PALERMO. La cartella esattoriale era stata impugnata a Palermo nel 1979, ma la Commissione tributaria regionale si è espressa soltanto pochi mesi fa, dopo 34 anni, stabilendo che la tassa è soppressa e che quindi il giudizio è estinto. Il caso è stato presentato ieri nella giornata di chiusura del Seminario sui diritti dei consumatori di Palermo, giunto alla sesta edizione, organizzato dal Dems (il dipartimento di Studi europei e dell’integrazione internazionale) dell’Università di Palermo, dalla Fondazione Rosselli e dallo Studio legale Palmigiano. “La cartella si riferiva a un tributo del 1973 chiamato Ricchezza mobile, che in realtà era stato soppresso già con la riforma 1971 – ha spiegato Alessandro Palmigiano, senior partner dello studio e responsabile del dipartimento di studi giuridici della Fondazione – La commissione non ha potuto far altro che dichiarata d’ufficio l’estinzione del giudizio. Un caso, per così dire, di archeologia tributaria emblematico della giustizia in Italia”.
Altra sentenza presentata durante il seminario (ed emessa dal tribunale di Palermo) riguarda invece il web e stabilisce che un motore di ricerca di internet non può essere responsabile delle inserzioni pubblicitarie pubblicate attraverso il meccanismo “Google AdWords”. Si tratta di quella forma di pubblicità che consente di vedere pubblicati i propri annunci in due modi diversi: o attraverso la visualizzazione per parole chiave scelte nella sezione “link sponsorizzati”; oppure attraverso i banner pubblicitari sui siti “amici”. Qualora uno di questi messaggi sia illecito, la parte lesa non può che aggredire il responsabile della condotta e non certo il motore di ricerca. Tutto ciò in virtù del principio di neutralità dell’intermediario, per cui il fornitore di servizi di rete (Google, per l’appunto) non ha l’obbligo di controllare preventivamente tutto ciò che circola sulla rete e sui propri “canali”. Ma ha solo un dovere di azionarsi nel rimuovere l’illecito qualora gli giunga la segnalazione da parte del titolare del diritto leso.
Nel caso di specie, era successo che una società molto nota di noleggio di autovetture avesse utilizzato illecitamente tag e keywords (ossia parole traccianti per l’algoritmo) al fine di sostituirsi a un proprio concorrente: grazie a questo stratagemma informatico, la pubblicità della prima società appariva al posto del marchio concorrente, con perdita per quest’ultima di chances commerciali e di clientela. Nei confronti della società, è scattato subito l’obbligo del risarcimento del danno. Tuttavia non è stata invece accolta la domanda contro Google.
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