Ritardi burocratici e mancanza di una normativa chiara rischiano di azzerare un comparto, come quello lapideo, che in Sicilia conta circa 600 cave e oltre 10 mila posti di lavoro, tra diretti e indotto. Un rischio insostenibile in un momento di recessione e di grave crisi socio-economica. Per questo, oggi, Confindustria Sicilia ha riunito gli imprenditori con l’obiettivo di trovare una strategia comune da proporre nel dibattito con le istituzioni regionali.
Al centro dell’incontro, il piano cave della Regione siciliana, lo strumento che attua la programmazione relativa alla ricerca e alla coltivazione delle sostanze minerarie nell’Isola, attualmente in fase di aggiornamento. “Lo scorso 26 settembre – spiega Giovanni Catalano, direttore di Confindustria Sicilia – la Regione ha inviato una richiesta di parere a Confindustria, ai Distretti produttivi e ai Comuni. Richiesta alla quale stiamo rispondendo con proposte operative che tengano conto delle imprese esistenti. Di certo non è pensabile che una perimetrazione poco rispondente alle reali esigenze del territorio metta a rischio importanti realtà produttive dell’Isola: dal marmo di Custonaci alla pietra lavica di Catania, dalla pietra di Comiso e Noto ad alcuni giacimenti dedicati ad usi industriali. Ma anche attività di artigianato tipiche della nostra regione come le famose ceramiche di Caltagirone o Santo Stefano che attingono proprio dall’argilla. Eppure è quello che stiamo rischiando. Per questo è necessario che la Regione si doti di un piano cave aggiornato che, nel rispetto della sostenibilità ambientale, garantisca la continuità delle attività economiche legate al comparto”.
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