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Una mappa dei beni confiscati in Italia: miracoli del datajournalism

Sapere quanti beni confiscati alle mafie si trovano in un qualsiasi comune della Sicilia o della Campania o di qualsiasi altra regione d’Italia, avere una rappresentazione grafica completa della tipologia di beni, poter accedere grazie all’incrocio di dati a tutte le informazioni disponibili. È questo il risultato dell’hackaton Spaghetti Open Data (#SOD14)  sui beni confiscati alle mafie realizzato a partire dallo scraping (la tecnica informatica di estrazione di dati da un sito web per mezzo di programmi software) del sito dell’Agenzia Nazionale per i beni confiscati. Il gruppo di lavoro (cui hanno partecipato Andrea Borruso, Giulia Annovi, Lorenzo Bragaglia, Alberto Cottica, Cristina da Rold) ha lavorato  nell’ambito del raduno bolognese dello scorso marzo di Spaghetti Open Data (#SOD14) cui ha partecipato «una comunità di cittadini italiani interessati al rilascio di dati pubblici in formato aperto, in modo da renderne facile l’accesso e il riuso, di cui fanno parte hacker civici, informatici, giornalisti, dipendenti delle pubbliche amministrazioni e semplici smanettoni»
Ne è venuto fuori un lavoro di data journalism che ha consentito di rendere disponibili a tutti grazie al sito internet www.confiscatibene.it informazioni semplici, dirette e ricche sui beni confiscati alle mafie e che «permette – si legge sul sito internet – alle imprese sane e alla società civile di costruire su di essi progetti di impresa sostenibile e di creazione di valore sociale. Ciascun bene confiscato ma non riassegnato imprigiona in sé energia potenziale che dovrebbe invece essere liberata sul territorio». Il tutto nonostante i dati sul sito internet dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati non siano completi, primari, tempestivi e riutilizzabili. «Noi li abbiamo estratti, resi disponibili come open data e usati per consentire a tutti di esplorarli in modo intuitivo, anche attraverso visualizzazioni – spiega Andrea Borruso -. Consideratelo un regalo di Spaghetti Open Data e OpenPompei, un segno di apprezzamento per il lavoro prezioso fatto dall’ANBSC e dalle tante imprese e associazioni che lavorano sui beni confiscati in tutta Italia. Noi siamo arrivati fino a qui, ma moltissimo si può ancora fare. Per proseguire insieme, chiediamo all’ANSBC di aprire questi dati in modo che possano essere Confiscati bene». Ed ecco il punto: per completare quella che possiamo definire operazione trasparenza mancano ancora parecchi dati, quelli che spesso si trovano nei decreti di assegnazione che non vengono pubblicati. Può, per esempio, essere interessante conoscere i metri quadrati di uno stabile, oppure la classificazione catastale. Non solo: la rappresentazione di insieme consentirebbe di avere una idea chiara del valore degli immobili oltre a far conoscere, per esempio, la loro esatta collocazione.
Per fare questo, scrive sul sito internet Cristina da Rold «è di fondamentale importanza che i dati siano completi, facili da fruire e soprattutto aperti. Per concludere, quindi, la nostra richiesta nei confronti dell’Agenzia è anzitutto di Aprire i dati, in modo che i beni confiscati diventino sempre più rapidamente Confiscati Bene. Perché, come scriveva la giornalista francese Marcelle Padovani nell’introduzione al libro Cose di Cosa Nostra, “Se […]l’amministrazione dei beni confiscati ai mafiosi dovesse rimanere farraginosa e irta di ostacoli così com’è oggi, rendendo improbabile l’uso pubblico di quei beni per la collettività, sarebbero ancora le mafie a giovarsene».

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