Messina – Il sogno del Ponte sullo Stretto torna a essere un’ombra. Dopo quasi sessant’anni di annunci, progetti e cancellazioni, il collegamento stabile tra Sicilia e Calabria si ferma di nuovo. Non per mancanza di fondi o per uno scontro politico, ma per questioni di legge: la Corte dei Conti ha bocciato la delibera che approvava il progetto definitivo e il finanziamento da 13,5 miliardi di euro. È un fulmine che cade in un cantiere ancora chiuso, ma già promesso ai siciliani come “irreversibile”.
La decisione è contenuta nella deliberazione SCCLEG/19/2025/PREV della Sezione centrale di controllo sugli atti di Governo delibera_19_2025_SCCLEG. Il documento è lungo, tecnico, pesante come una sentenza e circoscrive una responsabilità netta: il Ponte viola due direttive fondamentali dell’Unione Europea, quella sulla tutela ambientale dei siti Natura 2000 e quella sugli appalti pubblici.
🌱 La Sicilia che rischia di perdere i suoi territori protetti
Per arrivare all’approvazione del progetto definitivo, il Governo ha aggirato una valutazione ambientale negativa utilizzando una procedura straordinaria chiamata IROPI, una deroga prevista solo in caso di urgenti motivi di salute pubblica, sicurezza o impatti ambientali primari.
Secondo la Corte, però, la relazione con cui si è invocata la deroga non ha data, firma, né istruttoria tecnica autonoma. Non dimostra l’assenza di alternative progettuali, confonde benefici economici e logistici con emergenze di sicurezza e sorvola sulla protezione di tre aree Natura 2000, tra cui la dorsale dei Peloritani, l’Area Marina dello Stretto e i fondali tra Punta Pezzo e Capo dell’Armi delibera_19_2025_SCCLEG.
In altre parole, il Ponte è stato considerato un’opera di “salute pubblica” senza che nessuna amministrazione abbia dimostrato scientificamente questa necessità.
💶 Contratti da miliardi senza nuova gara
Ancora più grave è ciò che emerge sul piano economico. Nel 2011 il Ponte sarebbe dovuto nascere grazie a un mix di investimenti privati e pubblici. Oggi invece il progetto sarebbe finanziato interamente dallo Stato. Una trasformazione enorme che — secondo la Corte — avrebbe imposto una nuova gara internazionale, permettendo la partecipazione di nuovi soggetti interessati. E invece no: il Governo ha “riattivato” i vecchi contratti con il Contraente Generale (10,5 miliardi), il Project Management Consultant (289 milioni) e il Monitore Ambientale (43,7 milioni) senza alcun concorso pubblico. Per i giudici, questa scelta viola la Direttiva Appalti, perché modifica le condizioni dell’opera in modo tale da attirare nuovi concorrenti, rendendo necessaria una gara da zero delibera_19_2025_SCCLEG.
📢 I 6 milioni per “informare i cittadini”
Tra le spese approvate e ora congelate compare anche una voce particolare: 6 milioni di euro per iniziative permanenti di comunicazione pubblica sul Ponte, destinate a “sensibilizzare la cittadinanza sullo stato di avanzamento dell’opera”. Non per costruire, ma per raccontare l’opera. Una campagna “istituzionale” a carico dei contribuenti, distinta dal bilancio dei lavori. Anche questa scelta è stata contestata dalla Corte delibera_19_2025_SCCLEG.
🚧 E adesso? Il Ponte è fermo, i soldi non sono spendibili
Senza la registrazione della Corte dei Conti, la delibera CIPESS non entra in vigore. Non possono partire le gare, non si può impegnare un solo euro e restano congelati atti e contratti, compreso il decreto MIT-MEF del 1° agosto 2025, che approvava il Piano economico-finanziario delibera_19_2025_SCCLEG. Il Governo dovrà rifare la procedura ambientale, riformulare l’istruttoria, rispondere alla Commissione Europea e rimettere in gara gli appalti. Non un ritardo: una ripartenza dalle fondamenta.
🏝️ Una Sicilia tra due promesse: sviluppo o nuova illusione?
L’Isola resta sospesa, come sempre. In attesa di infrastrutture decisive, ma spesso vittima di grandi promesse prive di basi giuridiche, pareri tecnici solidi e reali garanzie economiche. Per la Corte dei Conti, il problema non è costruire il Ponte: il problema è costruirlo senza trasparenza, senza regole e senza tutela degli interessi pubblici.
Per la Sicilia, la vera domanda oggi non è “ponte sì o no”. È più semplice e più scomoda:
“Vogliamo un’opera strategica o l’ennesima promessa incompiuta?”
