Ingegnere clinico, una professione in cerca di riconoscimento

E’ colui che sta dietro la tecnologia ospedaliera. Ne cura il rinnovo, la sicurezza. Ne consiglia l’acquisto in coerenza con le esigenze cliniche. Si tratta dell’Ingegnere Clinico, una nuova figura professionale che, cresciuta silenziosamente all’interno delle strutture ospedaliere, sta diventando oggi sempre più strategica, vuoi per le esigenze gestionali vuoi per ottimizzare gli ambiti organizzativi ed economici di un’Azienda sanitaria.
Una professione, che sta dunque diventando importante e che potrebbe rappresentare per i giovani una opportunità in più in un mercato del lavoro in crisi. Attualmente gli Ingegneri clinici, in Italia, sono circa un migliaio, ma si prevede che il fabbisogno per i prossimi anni sarà di almeno il doppio solo per gestire in sicurezza e con elevate prestazioni il parco tecnologico esistente.
Nonostante questo, in Sicilia, come anche sul territorio nazionale, l’Ingegnere clinico  rimane una figura professionale non riconosciuta, con il risultato di accrescere l’ambiguità della loro posizione all’interno dell’organigramma aziendale come di aumentare il divario con il resto d’Europa, dove la situazione è diversa.
“In Sicilia – confessa  l’Ing. Giuseppe Fatuzzo, Referente AIIC (Associazione Italiana Ingegneri Clinici)  Sicilia e Responsabile del Servizio di Ingegneria Clinica della Fondazione Istituto San Raffaele “G. Giglio” di Cefalù – è vero che da alcuni anni sembra ridursi il gap rispetto ad eccellenze organizzative nazionali già consolidate, come dimostra il fatto che nell’organico di tante strutture sanitarie siciliane si assiste all’introduzione di almeno un Ingegnere clinico, ma non si tratta di risultati ancora sufficienti a garantire, di fatto, un governo economico, sicuro ed appropriato delle tecnologie biomediche. Una tale priorità  – sottolinea Fatuzzo – non può ancora essere lasciata alla sensibilità del singolo Direttore generale, è necessario istituzionalizzare la nostra figura professionale, perché una sanità, che vuole dirsi “tecnologica” non può pensare di mediare opportunamente, senza il nostro contributo,  la tutela del diritto alla salute con il controllo della sicurezza delle tecnologie biomediche”.
Riconoscere la professione dell’Ingegnere clinico come di tutte quelle nuove competenze che nelle Aziende sanitarie, come più in generale nella Pubblica Amministrazione, sono nate con la diffusione dei processi di digitalizzazione e per l’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate, impone, dunque, una nuova visione del management, capace di organizzare l’équipe nella logica del team di collaboratori piuttosto che in quella  della semplice verticalità e accentramento decisionale.
Quali sono, oggi,  i percorsi formativi per diventare Ingegnere clinico? Tra i pionieri, l’Università di Trieste (una Laurea magistrale e due Master di specializzazione) fin dal 1991. E poi Roma, Firenze, Pavia e Bologna. In Sicilia? Nulla, la formazione è lasciata alla buona volontà delle Aziende ospedaliere e alla sensibilità dei suoi Direttori generali.