Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento di Davide Faraone sullasituazione siciliana.
Basta prese in giro. Politici di destra e di sinistra, fino ad ora hanno difeso politiche del precariato e dell’assistenza, a prescindere dai costi e a prescindere dalla qualitĆ dei servizi prodotti.
Tutti a osannare le stabilizzazioni, tutti a chiedere deroghe al patto di stabilitĆ . Si, mentre nel resto del paese si ĆØ chiesta questa deroga per realizzare infrastrutture, scuole, servizi per la cittadinanza, in Sicilia ĆØ stata chiesta per stabilizzare i precari. Senza uno straccio di “piano industriale” naturalmente. Una stabilizzazione a prescindere. Che garantisse sicuramente un “posto”, non sempre il “lavoro”.
Lo stipendificio ha prevalso sull’idea del lavoro vero e sulla qualitĆ della vita dei siciliani. Lsu, lpu, pip, articolisti…. E chi più ne ha più ne metta. Un bacino che di anno in anno ĆØ stato alimentato dalla politica e difeso da politici e sindacati, che ha negato il futuro a migliaia di siciliani e ha prodotto un costo ormai insopportabile per la collettivitĆ .
Risolvere il problema del precariato ĆØ una prioritĆ , la cui soluzione condiziona le possibilitĆ di successo di tutte le politiche pubbliche in Sicilia.
Il costo del precariato non ĆØ solo quello che viene contabilizzato nei bilanci pubblici sotto la voce delle spese per il personale ā costo di per sĆ© elevatissimo e che sottrae risorse per lo sviluppo e per un welfare equo ā ma vi sono ulteriori pesanti conseguenze che derivano dallāesistenza di un precariato cosƬ esteso.
La prima ĆØ costituita dal degrado e dallāabbandono di beni pubblici rilevantissimi ai fini dello sviluppo economico e della qualitĆ della vita (boschi, spiagge, scuole, litorali, riserve naturali, musei, verde pubblico nelle aree urbane, strade, ecc.). Spesso, infatti, le attivitĆ che dovrebbero svolgere le strutture in cui lavorano i precari vengono svolte male, perchĆ© queste strutture, in molti casi, sono nate e operano come āstipendificiā.
La seconda conseguenza consiste nellāimpedire la crescita di iniziative economiche sane nei settori occupati dalle strutture del precariato. In questo modo non possono nascere e svilupparsi nuove iniziative economiche capaci di poter creare lavoro āveroā.
La terza conseguenza ĆØ lāaffievolirsi del livello di tutela di importanti diritti dei cittadini, connessi al godimento dei servizi che erogano le strutture in cui lavorano i precari. Ciò accresce la sfiducia dei cittadini utenti di servizi effettuati da strutture a controllo pubblico.
Come agire? Introducendo meccanismi che promuovano, attraverso un adeguato incentivo economico, lāuscita di quanti più soggetti possibili dallāarea del precariato, lo sviluppo di politiche attive del lavoro che favoriscano lāinserimento dei precari in circuiti di rioccupazione nel vero mercato del lavoro, lāingresso di soggetti privati efficienti e rispettosi delle regole contrattuali, nei settori oggi occupati dai soggetti che occupano i precari, prevedendo sistemi di controllo pubblico rigoroso per verificare l’osservanza delle condizioni di lavoro contrattuali e di sicurezza.
Per realizzare tale disegno occorre riprendere istituti tante volte proposti ma mai realizzati, che sono riconducibili genericamente al cosiddetto āreddito minimo garantitoā. In sostanza bisognerebbe interrompere i rapporti di lavoro dei precari con le strutture dalle quali oggi sono a carico e non in grado di poterne mantenere l’occupazione (Azienda foreste, Gesip, SocietĆ pubbliche, ecc.), per farli confluire in un unico ābacinoā (lāAgenzia regionale per lāequitĆ sociale e la promozione del lavoro). Assicurare a tali soggetti, che non superino certe condizioni di patrimonio e di reddito, il diritto a ricevere un āreddito minimoā, indipendentemente da qualsiasi prestazione di lavoro, erogato dalla suddetta Agenzia, la quale dovrĆ inoltre promuovere la formazione professionale degli stessi per favorirne il reinserimento nel mercato del lavoro. Un meccanismo a tutela decrescente per un arco temporale variabile in ragione dell’etĆ dei soggetti con un periodo nel quale viene assicurato reddito minimo e copertura contributiva al termine del periodo di fruizione del trattamento di disoccupazione ed un periodo ulteriore di solo trattamento minimo di sostegno al reddito. Meccanismi di penalizzazione crescente dovranno essere previsti se una proposta di lavoro viene rifiutata.
I settori sottratti alla gestione delle strutture in cui operavano i precari, sono aperti ai privati, mediante gara per gestioni in esclusiva (concorrenza per il mercato), ovvero, dove possibile, attraverso la concorrenza tra più operatori (concorrenza nel mercato). I soggetti economici privati che subentreranno in tali settori dovranno stipulare accordi con lāAgenzia regionale per impiegare gli (ex) precari, almeno in percentuale e l’aggiudicazione delle gare dovrĆ tenere conto anche della proposta di parziale assorbimento. Lāassunzione di tale personale proveniente dal bacino potrĆ essere incentivata con benefici contributivi e/o fiscali.
Il predetto regime non si applica a quei gruppi di precari che, in base alla legislazione vigente, hanno intrapreso processi di stabilizzazione.
Anche in Sicilia ĆØ possibile cambiareverso.