Ha un commissario, un dipendente, tre soci pubblici, e nessuna funzione specifica. Ma blocca investimenti per almeno 75 milioni. È la storia, paradossale, dell’Ente porto di Messina che ha competenza esclusiva su un’ampia area della cosiddetta zona falcata della città, quella parte di costa che si trova incuneata nella falce su cui sorge la città dello Stretto. A sollevare il problema il presidente della Confindustria di Messina Alfredo Schipani che qualche giorno fa è tornato a chiedere interventi urgenti per eliminare questo ente ritenuto «inutile e dannoso».
Una storia che ora, come ha assicurato l’assessore alle Attività produttive Linda Vancheri, si avvia al termine. Ma che va ricordata perché si tratta di un ente che nessuno, a parole, ha fin qui voluto ma che nei fatti ha continuato a esercitare un potere di veto su una zona che ha grande necessità di essere bonificata e ripulita dai veleni. L’Ente porto creato nel 1953 (con decreto del presidente della Regione siciliana) per attuare la realizzazione del Punto franco nella Zona falcata decisa con la legge n. 191 del 15 marzo 1951, è diventato l’unico ostacolo allo sviluppo degli investimenti previsti dal piano regolatore del porto varato dall’Autorità portuale di Messina. E il capoluogo peloritano continua a detenere questo primato curioso: una parte (almeno 150mila metri quadrati) di aree portuali governate da due enti di cui uno, l’Ente porto appunto, in liquidazione con tre soci di cui due commissariati (la Camera di commercio e la Provincia). Una situazione più volte sollevata dai rappresentanti politici messinesi. A ottobre dell’anno scorso l’Assemblea regionale siciliana ha anche approvato una mozione che prevede lo scioglimento dell’Ente porto Messina. «Mi auguro che siamo finalmente arrivati ad un punto di svolta sul destino dell’Ente Porto di Messina – ha detto in quell’occasione il deputato del Pd Filippo Panarello firmatario della mozione –, che da troppo tempo resta in vita nonostante la sua conclamata inutilità: la mozione approvata dall’Ars è certamente un passo importante, adesso ci aspettiamo che il governo non perda più tempo e rispetti la volontà del parlamento». E, in verità, sulla strada della liquidazione si sta muovendo l’assessore regionale alle Attività produttive Linda Vancheri, che spiega: «L’Ente è in liquidazione e noi abbiamo fatto la nostra parte nominando un commissario. Ma quell’ente ha un patrimonio e spetta al commissario tutelare l’interesse della regione. Per quanto riguarda gli investimenti noi abbiamo avviato una sinergia con l’Autorità portuale per fare in modo che gli investimenti si facciano e si facciano rapidamente». Questione di giorni, forse di settimane. Almeno si spera. Certo è, come spiega il commissario dell’Ente porto Emanuele Nicolosi, che c’è la necessità di fare più presto possibile: «Giovedì – racconta – incontrerò i rappresentanti dell’Autorità portuale per definire e chiudere bonariamente tutto il contenzioso sulle aree. Poi farò una relazione all’assessore. In ogni caso, spero che rapidamente si possa chiudere il contenzioso e liquidare l’Ente porto che è stato creato per gestire un punto franco mai entrato in funzione. Un ente che oggi non ha motivo di esistere mentre Messina e i suoi cittadini hanno necessità di utilizzare quelle aree e soprattutto c’è la necessità di fare gli investimenti previsti, che darebbero fiato all’economia della città, soprattutto in un momento di crisi così drammatico».
Messina, l'Ente porto blocca 75 milioni di investimenti. Il commissario: soluzione vicina
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