Beni confiscati alla mafia, si indaga sulla gestione di Silvana Saguto. Ed è l’ennesimo terremoto nel mondo dell’Antimafia: questa volta a finire sotto inchiesta è la gestione dei beni confiscati a Cosa nostra. Un’indagine per corruzione, induzione e abuso d’ufficio è stata aperta dalla procura di Caltanissetta e coinvolge direttamente Silvana Saguto, presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, la donna che si occupa della gestione dei patrimoni sottratti ai boss mafiosi. Sono indagati anche l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, uno dei principali amministratori giudiziari della città, e l’ingegnere Lorenzo Caramma, marito della Saguto e collaboratore dello studio di Cappellano Seminara.
A dare notizia dell’inchiesta è la stessa procura nissena, con una nota diffusa “allo scopo di evitare il diffondersi di notizie inesatte“. “Su disposizione della procura della Repubblica di Caltanissetta – si legge nella nota – i militari del nucleo di polizia tributaria della guardia di Finanza di Palermo, in alcuni casi con la diretta partecipazione dei magistrati titolari del relativo procedimento penale, hanno eseguito ordini di esibizione nonché decreti di perquisizione e sequestro in data 9 settembre 2015″. “Questi atti istruttori – prosegue la nota – sono stati compiuti peracquisire elementi di riscontro in ordine a fatti di corruzione, induzione, abuso d’ufficio, nonché delitti a questi strumentalmente o finalisticamente connessi, compiuti dalla Presidente della sezione misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo nell’applicazione delle norme relative alla gestione dei patrimoni sottoposti a sequestro di prevenzione, con il concorso di amministratori giudiziari e di propri familiari”.
“Non ho dubbi sul mio operato e chiederò subito di essere interrogata”, ha commentato Saguto con il sito online livesicilia. Appena quattro mesi fa una nota dei servizi di sicurezza aveva fatto filtrare un allarme che indicava il magistrato come obbiettivo do un piano di morte di Cosa Nostra, citato anche in alcune intercettazioni ambientali. Secondo l’informativa, i boss palermitani avrebbero chiesto ai mafiosi di Gela di eliminare la donna che l’ex procuratore di Palermo Gian Carlo Caselli definì in un’intervista “la più importante, dal punto di vista economico, della città”, perché dal Palazzo di giustizia “gestisce capitali enormi”.
L’inchiesta scaturisce da denunce pubbliche, neanche recenti, su un giro di affidamenti dei beni a pochi professionisti che ne avrebbero ricavato “parcelle d’oro”. Questo aveva denunciato nel gennaio 2014 il prefetto Giuseppe Caruso, a quel tempo direttore dell’Agenzia dei beni confiscati, che gestisce un patrimonio di circa 30 miliardi di euro con beni distribuiti in tutta Italia: solo il 43 per cento di questo immenso patrimonio si trova in Sicilia in gran parte concentrato in provincia di Palermo. La dimensione del fenomeno e degli interessi in gioco hanno esposto il giudice Saguto al rischio di rappresaglie. Nei mesi scorsi era stato infatti intercettato un piano per uccidere lei e il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale. A Silvana Saguto era stata così rafforzata la scorta e assegnata una nuova auto blindata. La sezione presieduta dal giudice, che ha difeso “senza ombra di dubbi” la correttezza del suo lavoro e ha annunciato che chiederà subito di essere interrogata, si è trovata al centro di una durissima polemica quando il prefetto Caruso ha sollevato anche davanti alla Commissione antimafia dubbi pesanti sull’ affidamento degli incarichi di gestione. Aveva citato soprattutto il caso della “Immobiliare Strasburgo” confiscata al costruttore Vincenzo Piazza che da diversi anni era gestita dall’avvocato Gaetano Cappellano Seminara. Secondo l’ex direttore dell’Agenzia, il legale aveva percepito una “parcella d’oro” di 7 milioni di euro come amministratore giudiziario. Altri 150 mila euro li aveva incassati come presidente del consiglio di amministrazione. “Vi pare normale che il controllore e il controllato siano la stessa persona?” aveva sottolineato Caruso. Per questo, aveva spiegato ai parlamentari della commissione, aveva deciso una rotazione di amministratori. Cappellano Seminara aveva replicato ricordando che si occupava di confische da 28 anni con uno studio di 35 professionisti. E quanto ai compensi una cosa, aveva detto, è gestire l’amministrazione dinamica di un’impresa, altra cosa è liquidarla secondo le nuove direttive dell’Agenzia”. Anche Silvana Saguto era stata ascoltata dalla Commissione davanti alla quale aveva assicurato che la gestione dei beni confiscati a Palermo era improntata alla massima correttezza. E la presidente Rosy Bindi alla fine aveva detto che non c’erano elementi tali da “inficiare condotte delle singole persone”. Pare che, sulla scia delle polemiche avviate da Caruso, altre denunce siano arrivate alla Procura di Palermo e da questa dirottate a quella di Caltanissetta, competente nei casi in cui siano coinvolti magistrati del distretto di Palermo.
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