Palermo: morto Alfonso Giordano, presidente del maxiprocesso alla mafia

E’ morto a Palermo Alfonso Giordano, magistrato, 92 anni. E’ stato il presidente della corte d’assise che celebrò il maxiprocesso, primo atto d’accusa alla Cupola di Cosa nostra istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Alfonso Giordano

Ne dà notizia il figlio Stefano, avvocato penalista.
    Giordano, che all’epoca del ‘maxi’ era giudice civile, accettò di presiedere la corte dopo il rifiuto di diversi colleghi.

Morte Alfonso Giordano: profilo del giudice da Wikipedia

Nipote del medico e scienziato Alfonso Giordano, si laurea in giurisprudenza con tesi in diritto civile sulle “obbligazioni propter rem”. Entra in magistratura nel 1952, iniziando la carriera in Sardegna. Ritorna in Sicilia quale Giudice di Tribunale Sciacca, poi Pretore a Salemi. Rientra a Palermo come sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale dove nel 1960 si occupa dei moti di luglio, svolgendo le funzioni di pubblico ministero nel processo a carico di decine di rivoltosi accusati di devastazione, saccheggio, ed altri reati, conseguendo numerose condanne.

Passato alla prima sezione civile del Tribunale di Palermo, continua a coltivare i suoi studi di diritto civile pubblicando la monografia in materia successoria “Il testamento per relazione”, libro col quale il Giordano vince il premio Ten. Luigi Eula per una monografia giuridica scritta da magistrati, conseguendo poi la libera docenza in diritto civile.

Diviene docente di diritto privato alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Palermo. Presidente della prima corte di Assise di Palermo, è chiamato presiedere il primo maxiprocesso alla mafia iniziato a Palermo il 10 febbraio 1986, che si concluse il 16 dicembre 1987 con 19 ergastoli, 2665 anni di reclusione e 11 miliardi di lire di pene pecuniarie inflitte ai vertici di “Cosa nostra”.

Il giorno in cui la corte si ritirò in camera di consiglio per emettere la sentenza, il capo della cupola di Cosa Nostra Michele Greco si avvicinò al microfono e pronunciò Giordano un augurio ambiguo, auspicando la «pace» al Presidente e alla sua famiglia, nonché la «serenità dello spirito e della coscienza, […] base fondamentale per giudicare». Affermò inoltre: «Non sono parole mie, sono parole di Nostro Signore» rivolte a Mosè.[1]

È stato quindi presidente della Corte d’appello di Lecce, poi della Corte d’Appello di Palermo, dove ha terminato la sua carriera di magistrato. Attualmente è Presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione ed è stato insignito, subito dopo il pensionamento, da parte del Capo dello Stato della onorificenza di Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica Italiana.