La scena è di quelle che lasciano il segno: i Carabinieri del Ros bussano alla porta di Salvatore “Totò” Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana ed ex segretario della Nuova Democrazia Cristiana, il partito che aveva rifondato e guidato fino alle dimissioni rassegnate nelle scorse settimane. L’ordinanza notificata è quella del Gip di Palermo, che accoglie le richieste della Procura guidata da Maurizio De Lucia e dispone per Cuffaro gli arresti domiciliari.
L’inchiesta, che coinvolge 18 persone tra politici, dirigenti pubblici e manager della sanità, ricostruisce un quadro che la magistratura definisce “grave e sistemico”: un intreccio di potere politico, relazioni personali e condizionamento dell’amministrazione pubblica. Le accuse sono pesanti: associazione a delinquere, turbativa d’asta, corruzione.
Il giudice: “Sfruttava il potere politico con pervicacia e spregiudicatezza”
Nell’ordinanza, il Gip non usa mezzi termini. Cuffaro, scrive, avrebbe “sfruttato con pervicacia e spregiudicatezza il potere politico” riconosciutogli, approfittando di rapporti con funzionari considerati “influenzabili” grazie al sostegno politico ricevuto. L’obiettivo: favorire richieste di privati, orientare decisioni, concludere accordi illeciti, “con grave compromissione dell’interesse pubblico”.
Per il giudice, le dimissioni di Cuffaro dalla Nuova Dc non bastano: il rischio di reiterazione del reato resta “elevato”, anche alla luce delle sue vicende giudiziarie pregresse.
Un sistema di potere che puntava alla gestione degli appalti
Al centro dell’indagine c’è la costruzione di un sistema organizzato per influenzare appalti, concorsi e procedure amministrative. Un disegno che, secondo il Gip, serviva a rafforzare la capacità di penetrazione politica del nuovo partito di Cuffaro, attraverso una rete di funzionari fidelizzati.
Due gli snodi ritenuti strategici:
- i Consorzi di Bonifica, grazie al ruolo del dirigente generale Giovanni Giuseppe Tomasino;
- la sanità pubblica, con appoggi considerati determinanti all’ospedale Villa Sofia-Cervello di Palermo e all’Asp di Siracusa.
Alcuni dirigenti, vicini all’ex governatore, avrebbero contribuito – secondo la ricostruzione degli inquirenti – a pilotare la gara dell’“ausiliariato” dell’Asp di Siracusa e un concorso per 15 posti da operatore socio-sanitario a Palermo. In cambio, sarebbero stati garantiti vantaggi contrattuali a dipendenti segnalati, subappalti a imprese “amiche” e miglioramenti economici per la società aggiudicataria.
Nomine pubbliche trattate come una spartizione politica
Uno degli elementi più significativi, sottolinea il Gip, è il modo in cui gli indagati parlavano delle nomine nelle commissioni aggiudicatrici: non come scelte basate su competenza e trasparenza, ma come veri e propri asset di potere, da spartire tra fazioni e imprenditori.
Una visione, osserva il giudice, “del tutto avulsa dalla logica dell’interesse pubblico” e più vicina a un sistema di occupazione scientifica degli apparati amministrativi.
Romano fuori dai domiciliari, ma nel fascicolo resta
Il Gip ha invece respinto la richiesta di arresto per il deputato Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati. Romano ha dichiarato nell’interrogatorio preventivo di avere con Cuffaro “solo rapporti politici”, negando di aver mai discusso con lui delle gare oggetto di indagine. Secondo il giudice, non sussistono per lui esigenze cautelari.
Una vicenda che riapre domande sulla tenuta della democrazia siciliana
Il nuovo quadro giudiziario riporta al centro un interrogativo cruciale: quanto è ancora permeabile il sistema amministrativo siciliano alle reti di influenza politica, e quanto la debolezza dei controlli interni consenta la formazione di “sistemi” capaci di orientare scelte pubbliche in modo distorto?
La misura cautelare nei confronti di Cuffaro, e le parole del Gip, fanno capire che per la magistratura il rischio non è isolato ma strutturale. Ed è un tema che, nel dibattito pubblico siciliano, non potrà più essere eluso.
