostra regione: provi a capire, per esempio, se qualche funzionario ha avuto capacità di lavorare anche di domenica pur di autorizzare impianti o imprese a operare e vada a vedere cosa ci sta dietro. Perché la macchina burocratica è efficiente quando vuole. In giro c’è gente che usa le carte a convenienza e non si occupa più dello scandalo dell’Amia, di tanti altri impianti gestiti da enti pubblici attraverso società partecipate sparsi per l’isola.
Anche grazie ai poteri emergenziali. Fare denunce a casaccio – annunciandole prima a mo’ di minaccia per chissà chi e vanificando anzitempo il lavoro investigativo che potrebbe godere dell’effetto sorpresa – sembra avere un obiettivo politico: sviare l’attenzione dalle evidenti responsabilità di chi governa. Se n’è accorto il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, ancora impegnato sul fronte di delicate indagini antimafia: «Negli ultimi tempi la Regione siciliana ha notevolmente incrementato le comunicazioni verso la Procura, ma non diventi un alibi per paralizzare tutto e dire ‘su questo sta indagando la magistratura, quindi. Noi operiamo con la massima discrezione per non bloccare l’attività amministrativa e per evitare che eventi del genere possano rappresentare un alibi per non fare».