Nebrodi: turismo e agroalimentare in crescita nonostante il vuoto istituzionale

Il punto è arrivarci. Decidere di percorrere la scombussolata autostrada Palermo-Messina, oppure imbarcarsi in un viaggio in treno a binario unico o ancora andare a ritmo di lumaca sulla Statale 113. Da qualsiasi punto si parta arrivare fin qui, nel versante tirrenico dei Monti Nebrodi, a cavallo tra Capo d’Orlando e Sant’Agata di Militello in provincia di Messina, si deve mettere in conto lo stress di collegamenti d’altri tempi. Ma vale la pena. Per capire un pezzo della Sicilia di oggi e comprendere un mutamento che è avvenuto nell’economia, nell’impegno quotidiano degli imprenditori grandi e piccoli. E cogliere in concreto la distanza tra l’economia reale, quella fatta di sudore e fatica, e la politica che, con rare eccezioni, guarda al mondo delle imprese con distacco se non con disinteresse. Così, qui, si muovono due rette parallele: quella dell’economia e quella dell’amministrazione pubblica. In quest’area, che può contare su quattro presidi Slow Food (la provola, il suino nero, l’ape nera sicula e i suoi prodotti e l’oliva minuta), negli ultimi anni l’agroalimentare di qualità si è fatto largo in un contesto, quello agricolo, storicamente caratterizzato da una cultura parassitaria e spesso mafiosa, che ha sempre visto nei contributi pubblici e nei fondi europei solo un modo per ingrassare i depositi bancari dei furbi e non per far crescere il sistema economico. In assenza di riconoscimenti diciamo istituzionali (Dop, Igp e quant’altro) Slow Food si è fatta carico di segnalare le eccellenze prima con la Condotta Valdemone e da quasi un anno con la Condotta Nebrodi.

Un lavoro culturale che va avanti da anni e che ora comincia a dare i primi frutti grazie alla scelta slow fatta da numerose imprese medio-piccole, a volte minuscole. E così che è nato quello che possiamo definire il tessuto della qualità agroalimentare dei Nebrodi: un tessuto ancora fragile e che ha certamente bisogno di crescere. Lo ha capito, per esempio, il Cofiol, il consorzio della filiera olivicola nato dall’intuizione dell’imprenditore Manfredi Barbera dei Premiati Oleifici Barbera e presieduto da Alessandro Chiarelli: il Consorzio ha scelto di investire nella valorizzazione della Dop Valdemone, l’olio extravergine di oliva che si produce nell’areale dei comuni della provincia di Messina.

Giacomo Emanuele

Fare rete, mettersi insieme, puntando su mercati di qualità. È un’altra strada che viene seguita, spesso senza fare ricorso a fondi pubblici e trattando da pari e pari con le banche. Vale l’esperienza di Giacomo Emanuele (produttore di miele da ape nera sicula) e Giancarlo Paparoni, produttore di olio da oliva minuta: «Abbiamo deciso di investire di tasca nostra, senza partecipare a nessun bando, perché crediamo fortemente nelle nostre idee – racconta Emanuele-. Abbiamo trovato una banca, Intesa San Paolo, che ci ha concesso un mutuo a un tasso conveniente, in tempi record e senza ipoteche, sposando in pieno il nostro progetto. Costruiremo un laboratorio polivalente per la produzione e la lavorazione dei nostri prodotti . E grazie alle strutture già esistenti (casette indipendenti con posti letto, piscine, aula didattica, cucina attrezzata) e ai percorsi didattici (agrumi, olive, api, erbe officinali) organizzeremo corsi di vario genere e di vario livello». Agricoltura e turismo.  Già il turismo che poi è l’altro asse di sviluppo per un’area che può offrire un sistema naturale unico: l’integrazione tra la montagna e il mare e la prospettiva delle Eolie a portata di mano. Ne sa qualcosa l’imprenditore di Capo d’Orlando Totò Mangano che ha investito 60 milioni nella costruzione del porto turistico in project financing (553 posti per le barche, 2.500 metri quadrati di spazi commerciali), facendone una sorta di hub che garantisce l’approdo ai diportisti ma anche i collegamenti con le Isole Eolie: «Pensiamo di aver creato una opportunità unica per il territorio – dice -. Il porto è di tutti, non è mio: qui abbiamo creato servizi. Abbiamo creato un ufficio turistico che aspetta di essere utilizzato sempre che il Comune di Capo d’Orlando si decida a farlo o lo facciano altri».

Un modo per sottolineare una grande assenza: il territorio e una governance unica che spinga per rendere quest’area appetibile anche per chi ha in programma investimenti. E per farlo la parola d’ordine è qualità. Come sottolinea Carlos Vinci, un altro imprenditore di Capo d’Orlando, che da anni si batte per la creazione di un marchio di qualità per le strutture ricettive del centro tirrenico da estendere poi agli altri comuni dell’area e che torna a rilanciare il progetto per la creazione di una Fondazione: «Basterebbe un euro al giorno, il prezzo di un caffé per fare cose belle e utili per tutti – dice Vinci -. fare un piano di marketing, creare servizi, stimolare nuove imprese nel settore turistico, praticare finalmente quell’integrazione tra mare e montagna e con le Eolie di cui si parla da anni».  E mentre si sviluppa in maniera un po’ disordinata il mercato delle case vacanza e quello dei b&b c’è chi progetta e investe puntando sul turismo di fascia alta provando a riportare da queste parti i turisti stranieri come avveniva nei felicissimi anni Settanta e in parte anche Ottanta. Lo sta facendo la famiglia di Carmelo Giuffré della Irritec, multinazionale tascabile con sede a Rocca di Capri Leone, con un piano di investimenti nel turismo: l’ultima operazione da tre milioni di euro riguarda la ristrutturazione di un borgo del Cinquecento con la creazione di 9 suite, due sale meeting, un ristorante da 120 posti, una piscina Spa. «Il nostro obiettivo – spiega Mauro Giuffré che nel gruppo si occupa delle aree editoriale, marketing e turismo – è quello di arrivare a 250 posti letto entro il 2019 con 70 addetti a regime».

E la speranza che questi investimenti possano stimolare anche altri a investire. Giuffré in associazione di impresa con la famiglia Drago di Galati Mamertino (attività nella ristorazione in Sicilia e a Los Angeles) ha preso in gestione dal Comune di Longi un borgo a Mangalaviti, nel cuore del Parco dei Nebrodi: resta sempre il filo conduttore tra mare e montagna. Arrivano, come a chiusura di tutto, anche gli investimenti di Filippo Miracula, imprenditore del tessile, che a San Marco d’Alunzio ha investito fondi propri per la ristrutturazione di una parte del centro storico di questo borgo : 30 posti in mini appartamenti e una spa in comune per tutti gli ospiti. Miracula porta avanti, tra le altre cose, un progetto integrato che al turismo affianca lo sviluppo dell’agroalimentare con il marchio Terre dei Nebrodi e tiene nel cassetto un progetto per la costruzione di due piste di sci in erba. «Qui abbiamo tutto: si tratta di opportunità.  Siamo penalizzati un po’ dalla posizione geografica: il doppio binario, per esempio, sarebbe per noi una cosa importante. Potremmo fare grandi cose se solo le istituzioni facessero la loro parte». Già.