I conti della Città Metropolitana di Messina, impossibili da fare quadrare…

Il ricorso al Tar del Lazio è stato presentato nel 2015, adesso nell’ambito di quel procedimento si vuole chiedere una “sospensiva” che blocchi gli effetti della circolare della Direzione centrale della Finanza locale del Ministero dell’Interno sui prelievi forzosi.

Filippo Romano, Commissario della Città Metropolitana di Messina, con quest’ultimo atto di indirizzo per il conferimento dell’incarico legale, tenta di arginare i danni derivanti dall’impossibilità di quadrare il Bilancio di Previsione 2017 e dal conseguente obbligo di procedere alla dichiarazione di dissesto. L’Ente si trova nella paradossale situazione di non riuscire più ad erogare servizi essenziali perché dal 2015 deve versare somme ingenti nelle casse dello Stato senza che vi sia stato il contestuale alleggerimento delle funzioni e del personale come è successo per le ex province, fuori dal territorio siciliano. Alla vigilia di ferragosto Romano, con le funzioni del Consiglio metropolitano, aveva emanato l’ atto di indirizzo dove ribadiva che la dichiarazione di dissesto era ormai inevitabile e quindi esortava il sindaco Metropolitano all’attivazione della procedura per l’apposito decreto.

Renato Accorinti sembra pronto, se non intervengono fatti nuovi, a procedere su questa strada facendo proprie tutte le considerazioni che il Commissario ha fatto sulla vicenda in queste settimane. Romano nel suo documento del 14 agosto racconta la genesi di una catastrofe finanziaria ormai strutturale. A mandare in tilt una situazione di equilibrio, fino a qualche anno fa, è stato l’annullamento dei trasferimenti Statali e il successivo obbligo di versare all’erario un contributo straordinario per gli anni 2015, 2016, 2017. Il  contributo per il 2015 è stato di otto milioni e mezzo di euro, mentre per il 2016 erano richiesti 17 milioni e 25 per il 2017.

Per quanto concerne, invece, il taglio dei trasferimenti erariali, a fronte di uno stanziamento storico di circa 30 milioni l’anno fino al 2010, l’assegnazione è stata ridotta a  22 milioni di euro nel 2011, a 10  nel 2012, a due milioni nel 2013, a 604 mila euro nel 2014 e totalmente eliminato dal 2015. Per effetto di queste riduzioni il Bilancio da 91 milioni di euro storicizzati fino al 2010 è un ricordo lontano. L’onere che – da solo – causa adesso l’impossibilità di chiudere il bilancio è quindi il contributo coattivo di 25 milioni di Euro (più 3 milioni di sanzioni), i quali vanno a gravare su un budget di 62 milioni di Euro a fronte di 39,5 milioni di spese fisse (30 milioni per stipendi; 4 milioni per utenze degli Uffici e delle Scuole; 4 milioni per mutui per opere pubbliche realizzate fino al 2013 e 1,5 milioni di residui di fitti passivi). Viene anche rilevato che le spese per il personale sono state faticosamente ridotte nell’ultimo triennio da 38 milioni a 30 milioni di euro l’anno, e le spese per fitti passivi da 3,6 milioni a 1,5 milioni di Euro.

Nel documento di indirizzo di metà agosto si sottolinea che le ex province regionali siciliane non concorrono al riparto delle risorse come prevede il Decreto 50/2017 né alla distribuzione delle risorse previste dalla legge 208/2015 finalizzate al finanziamento delle spese connesse a viabilità e all’edilizia scolastica. “Si è andata diffondendo l’erronea convinzione -si legge- che all’eventuale ripiano delle carenze finanziarie, cagionate agli enti intermedi siciliani dalla Legge finanziaria per il 2015, debba provvedere la Regione stessa in virtù di una autonomia finanziaria che tuttavia non è giovata a tutelare gli enti isolani dal contributo, pur disposto da legge statale, a carico di entrate provinciali proprie; mentre pacificamente si è rispettata l’autonomia regionale in materia di ordinamento degli enti locali nel non applicare alle ex province dell’Isola la fuoriuscita del 30% e 50% del personale, con il conseguente risparmio di spesa”.

L’assegnazione delle risorse regionali evidenziano peraltro “una crescente destinazione a copertura degli squilibri di parte corrente a discapito dei trasferimenti per spesa d’investimento, progressivamente azzerati; nel 2017, la legislazione conferma questa tendenza prevedendo, addirittura la prioritaria destinazione delle assegnazioni ai pagamenti degli stipendi”. Vengono evidenziate alcune conseguenze di questo squilibrio, tra cui l’impossibilità di sostituire i dirigenti collocati in pensione e quindi la città Metropolitana se ne ritrova solo due e a dovere gestire l’Ente, oltre tutti i progetti del Masterplan, senza il dirigente Tecnico e quello di Ragioneria.

“Il disagio si riscontra anche nel non potere accedere a diverse opportunità di finanziamento che si presentano nello scenario dei Fondi Pon Fesr per l’impossibilità di dichiarare la capacità finanziaria come prescritto nei bandi. Tale situazione potrebbe compromettere anche i fondi correlati al Patto per il Sud, qualora non si adottino forme di finanziamento diretto agli Enti beneficiari”. Non si può intervenire inoltre sui 2mila650 chilometri di strade provinciali e si rischiano disservizi nei plessi scolastici e nell’assistenza, insomma lo scenario esposto nell’atto di indirizzo è quello di una crisi con “caratteri di eccezionale emergenza” da cui non si sa come uscire e con la politica rimasta finora indifferente ad ogni sollecitazione, che adesso, davanti all’idea di dissesto, oppone resistenza.

Opposizione aperta viene espressa anche da LaborMetro con un intervento molto duro del coordinatore Michele Bisignano che si chiede “perché, dato che il prelievo forzoso riguarda tutte le nove ex province siciliane, le procedure per il dissesto sono state avviate solo per la Città Metropolitana di Messina, invece di promuovere una serie di azioni comuni di tutti gli Enti intermedi siciliani. Calogero Emanuele della Cisl Fp ribadisce che sarebbe opportuno coinvolgere i Sindaci delle Comunità locali in un tavolo di confronto per analizzare le soluzioni alternative al dissesto finanziario, tanto voluto dal Commissario – sottolinea Emanuele – guarda caso nella fase di cessazione dall’incarico in quanto nominato Vice Prefetto a Siracusa. Il compito di trovare una soluzione spetta alla politica ed ai parlamentari nazionali e regionali che, -dice Emanuele- invece di dare corretta applicazione alla legge nazionale di riforma, hanno perso solo tempo portando le ex Province al capolinea. Il dissesto non è una scelta politica nè un’opinione, ma un fatto contabile aritmeticamente calcolato, e la sua dichiarazione è un obbligo di legge, -continua a ribadire Romano- alla cui eventuale omissione seguirebbero un intervento sostitutivo della Corte dei Conti e gravi sanzioni per chi non l’abbia dichiarato”.