La mafia a Marsala e il ruolo di Messina Denaro. I particolari

Ruota attorno al latitante numero uno di Cosa nostra, Matteo Messina Denaro, l’operazione antimafia Visir di Marsala condotta dai carabinieri del R.O.S., dal Comando provinciale di Trapani e coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha permesso l’arresto di 14 persone accusate di associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione di armi, munizioni e droga, con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose.  Tra gli arrestati, molti i volti noti alle forze dell’ordine sempre per fatti di mafia, tra cui Vito Vincenzo Rallo attuale capo della famiglia mafiosa di Marsala, Michele Giacalone, imprenditore edile, ma anche nuove leve, sintomo che Cosa nostra è sempre più sgangherata e cerca in qualche modo di ricostruirsi dopo le tante operazioni subite in questi anni che indubbiamente hanno reso il sodalizio mafioso sempre più debole.

Gli arrestati – Andrea Antonino Alagna (1979), di Mazara. Alessandro D’Aguanno (1991), di Marsala. Vincenzo D’Aguanno (1960) di Marsala. Calogero D’Antoni (1982) di Marsala. Giuseppe Giovanni Gentile, detto “testa liscia”, (1974) di Marsala. Michele Giacalone (1970), di Marsala. Massimo Giglio (1976) di Marsala. Simone Licari (1958), di Marsala. Ignazio Lombardo, detto “il capitano”, classe 1971, di Marsala. Michele Lombardo, detto Michelone, classe 1962, di Petrosino. Vito Vincenzo Rallo (1960), Marsala. Aleandro Rallo (1993), Marsala. Nicolò Sfraga, 1966, Marsala. Fabrizio Vinci, 1970, di Mazara.

Le indagini hanno interessato il mandamento mafioso di Mazara del Vallo e in particolare la famiglia mafiosa di Marsala (comprendente Petrosino) della quale gli investigatori hanno tracciato una sorta di organigramma. E’ proprio della famiglia mafiosa di Marsala, al centro dell’operazione “Visir”, qualche anno fa Messina Denaro scriveva a Bernardo Provenzano, che a Marsala avevano arrestato tutti e non aveva più uomini a disposizione.

Ricostituzione e conflitti interni  – Con il passare del tempo le cose sono cambiate e oltre alla nuova presenza di uomini d’onore, la famiglia mafiosa di Marsala, caratterizzata anche da conflittualità interne tra i suoi affiliati, ha visto l’intervento del latitante di Castelvetrano che nel gennaio 2015, secondo quanto riferito da Nicolò Sfraga, era pronto a risolvere con la forza le eventuali inosservanze sul mantenimento dell’equilibrio interno. A capo della famiglia lilibetana, Vito Vincenzo Rallo, fratello di Antonino Rallo, ergastolano e già al vertice della cosca marsalese, è considerato da tutti gli altri arrestati quale organo direttivo e giudice delle controversie.

Progetto di omicidio e estorsione – Il fermo del gruppo criminale ha avuto un’accelerazione perché secondo gli inquirenti stava progettando un omicidio. Sono stati sequestrati due fucili a canne mozze e un chilo di droga. Rientra invece tra le attività principali quella delle estorsioni sistemiche in tutto il territorio di competenza della famiglia mafiosa marsalese. Gli inquirenti hano riscontrato il tentativo di estorsione da parte di Michele Giacalone ai danni di un imprenditore di Partinico, Francesco Billeci, presidente dell’associazione antiracket locale che lo ha denunciato. Giacalone chiedeva a Billeci di assumere alcune persone di Marsala, e di rifornirsi in alcuni impianti indicati da lui. L’appalto riguardava i lavori di rifacimento di Piazza Matteotti, a Marsala.

Relazioni e influenze con le altre famiglie o mandamenti – Con l’operazione Visir emerge un fatto nuovo di una forte relazione ed  influenza della famiglia mafiosa marsalese con gli esponenti dei mandamenti di Mazara del Vallo, Alcamo, San Giuseppe Jato, Belmonte. A San Giuseppe Jato, ad esempio, è un’impresa di Marsala che aveva vinto un appalto.

Le intercettazioni dell’operazione Visir hanno consentito di fare chiarezza e individuare con precisione, ruoli, gerarchie, dialettiche e controversie della famiglia mafiosa di Marsala e consentito di provare i diversi rapporti con i vari mandamenti e le altre famiglie provinciali, fatto che conferma la unitarietà di cosa nostra.

E restando sulle controversie che gli investigatori hanno captato, c’è quella relativa alla guida della decina di Petrosino-Strasatti, affidata da Vito Vincenzo Rallo a Nicolò Sfraga, fatto questo che non è stato ben accolto da Vincenzo D’Aguanno che, sostenuto da Michele Lombardo, Alessandro D’Aguanno, Andrea Antonino Alagna, si contrappongono al sottogruppo guidato da Sfraga e appoggiato da Rallo, Domenico Centonze, Calogero D’Antoni, Giuseppe Giovanni Gentile e Simone Licari. E’ proprio in merito a queste divergenze che si registrano delle intercettazioni in cui si dice che Messina Denaro impartiva degli ordini per il rispetto delle gerarchie interne alla “famiglia”, nonché del mantenimento di uno status quo dell’organizzazione criminale. Altra controversia ha riguardato la spartizione di lavori edili commissionati in c.da Paolini e che per risolvere la stessa Sfraga incontrò D’Aguanno per riportare gli ordini di Messina Denaro.

Dichiarazioni delle associazioni Antiracket LiberoFuturo e LiberJato – “A Marsala Cosa Nostra ha subito l’ennesimo duro colpo da parte delle forze dell’ordine e della Dda di Palermo. L’indagine che porta fino a Messina Denaro è scaturita anche dalla denuncia che il presidente dell’associazione antiracket di Partinico, Francesco Billeci, fece nel lontano 2014 accompagnato alla Squadra mobile di Trapani da Enrico Colajanni di LiberoFuturo”. A dirlo sono le associazioni antiracket LiberoFuturo e LiberJato, a proposito dell’operazione antimafia condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Trapani che oggi ha portato al fermo di 14 persone indagate per associazione di tipo mafioso, estorsione, ricettazione, detenzione illegale di armi e munizionamento, con l’aggravante del metodo e delle finalità mafiose.

“Ci sembrava che si fossero perse le tracce di quella denuncia – dice Billeci -, ma adesso capiamo che c’era un’indagine più importante che ha richiesto ai carabinieri tempi lunghi per definirsi”. “Ci auguriamo che il numero degli imprenditori disposti a denunciare aumenti anche in provincia di Trapani – aggiunge Nicola Clemenza di LiberoFuturo Castelvetrano -, perché noi siamo pronti a consigliarli e assisterli. Non bastano le operazioni pur efficaci delle forze dell’ordine per sradicare il cancro mafioso. Ci vuole, anche, una rivolta sociale collettiva e, soprattutto, servono le denunce pronte e convinte dei tanti imprenditori che ancora subiscono in silenzio le imposizioni dalle cosche” conclude.