E’ morto l’enologo Giacomo Tachis. Aveva 82 anni, era malato da tempo. Il suo testamento è il libro “Sapere di vino”, edito da Mondadori, una miniera di storia e tecnica, con l’idea fissa che il vino non può andare a braccetto con la moda o con i ritmi del marketing.
Per decenni è stato il più illuminato innovatore del settore vitivinicolo, artefice del cosiddetto ‘Rinascimento’ italiano, e padre e inventore di alcune delle più importanti etichette mondiali come Sassicaia, a Bolgheri, e Tignanello, nel Chianti.
La bravura di Tachis lo hanno portato negli anni a collaborare con innumerevoli cantine, uscendo dai confini della Toscana per ‘abbracciare’ tante regioni, specialmente in Sardegna e Sicilia. In particolare, in Sicilia – che lui chiamava l’Isola della cultura – è arrivato negli anni Novanta Tachis quando Diego Planeta lo chiamò a collaborare con l’Istituto vite e vino: così oltre a essere protagonista del “Rinascimento” del vino italiani, lo fu anche di quello siciliano, riscoprendo vitigni autoctoni ed esaltandone le peculiarità.
«Ripercorrere le tappe professionali di Giacomo Tachis – sottolinea oggi il sito specializzato Winenews – significa analizzare l’evoluzione dell’enologia italiana. Tachis è stato uno dei principali artefici di quella rivoluzione enologica che ha permesso di esportare, insieme al vino, un’immagine innovativa dell’Italia evocatrice di qualità. Per questo è e sarà riconosciuto come uno dei più grandi enologi contemporanei».
«Con la scomparsa di Giacomo Tachis il mondo del vino perde uno dei suoi più importanti maestri». Così il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, in una nota. «Protagonista indiscusso – ricorda il ministro Martina – del rinascimento del vino italiano, ha saputo reinterpretare il ruolo stesso dell’enologo. Un uomo di grandissima cultura – sottolinea – che ha fatto della qualità una pratica quotidiana, diventando un punto di riferimento per le nuove generazioni di enologi. Se oggi il vino italiano è riuscito a raggiungere certi traguardi è anche per merito – conclude Martina – di uomini come Giacomo Tachis e Luigi Veronelli che in anni duri hanno saputo accompagnare il rilancio di questo settore. Dobbiamo fare in modo che la loro eredità possa essere uno stimolo a fare sempre meglio».
Nell’aprile del 2010 si era ritirato a vita privata, nella sua amata biblioteca. Il suo ultimo appello: «Rispettiamo la natura e la semplicità del vino. Perciò niente chimica come viene fatta oggi e attenti alla genetica, perché la natura si ribella».
La notizia della sua morte è stata data su Twitter da Paolo Panerai, direttore di Milano Finanza e produttore di vino nelle cantine di Domini Castellare di Castellina. L’enologo dell’azienda, Alessandro Cellai, era al capezzale assieme alla figlia di Tachis, Ilaria. “Il vino italiano perde il suo profeta”, ha scritto Panerai. “Tutto il mondo del vino si inchini”, è stato subito dopo il commento del Gambero rosso.
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