“Messina Denaro è stato a Marsala”. Ma quando mai….

“Matteo Messina Denaro nel 2015 è stato a Marsala” titolano i giornali circa l’operazione antimafia di ieri, denominata Visir. Ma quando mai. Che superficialità. Cerchiamo un po’ di mettere ordine.  

La mafia puzza di becco. E’ questo quello che mi viene da pensare, ancora una volta, scorrendo i nomi e le storie dei quattordici arrestati dell’operazione “Visir”, quella che ha sgominato la cellula marsalese di Cosa nostra operativa tra Marsala e Petrosino. Parlo di “cellula” non a caso, e non di famiglia, perchè ormai, per stessa ammissione di investigatori e magistrati, l’esercito di Cosa nostra è ridotto a poca cosa. Matteo Messina Denaro scriveva qualche tempo fa a Bernardo Provenzano che a Marsala non aveva più uomini, che non gli erano rimaste le gambe delle sedie. E non siamo molto lontani da quella situazione, oggi.

La mafia puzza di becco. Di crasto. Di pecorume, di stallatico. Guardateli, gli arrestati dell’operazione di ieri, sono lo stereotipo del mafioso: gente di campagna, molti pastori, in molti con precedenti penali, stranoti alle forze dell’ordine. Chi ha un piccolo caseificio a Strasatti, chi ha compiuto omicidi per motivi passionali, chi si è fatto già  i suoi anni di galera per mafia.

Si tratta di persone condannate ad essere mafiose, gente che non sa fare altro nella vita. E sono mafiosi perché sono legati alla terra, al calcestruzzo, alla “messa a posto”, ai riti. Si ammazzano per chi deve fare il “capodecina”, si partono per fare le riunioni con quelli di San Giuseppe Jato, cercano di capire gli ordini di Matteo Messina Denaro, se è vivo, se è lui che da ordini e non qualcuno per conto suo.

Poi ci sono i giovani. Alcuni degli arrestati di ieri sono davvero giovani. Chi è nato nel 1993, chi negli anni ’80. Sono figli e nipoti di mafiosi, che fanno i mafiosi. Ciò smentisce un luogo comune molto diffuso: non è vero che i figli dei mafiosi oggi studiano nei migliori campus universitari. No, sono condannati ad essere mafiosi. Non studiano. Imparano presto non tanto a sparare, quanto l’arte della “sensalia”, della mediazione, che è l’essenza del mafioso. Vengono sistemati nelle campagne o in qualche ditta di calcestruzzo. E sono condannati anche loro ad essere mafiosi. Rispetto a questo zoccolo duro, ogni corso di educazione alla legalità, nelle scuole, è inefficace.

Tutto questo lo scrivo per chiarire alcuni aspetti sull’operazione di ieri, e per smentire alcune notizie che sono state date, che non sono vere, perchè frutto di un approccio sensazionalistico al tema, che mira più a impressionare che a spiegare.

E dunque: la mafia esiste, certo, cerca di esistere. E’ pericolosa. E’ ridotta ai minimi termini. Lo Stato è efficace, soprattuto per colpire la parte più “rustica” e militare di Cosa nostra. 

Non è vero che Matteo Messina Denaro nel 2015 è stato a Marsala. Che superficialità. Le indagini dicono altro. C’era un contrasto all’interno della cosca di Marsala, per chi dovesse fare il “capodecina”, e allora qualcuno ha chiamato in causa il pastore Vito Gondola, il quale a fine 2014, ha portato un messaggio di Messina Denaro: che la finissero di litigare se no lui faceva una strage. E questo è tutto. E’ “dalle nostre parti”, riferito a Matteo, vuol dire tutto e niente. E’ una cosa che sappiamo, non aggiunge un elemento in più. Neanche è una testimonianza di esistenza in vita del boss, dato che di scritto, di suo, non abbiamo nulla.

Quasi ridotta al nulla è questa mafia campagnola che è cresciuta, prosperata e infine caduta, disintegrata, dalle nostre parti. Se continua ad essere forte, nonostante sia malmessa, non è per la furbizia dei suoi componenti, o per le nuove leve. E’ sempre per quella complicità colpevole di tutti coloro che non sono capaci di dire “No”, e che, da sempre, sono la vera forza della mafia. A cominciare dagli imprenditori, che dalle nostre parti pagano senza fiatare la “messa a posto”. Dai politici che qualche “zio” vanno sempre a cercare voti e promettere favori. E via dicendo. Anche da chi, purtroppo, dalle parti dell’antimafia mainstream ne alimenta il mito oltre misura per una rendita personale.

La mafia esiste, puzza di becco, è quasi arrivata al capolinea. Se manca l’ultimo miglio, è un po’ colpa di tutti noi. Che dovremmo respingere ogni complicità, ogni lettura distorta, e cercare di fare luce, ad ogni livello della nostra responsabilità, su tutti i vari livelli di complicità (imprenditoriale, politica ma anche istituzionale) che hanno portato la mafia fuori dalla mafia. Abbandonando pastori e contadini al loro destino, e costruendo invece una nuova mafia, silenziosa, intelligentissima e scaltra che io chiamo Cosa Grigia e che fatichiamo a riconoscere, decifrare e lottare.