Vino ostaggio della burocrazia: 100 giorni di lavoro l’anno da dedicare alle scartoffie

Il vino non sfugge alla burocrazia. Norme e regolamenti infiniti, interpretati diversamente da un ente all’altro, secondo il territorio dove ci si trova, tempi biblici per ottenere permessi e certificazioni: problemi che pesano sulle imprese italiane e non risparmiano il comparto vitivinicolo, particolarmente sentiti dalle cantine di piccole e medie dimensioni. Al tema la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (Fivi) dedica parte dei lavori in occasione della mostra mercato dei vini artigianali di Piacenza.
“Le ore lavoro dedicate alla burocrazia sono state calcolate in 100 giornate annue – spiega Matilde Poggi, presidente Fivi – visto che nel nostro Paese sono 11 gli organismi di controllo e gestione del settore, una piccola azienda ha bisogno della collaborazione di almeno quattro o cinque professionisti. Per pagarli si spende non meno di 5.000 euro l’anno. Con un fatturato di 150.000 euro, se ne spende il 3% solo di consulenze”. Esempi arrivano dalla maggior parte dei 750 vignaioli aderenti a Fivi che raccontano di anni d’attesa, con decine di passaggi burocratici, per ottenere i permessi per la costruzione di un capannone agricolo oppure dei mesi necessari per piantare o spostare una pianta da frutta o un filare di viti.
In Italia, poi, ogni Regione ha un proprio piano di sviluppo rurale (Psr), regolamenti in volumi che vanno dalle 800 a 1600 pagine. Mentre ad esempio, come ricorda Confagricoltori, il Psr dell’intera Polonia non supera le 350 pagine. Un peso che grava sulle 750 cantine associate a Fivi, realtà formata da aziende proprietarie mediamente di dieci ettari di vigna, con produzione media di 70 mila bottiglie. Cifre che si traducono in un fatturato complessivo di 600 milioni, di cui più di 200 provenienti dal solo export. Numeri consistenti, in un comparto che in Italia vale complessivamente poco più di 10 miliardi d’euro.
Per questo, Fivi ha presentato a Governo e istituzioni una proposta di semplificazione normativa e amministrativa. “Facciamo i conti tutti giorni con Asl, Nas, Ufficio repressione frodi, Naf del Corpo forestale, Siquria, Valoritalia, Avepa, Agea, dogane, Agenzia delle entrate, Guardia di Finanza, Ispettorato lavoro, ma crediamo sia possibile arrivare a un testo unico a cui ogni vignaiolo possa fare riferimento”, ricorda ancora Poggi. “Vogliamo essere controllati – aggiunge – ma la cosa non può trasformarsi in un costo per noi e per lo Stato. Semplificare, significa risparmiare tutti”. Lo dice anche Mario Cavalli, vignaiolo dell’Oltrepò Pavese: “Dal novembre dello scorso anno a oggi sono stato oggetto di sette controlli da parte di sette enti diversi. Tutto era in ordine. È capitato perché i controlli sono ‘random’. Probabilmente per qualche anno non ne avrò più. Non sarebbe meglio averne uno tutti gli anni da parte di un unico ente e averlo sempre in tutte le cantine?”.