Al Parlamento europeo il caso Almaviva. A rischio 1700 posti in Sicilia

“La vicina soluzione del caso Almaviva non deve fare abbassare la guardia sulle reiterate violazioni delle normative europee che l’Italia perpetra in tema di delocalizzazioni”. La questione Almaviva, il call center che vede a rischio oltre 1700 posti di lavoro in Sicilia, ultimo possibile caso di delocalizzazione aziendale, varca i confini nazionali, grazie alla interrogazione depositata in queste ore dall’eurodeputato siciliano del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao alla Commissione Europea. “E’ appena il caso di evidenziare che i lavoratori di Almaviva e di aziende simili – dichiara Corrao-  rischiano il posto perchè nell’ordinamento italiano, la discplina sul trasferimento d’azienda non è applicabile nelle ipotesi di “cambio di appalto”, atteso che l’art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 dispone espressamente che l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto a seguito di subentro di un nuovo appaltatore, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola del contratto d’appalto, non costituisce trasferimento d’azienda o di parte d’azienda”. Tale normativa derogatoria alimenta lo stato di continua precarietà e instabilità dei dipendenti delle aziende come l’Almaviva, operante in regime di appalto nel settore delle comunicazioni, i quali rischiano il licenziamento o comunque un notevole abbassamento degli standard di tutela, a causa dell’annunciata volontà delle committenti di affidarsi ad imprese che garantiscono costi inferiori anche per il tramite di strategie di delocalizzazione. “L’esclusione delle garanzie di cui all’art. 2112 c.c. – si legge nell’interrogazione – appare in contrasto con la direttiva U.E. n. 2001/23, nonché con il diritto vigente prodotto dalla giurisprudenza europea, che in più occasioni ha ricondotto alla disciplina sul trasferimento di  impresa le vicende di successione negli appalti di servizi”. Considerato che tantissimi lavoratori rischiano di trovarsi senza occupazione e senza alcuna tutela, l’eurodeputato alcamese pone la questione all’esecutivo europeo chiedendo alla Commissione di esprimersi sulla conformità o meno della normativa italiana alla direttiva 2001/23.