I fatti e le opinioni: l’uso selvaggio del web è un massacro per la professione giornalistica

Da un po’ di tempo è diventato costume in certe pubblicazioni online condire articoli di cronaca con opinioni personali. E fin qui, si dirà, nulla di nuovo: si usa ormai fare così nel variegato mondo della rete. Cosa diversa è quando articoli (o post) che vorrebbero essere di cronaca mettono insieme fatti diversi e tra loro poco coordinati o addirittura tra loro in contraddizione per raccontare una verità che a quel punto diventa solo immaginaria. Ma quel che più grave si tratta di una “verità” costruita a tavolino e fuorviante con i lettori verso i quali dimostra una certa disonestà perché con la scusa di raccontare fatti veri punta invece a screditare protagonisti della nostra vita pubblica che, in qualche caso, corrono gravi rischi personali. Basterebbe una banale verifica, una telefonata, un controllo su Google per capire e spiegare le cose. Delle opinioni nessuno discute: ognuno ha le sue ed è giusto che le manifesti. Diceva Voltaire, più o meno: non condivido la tua idea ma darei la vita perché tu possa esprimerla. Ma è anche vero che l’idea, così come l’opinione, deve fondarsi su fatti veri, contestualizzati, insomma sulla realtà e non sulle ricostruzioni fantasiose attribuite a personaggi veri. Perché in tal caso non si tratta più di cronaca ma di altro.
Affastellare fatti diversi e tra loro per nulla attinenti per dare del mafioso a una persona non è certo edificante per chi scrive. Soprattutto se quel signore mafioso non è. Dimenticare di raccontare alcune cose per sostenere la propria tesi è forse ancora peggio. E’ giusto, è doveroso, che i giornali, i blog, le tivù facciano il pelo e il contropelo a questo o a quel personaggio pubblico. Ma servono i fatti e soprattutto non si può dimenticare una delle regole fondamentali: il diritto di replica, il diritto alla difesa, il diritto al rispetto della dignità degli altri. Banalmente consentire a chi è stato chiamato in causa di dire la propria. Se vuole.
E invece da qualche tempo c’è un uso selvaggio della penna o meglio della scrittura, un killeraggio continuo che non aiuta a fare chiarezza nella nostra terra ma favorisce i più furbi, e forse anche i disonesti. E’ obbligo di tutti interrogarsi e capire entro quali regole bisogna agire: l’anarchia di qualcuno scredita l’intero mondo dell’informazione e di chi con serietà prova a fare oggi questo difficile mestiere. Bisogna battersi contro le censure e le prepotenze, contro le minacce e i tentativi di zittire i cronisti. Da qualsiasi parte provengano. Ma è necessario anche fare appello alla propria coscienza. Perché le bugie hanno le gambe corte e le notizie sbagliate rischiano di essere un boomerang. Per chi le scrive e per chi fa finta di nulla. Nell’indifferenza si consuma la morte della libertà di opinione.