Nemmeno i legami di sangue bastavano a proteggersi dal racket. È questo uno dei dettagli più inquietanti emersi dall’operazione “Nuovo corso”, l’ultimo colpo messo a segno dalla Squadra Mobile di Palermo contro il mandamento mafioso della Noce, che ha portato all’arresto di 11 persone e documentato un tentativo concreto di riorganizzazione del potere mafioso nel cuore della città.
Un episodio su tutti colpisce per il suo significato: il 5 maggio 2023, Cosimo Semprecondio, ritenuto vicino al clan, si presenta alle sette del mattino in un cantiere di via Brunelleschi per estorcere denaro a Tommaso e Sandro Castagna, titolari della ditta Edilgroup. La cifra richiesta era il “pizzo” per un appalto da sette milioni di euro. Peccato che i due imprenditori fossero cugini di Carlo Castagna, uomo d’onore della cosca e anche lui tra gli arrestati nel blitz. Questo non ha fermato Semprecondio, che avrebbe minacciato apertamente i due: «Vi do tre giorni di tempo… Ti scasso tutto», incurante delle telecamere di videosorveglianza.
I due imprenditori, però, non hanno chinato il capo. Si sono rivolti subito alla questura denunciando tutto, e dando il via a un’indagine che ha poi svelato un quadro ben più ampio.
L’ira del boss e la “gita” con i soldi delle estorsioni
Le intercettazioni successive hanno rivelato la reazione furiosa di Carlo Castagna, infastidito non tanto dalla denuncia dei cugini, quanto dal fatto che qualcuno del clan avesse osato toccare “i suoi”. In una conversazione con Renzo Lo Nigro, altro nome noto del mandamento, Castagna sbotta: «Vi avevo detto di scansarli… hanno mandato quel catone di munnizza. Ha fatto più danno della bomba atomica!».
Proprio Lo Nigro, uscito dal carcere nel 2021, era tornato attivissimo nel quartiere, cercando di riaccreditarsi tra gli affiliati attraverso estorsioni e minacce. Una delle “imprese” a lui attribuite riguarda la tabaccheria di corso Calatafimi, il cui titolare Antonino Piazzese è stato costretto a versare 22.500 euro in tempi strettissimi. I soldi, secondo gli inquirenti, servivano a saldare un vecchio debito vantato da Salvatore Favata, imprenditore con precedenti per traffico di droga.
Lo Nigro si era mosso rispettando il “protocollo” mafioso: aveva chiesto informazioni sulla vittima e ottenuto il nulla osta dalla cosca per intervenire. Piazzese aveva tentato di temporeggiare parlando di un bonifico in arrivo. Ma Lo Nigro, intercettato, rispondeva beffardo: «Non penso… perché stavolta abbusca vero». E il pagamento, infatti, arrivò.
Con il compenso da 2.000 euro ricevuto per l’operazione, Lo Nigro avrebbe poi organizzato una vacanza con la famiglia a Gardaland, come raccontato lui stesso alla compagna, ignaro di essere ascoltato: «Gli ho recuperato 23 mila euro e se spende 2 mila euro che gli sto levando?». La compagna, esperta nella prenotazione dei pacchetti turistici, commentava: «Sennò invece di 4 mila euro, ne spendi 8».
La città che non parla
Nel quartiere della Noce, il blitz della polizia ha fatto rumore. Ma nessuno lo ammette ad alta voce. Chi lavora dietro un bancone o in un negozio abbassa lo sguardo. Chi ha subito furti o rapine – come un commerciante titolare di un market colpito due volte – parla solo in forma anonima: «Qui c’è brutta gente», racconta. La prima rapina aveva fruttato 500 euro. La seconda, a distanza di poche settimane, aveva lasciato un segno ancora più forte.
Le inchieste dicono che il quartiere era teatro di una faida interna tra vecchie e nuove leve della cosca, mai esplosa in sangue ma presente nelle tensioni e nelle strategie sotterranee per ridefinire i poteri.
Il blitz ha fermato tutto questo? Forse per ora. Ma l’impressione, raccolta tra le righe e nel silenzio degli abitanti, è che l’ombra del racket sia ancora lunga, anche se adesso ha imparato a muoversi sottotraccia, evitando i riflettori ma non perdendo ferocia.
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