Mafia: “Finanziavano Matteo Messina Denaro”, arrestati in dodici (il video)

Dalle prime luci dell’alba di oggi 13 marzo oltre 100 uomini, tra personale della Direzione Investigativa Antimafia, Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e del Raggruppamento Operativo Speciale, sono impegnati nell’esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della  locale Direzione Distrettuale Antimafia,  nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e favoreggiamento nonché fittizia intestazione di beni tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.

Il provvedimento giudiziario rappresenta l’esito di un’articolata attività investigativa coordinata dalla DDA di Palermo, avviata nell’aprile del 2014, che ha consentito di cristallizzare una serie di condotte criminose poste in essere da esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti possibili favoreggiatori del latitante Matteo Messina Denaro.

Le indagini hanno consentito di individuare in  Salvatore Crimi e in  Michele Gucciardi i capi famiglia della cosa nostra di Vita e Salemi e di assicurare alla giustizia diversi gregari.

Secondo gli inquirenti i citati soggetti, servendosi anche di professionisti nell’ambito di consulenze agricole e immobiliari, sono riusciti, attraverso la Agri Innovazioni s.r.l., società di fatto riconducibile al pregiudicato mafioso  Girolamo Scandariato, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname.

I due importanti “uomini d’onore” avrebbero avuto un ruolo centrale nella gestione di una grossa operazione di speculazione immobiliare realizzata attraverso l’acquisto in un’asta giudiziaria di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari (sita in località Pionica del comune di Santa Ninfa) e la successiva rivendita alla Vieffe, società agricola riconducibile ad imprenditori di San Giuseppe Jato, vicini ad ambienti mafiosi locali.

L’azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei noti esattori salemitani, i cugini Nino e Ignazio Salvo, sotto la regia di cosa nostra trapanese, è stata formalmente acquistata all’asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito, noto imprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale, per poi essere ceduta alla Vieffe per l’importo di 530.000 euro.

Il prezzo di vendita reale dei terreni è stato notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro, sarebbe stata incassata dagli uomini di cosa nostra per la loro attività di “intermediazione immobiliare”.

Secondo le dichiarazioni del defunto collaboratore di giustizia  Lorenzo Cimarosa, corroborate dall’attività d’intercettazione svolta dagli inquirenti, parte di tale somma sarebbe stata destinata da  Michele Gucciardi e Vito Gondola, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, al mantenimento del latitante Matteo Messina Denaro, che l’avrebbe ricevuta per il tramite proprio di  Lorenzo Cimarosa e  Francesco Guttadauro, nipote prediletto del latitante, in atto detenuto.

Michele Gucciardi avrebbe inoltre costretto l’originaria proprietaria dei terreni a rinunciare ai propri diritti di reimpianto dei vigneti insistenti sulla tenuta agricola, onde consentire agli imprenditori di San Giuseppe Jato di ottenere finanziamenti comunitari per seicentomila euro circa, in parte distratti per pagare il prezzo d’acquisto della tenuta stessa.

Sempre  Michele Gucciardi era riuscito a reinvestire il denaro della famiglia mafiosa di Salemi  in terreni già riconducibili al mafioso  Salvatore Miceli ,  acquistati formalmente dalla moglie di  Sergio Giglio, recentemente condannato per associazione mafiosa, perché coinvolto nella veicolazione dei “pizzini” per Matteo Messina Denaro.

Salvatore Crimi invece, attraverso la società Aerre s.a.s. di proprietà della moglie, è riuscito ad investire nel campo della ristorazione, aprendo un ristorante in località Ummari, denominato “La Pergola”.

Girolamo Scandariato, inoltre, viene chiamato a rispondere anche del reato di estorsione aggravata da metodo mafioso per aver svolto il ruolo di mediatore mafioso in un’estorsione perpetrata ai danni di alcuni imprenditori che avevano acquistato un terreno agricolo in Castelvetrano, sul quale avrebbe vantato diritti di proprietà (occulta) il defunto boss mafioso Totò Riina.

Le società Aerre s.a.s., nonché il 25% del capitale sociale della Agri Innovazioni (quota fittiziamente intestata a  Nicolò Scandariato, figlio di Girolamo) sono state poste a sequestro preventivo finalizzato alla confisca poiché ritenute fittiziamente intestate a soggetti in realtà facenti parte dell’organizzazione mafiosa.

Il sequestro della Vieffe soc. agr. si è invece reso necessario poiché si è accertato essere un’impresa, a tutti gli effetti, a partecipazione mafiosa, fungendo da strumento per il perseguimento dei fini economici dell’organizzazione criminale.