Un settore che in Sicilia annovera quasi 1.500 imprese, per una superficie agricola investita di circa 2.500 ettari e un numero di addetti stimato 9-10 mila unità considerando anche l’indotto. Sono questi i numeri del florovivaismo siciliano, un comparto di grande importanza per l’agricoltura dell’Isola, ma che vede la propria azione frenata dalla mancanza di una strategia adeguata relativa all’export, purtroppo ancora ostacolato da troppe barriere doganali. «L’export del florovivaismo italiano è in crescita negli ultimi tre anni, ma deve trovare il modo di avere più forza all’estero, superando le barriere doganali», ha detto Mario Faro, consigliere per l’internazionalizzazione dell’Anve (Associazione Nazionale Vivaisti Esportatori), nel corso del “Tavolo mondiale del florovivaismo”, organizzato a Giarre (Ct) dall’Ena e che ha visto la presenza di oltre venti
Paesi, dal Canada alla Turchia, dalla Germania al Belgio, dal Sudafrica alla Svezia.
Nel corso dell’incontro è emersa la necessità di rilanciare il florovivaismo in Sicilia, superando
l’esperienza del distretto, che ha dato risultati inferiori alle attese, con aziende che sono anche uscite. Mentre dall’assessore regionale all’Agricoltura, Dario Cartabellotta, è arrivato l’impegno a costituire un tavolo del florovivaismo, creando una cabina di regia snella. Il modello è quello già adottato per aprire alle arance siciliane la rotta del Giappone: condividere credenziali fito-sanitarie, attraverso un raccordo regione-stato-produttori, per stringere rapporti con i vari Paesi. «Bisogna avviare una seria iniziativa perché si possa permettere ai nostri esportatori, con un prodotto di eccellenza, di guadagnare nuovi
spazi di mercato senza divieti e ostacoli», ha detto il sottosegretario alle Politiche Agricole, alimentari e forestali Giuseppe Castiglione. Sulla stessa linea il messaggio di Paolo De Castro, presidente Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo.
Mario Faro ha snocciolato una serie di numeri sullo stato di salute del settore: «I numeri – ha detto – non più piccoli, dimostrano che il florovivaismo, dal punto di vista industriale e commerciale, occupa una posizione importante all’interno dell’agricoltura italiana. Il mondo delle piante, in generale, coinvolge oltre 47 mila imprese per un giro d’affari di circa 4 miliardi di euro: si tratta del 7% dell’intera Produzione Lorda Vendibile agricola. Il florovivaismo, nonostante faccia i conti con la grave crisi economica, mostra un export in costante crescita negli ultimi tre anni: dopo il crollo del 2009, a 589 milioni, nel 2012 è salito a oltre 683 milioni di euro. L’interscambio mostra un saldo anch’esso positivo: l’anno scorso è stato di oltre 160 milioni, in crescita dal 2009, quando era precipitato rispetto all’anno precedente. Il fatturato del comparto florovivaistico italiano è di circa 3 miliardi di euro: è lo stesso fatturato del vino, eppure non si parla di Chamaerops o di Yucca quanto si parla di Merlot o di Nebbiolo».
Una delle questioni affrontate da Faro nel corso del suo intervento è quella relativa alle questioni fitosanitarie collegate a quelle delle barriere doganali. La soluzione proposta è allora quella adottata per l’esportazione di arance siciliane in Giappone «superate a seguito di un lungo e complesso negoziato tra il nostro Ministero e le autorità nipponiche. Un protocollo di sperimentazione, teso a superare i problemi fitosanitari posti da Tokyo, ha portato alla rimozione del divieto all’importazione e alla liberalizzazione del commercio di arance siciliane in Giappone. Riteniamo questo un vantaggio non solo per la nostra Regione, ma anche per i giapponesi, perché le nostre arance sono notoriamente ricche di vitamine e sostanze dalle proprietà altamente salutari! Allo stesso modo, pensiamo che se potessimo esportare più facilmente le nostre piante, il beneficio sarebbe reciproco».
Salvo Butera
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