VERONA – La coincidenza è sfuggita a molti. L’edizione del Vinitaly di quest’anno coincide con i 50 anni dall’istituzione della Doc, la Denominazione d’origine controllata, creata con la legge 930 del 1963. Ma ricorrenza a parte qual è lo stato di salute del vino, con un particolare occhio alla Sicilia e all’export?
CALO DEI CONSUMI. Nel 2012 sono stati versati nei nostri bicchieri 40 milioni di litri di vino in meno, cioè il 2 per cento. Secondo alcuni dati, però, si beve meno, ma meglio, perché nella GDO sono in aumento le vendite di bottiglie di prezzo superiore ai 6 euro. Il consumo pro capite in Italia è comunque sceso sotto i 40 litri l’anno. Secondo Coldiretti, un italiano su tre consuma vino solo in occasioni particolari. Solo il 27% degli italiani dichiara di portare a tavola, ogni giorno, del vino.
EXPORT. Il vino è la punta di diamante del Made in Italy. Lo esportiamo in tutto il mondo per un valore complessivo di 222 miliardi di export. Dato curioso, sono i dazi ad essere salati per le nostre cantine: 269 milioni di euro solo nel 2012. Ogni bottiglia venduta all’estero costa ad una cantina italiana il 12% solo di dazi. Ma il mercato del vino non dovrebbe essere libero? Non esattamente. Nell’Est Europa e in Asia le barriere sono un problema: si va dal 15% di dazi della Cina al 20% della Russia sino al 60% della Tailandia e ad un clamoroso 150% dell’India, senza dimenticare il 26% del Brasile. Troppo per l’Italia, che è il secondo Paese esportatore di vini nel mondo. E non è un caso che solo il 4,7% del vino italiano finisce in Asia, l’1,3% in Sud America. Ci sono troppe barriere. La metà, il 50%, finisce in Europa, e il 33% nel Nord America. In Cina ci sono 190 milioni di potenziali acquirenti di vino sul web, secondo le ultime ricerche. Un accordo commerciale biltareale tra Italia e Cina sarebbe un toccasana per il mercato.
LA CONCORRENZA CINESE. Ma bisogna fare presto. La Cina è, tanto per cambiare, un Paese emergente anche su questo fronte. Ormai è al mondo il sesto produttore. Nel 2015 consumerà 2,6 miliardi di bottiglie. Nel quartiere di Chaoyang in un chilometro ci sono sei enoteche, e nei supermarket ormai è un fiorire di sezioni vinicole.
DUCA DI SALAPARUTA. Il primo gruppo vitivinicolo siciliano è Duca di Salaparuta, che riunisce tre marchi storici, Corvo e Duca di Salaparuta, nati nel 1824, e Florio, nato nel 1833. Per Filippo Cesarino, direttore generale di Duca di Salaparuta Spa, la strategia per l’estero è “fare conoscere la tipicità italiana e puntare sul brand”. “Noi non sviluppiamo prodotti per l’estero – spiega Cesarino ma selezioniamo cinque bottiglie per costruire identità e conoscenza del brand”. Il salto di qualità per i tre marchi siciliani è arrivato nel 2000, quando sono stati acquisiti dalla Ilva di Saronno, la holding della famiglia lombarda Reina, che esporta in tutto il mondo il famoso Amaretto. Il 30% delle 12 milioni di bottiglie prodotto l’anno parte per l’estero. E nel 2012 le esportazioni sono salite del 5%. E’ il Corvo il vino a fare da testa di ponte per l’estero (è anche il vino più venduto nella grande distribuzione italiana). E la holding ha da poco inaugurato un ufficio a Shangai, in Cina.
LE AZIENDE SICILIANE AL VINITALY. Sono 250 le aziende siciliane a rappresentare a Verona l’eccellenza del comparto vitivinicolo isolano. Tra i tanti prodotti presentati, anche 16 vini siciliani sperimentali, risultato del progetto di ricerca Promed. I vini, 5 bianchi, 7 rossi e 4 liquorosi, sono stati selezionati dai tecnici dell’Istituto regionale vino e olio, capofila del progetto che vede coinvolti il Centro studi di economia applicata all’ingegneria di Catania, i Comuni di Pantelleria e di Lampedusa e Linosa e 3 partner maltesi (Ministero risorse rurali, Università e l’associazione di produttori VitiMalta). “Le etichette – spiega Lucio Monte, responsabile dell’area tecnico-scientifica dell’Irvos e coordinatore del progetto Promed sono il risultato di un’intensa attività di ricerca svolta nella nostra cantina sperimentale di Marsala e in campo grazie alla collaborazione di tutti i partner”. Le attività realizzate dal progetto sul fronte viticolo-enologico sono state molto impegnative: 38 vinificazioni nel biennio, oltre 6mila analisi chimiche, un migliaio di analisi microbiologiche, più di 500 degustazioni e analisi sensoriali e più di 300 analisti individuati.
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